Spettro radio

Causeries. ‘Spectrum Management’: una miniera sulle frequenze, ma asettico sui 700 Mhz

di Stefano Mannoni |

‘Spectrum Management’ di Martin Cave e William Webb è un libro da non perdere, ma non si schiera sul tema caldo della banda 700 UHF: perché?

Causeries è una rubrica settimanale sulle criticità dei mercati della convergenza e il loro rapporto con le grandi tematiche della regolazione, curata da Stefano Mannoni, professore di Diritto delle Comunicazioni presso l’Università di Firenze. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Non è facile trovare un must have tra i libri di tecnologia perché l’invecchiamento è precoce e devono cedere il passo a nuovi testi.

Se però ve ne è uno questo è ‘Spectrum Management’ di Martin Cave e William Webb appena pubblicato da Cambridge University Press.

Per Cave lo spettro c’ est son métier.

Con stile compassato e chiaro affronta i grandi temi di questo difficile argomento: dalle interferenze ai metodi di allocazione su cui si sofferma per metà del libro. Da dove si deduce che alcune procedure come il beauty contest sono morte e sepolte a beneficio delle aste e di altri metodi incentivanti.

Già questo è qualcosa.

Per lo meno sappiamo cosa è finito per sempre in archivio.

Fa invece piacere che proprio sulle aste e la tutela della concorrenza nel mercato della telefonia la prassi regolatoria italiana sia in linea con il meglio europeo, come si deduce dai confronti e le tabelle di cui il testo è ricco.

Il lettore però è avvertito: la prosa è chiara, ma non avvincente.

Ogni angolo dei problemi è sviscerato con puntiglio facendo di questo libro un caposaldo di consultazione, più che di lettura.

Ma la mano del curioso italiano corre inevitabilmente all’ultimo capitolo dedicato alla battaglia sulla banda 700 UHF, contesa come si sa tra televisivi e mobili.

Ed ecco la sorpresa.

Cave rimane piuttosto asettico evitando di schierarsi.

Valgono a questo proposito due citazioni.

La prima afferma che recenti lavori per la Comunità europea suggeriscono che allo stato attuale l’interesse degli operatori mobili non sembrerebbe così impellente come sembrava, mentre si concentrerebbe sulle frequenze più alte (3.5 GHz) da valorizzare con molte celle più piccole.

Al contrario la domanda per le frequenze allocate alla televisione, ammette Cave, rimane molto forte. Tanto di cappello per la fairness inglese. Che però lascia perplesso il lettore.

Possibile che l’autore non abbia una opinione al proposito che vada oltre la constatazione che “è impossibile risolvere il conflitto generalizzando da un paese all’altro”?