Recentemente, l’Africa è andata progressivamente consolidando la propria posizione come uno dei principali mercati di crescita a livello globale, sostenuta da una combinazione di dinamismo economico e da una rapida accelerazione della trasformazione digitale.
Le coste africane, grazie a ingenti investimenti infrastrutturali, si stanno qualificando come vere e proprie porte d’accesso al futuro digitale del continente. L’arrivo sempre più massiccio di cavi sottomarini sta determinando e ridisegnando la connettività dell’Africa.
La nuova e aggiornata Africa Telecommunications Map di TeleGeography mostra come il continente sia oggi collegato da 77 sistemi di cavi sottomarini, tra quelli già attivi e quelli in costruzione. Le infrastrutture di telecomunicazione stanno assumendo un ruolo strategico sempre più centrale.
Qual è il mercato dei cavi in Africa?
Secondo l’analisi di Manny Pham, a finanziare i progetti africani con miliardi di dollari sono principalmente i giganti della tecnologia, quali Meta, Google, Microsoft e Amazon.
A spiccare è il sistema 2Africa, che con i suoi 45,000 chilometri di cavi è attualmente il più lungo al mondo. Collega l’Europa occidentale all’Africa subsahariana, al Medio Oriente e al Nord Africa e all’Asia-Pacifico, ed è stato realizzato in collaborazione da Meta, Orange, Vodafone Group e China Mobile. Presto, il Sudafrica sarà collegato al progetto Waterworth di Meta. Progetto, che con i suoi 50,000 chilometri si appresta a diventare il sistema più lungo al mondo, collegando il Paese a regioni chiave tra cui Usa, Brasile e India.
Il dato che emerge è che l’ammontare degli investimenti per i cavi sottomarini raggiunge livelli mai visti né pensati prima, e che la domanda di connettività è travolgente.
Quali sono le sfide?
La richiesta di connettività, si è detto, c’è, ma la vera sfida è garantire che questa arrivi effettivamente agli utenti.
Secondo la GSMA, in Africa subsahariana si registrano ogni anno circa 30 milioni di nuovi utenti di telefonia ogni anno. Eppure, circa 400 milioni di persone continuano a rimanere offline. Pur rimanendo meno densa in infrastrutture rispetto agli Usa o all’Europa, non si prevede un rallentamento per l’Africa.
Imprescindibile, quindi, con l’arrivo di un numero sempre più consistente di cavi sulle coste africane, è la loro manutenzione. Negli ultimi anni, le richieste di assistenza, riparazione o preservazione sono raddoppiate. In questo senso, la resilienza è la chiave per una rete globale efficiente e interconnessa, e si ottiene attraverso la diversificazione dei sistemi via cavo.
Tuttavia, la difficoltà principale in Africa non riguarda tanto l’installazione dei cavi o la loro manutenzione, quanto la capacità di trasformare questa connettività globale – che l’Africa riesce a captare – in accesso concreto per gli utenti locali. Se oggi esistono connettività e prezzi più accessibili, occorre lavorare per fare il passo finale.
Rimane, infine, un’ultima sfida da affrontare, non più di natura tecnica ma di natura politica: il problema della sovranità digitale. Sono sempre più numerosi i governi timorosi e cauti di fronte al ruolo preponderante che le aziende tecnologiche (prevalentemente statunitensi) stanno assumendo nella gestione delle infrastrutture africane. Ad amplificare le preoccupazioni ci sono inoltre delle normative come il CLOUD Act, il quale consente agli Usa di accedere ai dati conservati all’estero da società statunitensi.
Per questo, alcuni Paesi stanno lentamente seguendo la direzione europea esplorando alternative cloud e satellitari locali con l’obiettivo di mantenere i dati sul territorio, proteggendoli e valorizzandoli quanto più possibile, nonostante la totale autonomia resti estremamente limitata a causa dell’iniziale dipendenza dalle aziende statunitensi e cinesi.
