investimenti e occupazione

CDTI Forum. Quale direzione deve prendere la nuova politica industriale italiana?

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Per recuperare il gap accumulato e per cambiare radicalmente il sistema industriale italiano, il governo deve intervenire per controllare l’operato, modificare le linee guida e, laddove necessario, gli statuti dei fondi di investimento italiani pubblici.

Negli ultimi 10 anni in Italia il numero di operazioni di<em> private equity</em> sono state un quinto rispetto a quelle effettuate in <strong>Francia</strong>, e un quarto a quelle effettuate in <strong>Germania</strong> (<em>Fonte: Sito web di Business Insider Italia, 27.3.2018</em>).Quindi ci troviamo di fronte ad un problema strutturale del nostro Paese. Cosa possiamo fare per migliorare questa situazione?Il governo deve intervenire per controllare l’operato, modificare le linee guida e, laddove necessario, gli statuti dei fondi di investimento italiani pubblici.Per recuperare il gap accumulato e per cambiare radicalmente il sistema industriale italiano, le società di investimento pubbliche devono investire tutti i fondi che hanno già a disposizione in almeno 1.000 aziende italiane, per importi non inferiori a 1 milione di euro ma non superiori a 3 milioni di euro per ogni azienda. Le aziende in cui investire devono essere equamente distribuite sul territorio, con ambiziosi piani di sviluppo, di investimenti e di occupazione a tempo indeterminato, con retribuzioni in grado di attirare e mantenere nel lungo periodo talenti dall’Italia e dall’estero. Le operazioni devono essere in aumento di capitale con sovrapprezzo, lasciando il controllo delle società agli imprenditori.Se non sono sufficienti i capitali già a disposizione, il mondo è pieno di liquidità. In decine di Paesi, spesso produttori di petrolio (Norvegia, Qatar, …), ci sono fondi sovrani (sovereign funds) che sono interessati ad investire in Italia, purchè qualcuno faccia il lavoro di aggregare pacchetti di investimenti pubblici e privati per decine di miliardi di euro, presentarli ai vertici di questi Paesi e di questi fondi, e tornare con sottoscrizioni di fondi pubblici italiani.Il governo dovrebbe attuare una moral suasion sulle Regioni affinché creino, al massimo entro un anno, almeno un fondo di investimento regionale, raccogliendo capitali in Italia e all’estero, con l’obiettivo di investire in aziende del territorio operanti nella digital economy, e con contratti di investimento e successivi patti parasociali che vietino la delocalizzazione.Per quanto riguarda gli investitori privati, il loro contributo ad un progetto strategico integrato è quello di investire in società ad alto contenuto tecnologico, con elevate professionalità, radicate nei territori ma capaci di competere a livello globale nella digital economy e nella green & circular economy.<a href=”mailto:dcollevecchio@gmail.com” data-mce-href=”mailto:dcollevecchio@gmail.com”>dcollevecchio@gmail.com</a>

Negli ultimi 10 anni in Italia il numero di operazioni di private equity sono state un quinto rispetto a quelle effettuate in Francia, e un quarto a quelle effettuate in Germania (Fonte: Sito web di Business Insider Italia, 27.3.2018).

Quindi ci troviamo di fronte ad un problema strutturale del nostro Paese. Cosa possiamo fare per migliorare questa situazione?

Il governo deve intervenire per controllare l’operato, modificare le linee guida e, laddove necessario, gli statuti dei fondi di investimento italiani pubblici.

Per recuperare il gap accumulato e per cambiare radicalmente il sistema industriale italiano, le società di investimento pubbliche devono investire tutti i fondi che hanno già a disposizione in almeno 1.000 aziende italiane, per importi non inferiori a 1 milione di euro ma non superiori a 3 milioni di euro per ogni azienda. Le aziende in cui investire devono essere equamente distribuite sul territorio, con ambiziosi piani di sviluppo, di investimenti e di occupazione a tempo indeterminato, con retribuzioni in grado di attirare e mantenere nel lungo periodo talenti dall’Italia e dall’estero. Le operazioni devono essere in aumento di capitale con sovrapprezzo, lasciando il controllo delle società agli imprenditori.

Se non sono sufficienti i capitali già a disposizione, il mondo è pieno di liquidità. In decine di Paesi, spesso produttori di petrolio (Norvegia, Qatar, …), ci sono fondi sovrani (sovereign funds) che sono interessati ad investire in Italia, purchè qualcuno faccia il lavoro di aggregare pacchetti di investimenti pubblici e privati per decine di miliardi di euro, presentarli ai vertici di questi Paesi e di questi fondi, e tornare con sottoscrizioni di fondi pubblici italiani.

Il governo dovrebbe attuare una moral suasion sulle Regioni affinché creino, al massimo entro un anno, almeno un fondo di investimento regionale, raccogliendo capitali in Italia e all’estero, con l’obiettivo di investire in aziende del territorio operanti nella digital economy, e con contratti di investimento e successivi patti parasociali che vietino la delocalizzazione.

Per quanto riguarda gli investitori privati, il loro contributo ad un progetto strategico integrato è quello di investire in società ad alto contenuto tecnologico, con elevate professionalità, radicate nei territori ma capaci di competere a livello globale nella digital economy e nella green & circular economy.

dcollevecchio@gmail.com

Articolo a cura di Ing. Danilo Collevecchio – cofondatore, partner e membro del CdA di Crescendo Srl