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Causeries. Tariffe di terminazione, una querelle da chiudere in fretta

di Stefano Mannoni |

Nel sistema europeo è cruciale che le tariffe siano il più possibile omogenee per evitare che gli operatori lucrino sulle chiamate terminate sulle loro reti.

Causeries è una rubrica settimanale sulle criticità dei mercati della convergenza e il loro rapporto con le grandi tematiche della regolazione, curata da Stefano Mannoni, professore di Diritto delle Comunicazioni presso l’Università di Firenze. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

La storia infinita.

Non si può definire altrimenti la querelle sulle tariffe di terminazione mobile che sono il pedaggio preteso da un operatore per fare terminare la chiamata di un altro operatore sulla propria rete.

Nel sistema europeo, calling party pays, è cruciale che le tariffe siano tra loro il più possibile omogenee, per evitare che l’operatore A possa lucrare sulle chiamate terminate sulla propria rete, esigendo un prezzo particolarmente alto, a danno dell’operatore che, ligio alla Raccomandazione della Commissione Europea, abbia provveduto ad abbassarle.

Per l’appunto è esattamente quello che sembra accadere tra Austria e Germania, dove la seconda, notoria per il suo lassismo in materia, ha consentito ai propri operatori di lasciare in vita tariffe più alte di quelle della vicina Austria che aveva invece provveduto ad abbassarle.

Il risultato?

Le chiamate in uscita dall’Austria verso la Germania costano molto più di quelle che imboccano la direzione inversa.

Spazientito, il regolatore austriaco ha immaginato un sistema di reciprocità: “quello che fai pagare tu, lo faccio pagare anch’io”.

Problemi?

La violazione del principio di non discriminazione verso le direttrici di traffico che vedono applicarsi questa regola, ad esclusione delle altre, ragione per cui la Commissione Europea è intervenuta per bacchettare Vienna.

Non si può fare!

Se si è arrivati a tanto, però, anche la Commissione Europea dovrebbe fare un esame di coscienza.

E’ vero che oggi essa propone una tariffa unica per tutti, o addirittura la deregolamentazione delle tariffe di terminazione fisse e mobili. Ma il suo intervento è un poco tardivo. Maggiore durezza sarebbe stata necessaria verso le autorità nazionali recalcitranti e maggiore chiarezza nel sostenere quelle ligie alla sua raccomandazione.

La sua responsabilità non è peraltro isolata.

Concorrono nella colpa anche altri tre soggetti: dottrina, autorità di regolazione nazionali e giurisdizione.

Il primo di essi, la dottrina, si è trastullato per qualche tempo con la teoria del “materasso ad acqua” secondo la quale la compressione delle tariffe di terminazione all’ingrosso avrebbe determinato l’effetto deleterio di un innalzamento delle tariffe al dettaglio praticate ai consumatori. Falso! Ed è un sollievo che non circoli più, anche se ha prestato argomenti per un certo tempo a chi indulgeva nella pigrizia delle tariffe alte per la gioia degli operatori mobili.

Il secondo imputato sono appunto le autorità di regolazione che hanno lasciato fare i propri operatori mobili in un ottuso quieta non movere.

Ottuso, perché tale atteggiamento forniva argomenti a chi invocava l’accentramento del potere di veto sui rimedi nella Commissione, che si tradurrebbe pressoché nello svuotamento degli organi decentrati nazionali.

Il terzo incomodo è la giurisdizione che in più paesi ha sbarrato la strada all’abbassamento delle tariffe creando una rendita che collideva palesemente con la Raccomandazione della Commissione. La tesi secondo la quale il giudice amministrativo sarebbe il peritus peritorum è stata estesa al rapporto con le autorità di regolazione, producendo conseguenze nefaste, con buona pace del self restraint che dovrebbe governare il giudizio sulla discrezionalità tecnica.

Storia infinita dicevo all’inizio.

La Commissione sembra si sia decisa infine a farla finita una volta per tutte.

Sarebbe davvero ora.

Il Single Market significa anche questo.