Key4biz

CDTI Forum. Sanità, quali sono le potenziali applicazioni della Business Intelligence?

Migliorare la qualità, la sicurezza e l’efficienza dell’assistenza sanitaria è una necessità economica nazionale imprescindibile e la tecnologia può giocare un ruolo determinante per garantirne l’efficacia e il controllo dei costi. L’erogazione di un’assistenza sanitaria di qualità richiede, infatti, l’integrazione di informazioni provenienti da molte fonti diverse che devono essere utilizzate da un insieme eterogeneo di utenti. Per questo motivo le soluzioni di Business Intelligence (BI) si stanno rapidamente diffondendo tra tutti gli operatori del settore sanitario, pubblici e privati.

Il settore sanitario, infatti, ha storicamente avuto a disposizione grandissime quantità di dati potendo attingere a molte fonti: prescrizioni mediche, referti, dati di laboratorio, cartelle cliniche elettroniche, fascicoli sanitari elettronici, strumenti clinici, dispositivi biometrici indossabili (wearable) ma anche social media, blog e pagine web. Si tratta di dati complessi con volumi enormi la cui principale difficoltà di interpretazione risiede sia nell’impossibilità di usare strumenti tradizionali per analizzarli sia nella diversità dei tipi di dati e nella velocità con cui devono essere gestiti. La sfida della Business Intelligence in campo sanitario è, quindi, di riuscire a trasformare questa grande quantità di dati, una volta interpretati, in azioni che possano contribuire al miglioramento dell’assistenza sanitaria, al supporto delle decisioni cliniche, al miglioramento della qualità delle cure e alla riduzione dei costi.

Uno dei campi dell’industria sanitaria in cui la BI sta entrando sempre più efficacemente è quello della ricerca e dello sviluppo di nuovi farmaci. I Big Data in farmacologia sono rappresentati da grandi aggregazioni di informazioni relative alle popolazioni che assumono i farmaci, come i dati biometrici, i dati sull’andamento delle patologie e i dati sulla durata della risposta farmacologica nel tempo. Attraverso la raccolta e l’analisi di queste informazioni è possibile analizzare in maniera più accurata le malattie e sviluppare un’attività di sorveglianza che favorisca l’individuazione di nuove risposte ai bisogni della popolazione escludendo a priori combinazioni chimiche che, con molta probabilità, non daranno luogo alla creazione di molecole efficaci.

Un esempio pratico di quanto l’applicazione della BI in ambito farmacologico possa essere determinante è ciò che si sta affermando nel campo della approvazione dei nuovi farmaci. Fino a poco tempo fa la disponibilità di nuovi farmaci e la determinazione del loro prezzo di rimborso da parte del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) erano essenzialmente legati ai risultati degli studi clinici controllati (RCT).

Questi studi si riferiscono ad una popolazione selezionata, escludendo pazienti affetti da altre patologie, e per un periodo di trattamento e di osservazione definito e limitato nel tempo. Tuttavia, dopo l’autorizzazione all’immissione in commercio, il farmaco, nella normale pratica clinica (RWE, Real World Evidence), viene impiegato su pazienti diversi da quelli arruolati negli studi clinici, in quanto affetti anche da altre patologie, per una diversa durata di trattamento e con differenti variabili del contesto assistenziale ed organizzativo e ciò differenzia profondamente l’RCT dalla pratica clinica corrente. Tutti questi elementi pongono il problema della reale trasferibilità e attribuibilità dei risultati degli RCT alla popolazione trattata nella vita normale.

Da qui l’importanza di integrare i risultati degli RCT con la RWE, l’osservazione cioè dell’effetto dei farmaci sulla popolazione al di fuori dei test clinici. La RWE è, in definitiva, l’applicazione in campo medico dei “Big Data”. Si avvale cioè dell’analisi di serie di dati molto grandi per determinare le prestazioni dei nuovi farmaci al di là dell’ambito delle sperimentazioni cliniche. Con la BI, utilizzando dati provenienti da cartelle cliniche elettroniche, dati amministrativi sulle richieste di rimborso e di altre fonti di dati anche non strutturati, le aziende farmaceutiche, gli operatori sanitari e gli enti pagatori (SSN) possono determinare l’efficacia, la sicurezza e il rapporto costi-benefici di un farmaco attingendo a dati provenienti dal mondo reale (RWD, Real World Data).

Ecco alcuni dei principali vantaggi derivanti dall’utilizzo dei Big Data in ambito farmacologico: possibilità di determinare i risultati sulla base di campioni di dati molto più grandi, riduzione dei costi e miglioramento dell’efficienza delle sperimentazioni cliniche, risposte più rapide alle reazioni avverse, maggiore personalizzazione della terapia e del trattamento farmacologico, possibilità di individuare nuove indicazioni terapeutiche per i trattamenti esistenti, capacità di indirizzare le terapie più costose verso chi ne trae un effettivo beneficio.

I dati necessari per realizzare modelli in grado di rispondere a queste domande e ricavare indicazioni utili esistono in tutti i settori dell’assistenza sanitaria e dell’industria farmaceutica, ma le dimensioni e la complessità dei dati hanno fin qui reso difficile il loro utilizzo su grande scala. Nasce quindi l’esigenza di sviluppare sistemi di gestione dei dati che siano in grado di raccogliere in maniera sicura, tempestiva ed approvata, i dati di monitoraggio in tutte le fasi del processo per l’approvazione di nuovi farmaci. Certamente, l’organizzazione di queste basi dati e il loro utilizzo non è semplice, ma oggi, grazie alle tecnologie di gestione dei Big Data è possibile integrare e analizzare grandi volumi di dati (strutturati e non strutturati) e fornire strumenti di BI che aiutino gli operatori sanitari a gestire efficacemente la salute della popolazione.

In ambito scientifico, dunque, i Big Data possono rappresentare un’enorme facilitazione ma è fondamentale disporre di un disegno sperimentale corretto, di controlli appropriati e di saper formulare giuste domande, oltre a garantire standard che ne consentano l’interoperabilità con altre aggregazioni di dati.  Per questo motivo, è importante che le caratteristiche di “usabilità” e “gestione dei dati” della BI siano rese il più semplice possibile e si diffondano anche negli operatori sanitari perché saper analizzare, gestire e interpretare grandi quantità di dati sanitari richiede, infatti, una formazione dedicata, specialmente in ambito medico-scientifico.

Le potenziali applicazioni della Business Intelligence in ambito sanitario sono, quindi, innumerevoli e la sua integrazione con la e-Health potrà trasformare la medicina in “una sorta di scienza dell’informazione dove dati, informatica e terapie sono combinati per fornire una piena innovazione specialmente nel trattamento delle malattie croniche” (Luca Pani DG AIFA).

Articolo a cura di Ing. Paolo Cerza, cofounder e CEO di Smatech – Consigliere CDTI

Exit mobile version