Gli Stati europei, dopo mesi di stallo, hanno iniziato a lavorare al Regolamento che dovrebbe aiutare a prevenire e a combattere online gli abusi sessuali sui minori. Oggi, i 27 Paesi membri, riuniti in Consiglio Ue, hanno deciso, in maggioranza, di aprire infatti il dialogo sul tema con il Parlamento, proponendo una posizione negoziale definitiva. A sorpresa, però, l’Italia si è astenuta.
Il nodo più controverso: il “chat control”
Nella sua versione originaria, la proposta di legge aveva acceso un dibattito infuocato in Europa, in quanto obbligava app di messaggistica come WhatsApp, Signal e Telegram a scansionare automaticamente tutti i contenuti delle chat, anche se protette da crittografia end-to-end, alla ricerca di materiale pedopornografico. Era il cosiddetto meccanismo del Chat Control.
Una misura percepita da molti – Italia compresa – come una forma di sorveglianza di massa.
Secondo quanto riportato da ANSA, però, nella posizione finale del Consiglio il cosiddetto chat control viene di fatto smontato: le analisi dei messaggi potranno continuare solo su base volontaria da parte dei fornitori, come prevede la misura temporanea vigente, senza nessun obbligo generalizzato.
Com’è noto, infatti, grazie a una deroga temporanea alle norme sulle comunicazioni elettroniche, le piattaforme digitali possono già oggi effettuare controlli volontari per individuare e rimuovere materiale pedopornografico. Questa deroga scade nel 2026, ma secondo la linea del Consiglio sarà mantenuta, rendendo quindi permanente la possibilità per i servizi di messaggistica di monitorare i contenuti su base facoltativa.
Ma allora perché l’Italia si è astenuta?
Roma ribadisce che, pur condividendo l’esigenza di rafforzare gli strumenti di contrasto agli abusi sessuali online, non è pronta ad accettare forme di controllo massivo di chat e dati personali, né da parte dello Stato né da parte dei privati. Comprensibile, se non fosse che l’unico obbligo veramente invasivo in questo senso sia saltato.
Cosa prevede il Regolamento
Il provvedimento punta a creare un quadro più rigoroso e uniforme per prevenire la diffusione di contenuti pedopornografici e l’adescamento online. La responsabilità di vigilare spetterà alle autorità nazionali competenti, che, nello specifico, potranno ordinare:
- la rimozione immediata dei contenuti illeciti;
- il blocco dell’accesso a determinati materiali;
- l’eliminazione di risultati nei motori di ricerca.
Le aziende che non si adegueranno rischiano di incorrere in pesanti sanzioni economiche.
Più nel dettaglio – si legge in una nota del Consiglio Ue – i fornitori di servizi online saranno tenuti a valutare il rischio che i loro servizi possano essere utilizzati in modo improprio per la diffusione di materiale pedopornografico o per l’adescamento di minori. Sulla base di tale valutazione, dovranno attuare misure di mitigazione per contrastare tale rischio.
Nasce il Centro Ue contro gli abusi sessuali sui minori
Il regolamento istituisce inoltre una nuova agenzia dell’Ue, il Centro dell’Ue contro gli abusi sessuali sui minori, con il compito di sostenere gli Stati membri e i fornitori di servizi online nell’attuazione della legge. Il Centro è inoltre responsabile della condivisione delle informazioni delle aziende con Europol e le autorità nazionali di contrasto. Sempre quest’ultimo istituirà una banca dati degli indicatori di abusi sessuali sui minori, che le aziende potranno utilizzare per le loro attività volontarie.
Tre categorie di rischio
Il Consiglio Ue ha introdotto un sistema di classificazione dei servizi online in tre categorie di rischio – alto, medio e basso – basato su criteri oggettivi come la natura del servizio e il suo potenziale di abuso. Per quelli giudicati ad alto rischio, le autorità potranno imporre ai fornitori l’obbligo di contribuire allo sviluppo di tecnologie specifiche per ridurre le vulnerabilità delle loro piattaforme.
Le aziende digitali saranno inoltre tenute a supportare le vittime, aiutandole a rimuovere o disabilitare l’accesso a materiale pedopornografico che le riguarda. In questo percorso, le vittime potranno contare anche sul nuovo Centro Ue, incaricato di verificare che le piattaforme abbiano effettivamente eliminato i contenuti segnalati e garantito la piena tutela richiesta.
