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Cavi sottomarini, il Giappone vuole più navi posacavi e nuove regole anti-Cina per la sicurezza delle dorsali digitali

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La difesa delle infrastrutture sottomarine è una priorità strategica e questione di competizione industriale, cybersicurezza e Difesa nazionale. La strategia di Tokyo per contenere Pechino.

Il Giappone vuole dotare NEC di più navi posacavi

Il governo giapponese prepara un intervento diretto per rafforzare NEC, il campione nazionale nel settore dei cavi sottomarini, in un contesto in cui la sicurezza delle infrastrutture digitali è diventata una priorità strategica.

Al centro delle decisioni di Tokyo ci sono due direttrici fondamentali: il sostegno finanziario per dotare NEC di navi posacavi proprie e la progressiva esclusione delle forniture tecnologiche cinesi nella catena del valore delle telecomunicazioni subacquee.

Navi proprie per competere con USA, Francia e Cina

Oggi NEC, pur avendo installato oltre 400.000 km di cavi sottomarini a livello globale e detenendo una posizione dominante in Asia, non dispone di una flotta dedicata. Il problema, secondo quanto riportato da Harry Dempsey e David Keohane sul Financial Times, l ’azienda si affida a noleggi temporanei: un’unità norvegese presa in charter quadriennale nel 2022, alcune collaborazioni con NTT e KDDI, e contratti spot con armatori specializzati.

Al contrario, i tre grandi concorrenti internazionali controllano direttamente le proprie flotte: SubCom (Stati Uniti, New Jersey) con circa 7 navi; Alcatel Submarine Networks (ASN), società francese di proprietà statale con 7 navi; HMN Tech (Cina, ex sussidiaria Huawei) con almeno 2 navi.

Secondo il Comitato internazionale per la protezione dei cavi (ICPC), nel mondo operano 63 unità posacavi. Tokyo considera un handicap competitivo il fatto che NEC ne possieda zero.

Per colmare il gap, il governo giapponese valuta un pacchetto di sussidi pubblici in grado di coprire fino al 50% del costo delle nuove navi, che ammonta a circa 300 milioni di dollari per unità. I primi varchi per l’acquisto potrebbero aprirsi già nel 2027, previa autorizzazione del Ministero delle Finanze.

Sicurezza nazionale e scenari di conflitto ibrido

Dietro l’intervento non c’è solo la logica industriale. Tokyo collega la fragilità di NEC a un rischio diretto per la sicurezza nazionale:

  • ogni anno si registrano circa 200 danneggiamenti alle dorsali sottomarine, in gran parte dovuti ad ancore e reti da pesca, ma anche a episodi di sabotaggio deliberato (come nel Mar Baltico nel 2023);
  • le dorsali in fibra ottica sono sempre più strategiche non solo per il traffico dati civile, ma anche per l’intelligence e l’uso militare, ad esempio come sensori antisommergibile;
  • senza navi proprie, NEC rischia di non garantire la tempestività dei lavori richiesti dai giganti digitali come Google e Meta, compromettendo contratti miliardari.

Un funzionario giapponese ha sottolineato: «Il governo considera la situazione molto seria, intervenire è ormai necessario».

Secondo il Ministero degli Interni e delle Comunicazioni, il Giappone, snodo di cavi sottomarini che collegano gli Stati Uniti e l’Asia, è direttamente collegato a 20-30 cavi internazionali.

Tra le linee guida di politica economica e fiscale di quest’anno, denominate “honebuto no hōshin” , che dettano il tono della pianificazione di bilancio per il prossimo anno fiscale, c’è il riconoscimento ufficiale dei cavi sottomarini come infrastrutture strategiche vitali per la sicurezza economica del Giappone.

Lo stop alle forniture cinesi entro il 2026

Parallelamente, Tokyo ha avviato una revisione della catena di fornitura per i cavi sottomarini. Entro marzo 2026 sarà verificato se le imprese giapponesi del settore acquistano componenti critici dalla Cina.

Se confermato, scatteranno misure correttive, secondo quanto riportato da Nikkei Asia, tra cui: incentivi per la sostituzione dei fornitori con produttori nazionali o alleati; eventuali sussidi per rilanciare la produzione interna di componentistica; allineamento con le restrizioni statunitensi che già limitano la presenza cinese nelle infrastrutture di rete.

La Cina, attraverso HMN Tech, sta infatti aumentando la propria quota di mercato, insidiando la leadership dei tre grandi player globali (NEC, SubCom, ASN). Washington spinge per ridurre al minimo la dipendenza tecnologica da Pechino, mentre Tokyo valuta di chiedere deroghe mirate alle autorità americane qualora i divieti rischino di penalizzare le esportazioni nipponiche.

Una partita geopolitica su scala globale

Il mercato dei cavi sottomarini, trainato da un aumento del traffico dati stimato al +26% annuo fino al 2031 (fonte TeleGeography), è diventato un campo di confronto strategico tra le potenze.

Il Giappone, con la sua scelta di rafforzare NEC e limitare l’accesso cinese alla propria supply chain, si posiziona sempre più chiaramente al fianco degli Stati Uniti e dell’Europa in una partita contro la Cina che unisce competizione industriale, cybersicurezza e Difesa nazionale.

Il timore di Tokyo nei confronti di Cina e Russia nasce dalla crescente centralità dei cavi sottomarini nelle strategie di guerra ibrida e nella competizione tecnologica. Pechino, attraverso HMN Tech, non solo sta guadagnando terreno commerciale nel settore, ma è percepita come un attore in grado di sfruttare la propria presenza industriale per attività di sorveglianza o di accesso illecito ai dati.

Mosca, dal canto suo, è accusata da più fonti di sviluppare capacità militari specifiche per l’intercettazione o il sabotaggio dei cavi oceanici, viste come una delle vulnerabilità più gravi delle economie avanzate. L’episodio del Baltico nel 2023, con il danneggiamento di due dorsali attribuito a possibili azioni ostili, ha rafforzato a Tokyo la convinzione che i collegamenti in fibra ottica non siano più soltanto un’infrastruttura economica, ma un bersaglio geopolitico primario. Per il Giappone, garantire la resilienza delle proprie reti nel Mar Cinese Orientale e nel Pacifico significa proteggere non solo la connettività interna, ma anche i flussi commerciali e militari vitali per l’alleanza con gli Stati Uniti.

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