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Causeries. Oracle vs Google: battaglia all’ultima API sul copyright di Java

Oracle sfida Google-Alphabet in una battaglia sul copyright destinata a lasciare il segno.

Oracle accusa Google di sfruttare Java.

Google risponde di difendere il principio della libertà dalla protezione del diritto di autore dell’utilizzo parziale del software altrui, in nome dell’innovazione.

Ecco i fatti: Google ha utilizzato 37 API, Application program interfaces tratte da Java nel suo sistema Android.

La tesi di Oracle è che tale uso senza licenza costituisce una violazione del copyright.

Quella di Google è che il suo altro non è che “fair use” ossia un uso consentito dalle regole sulla proprietà intellettuale.

Il punto è che le API sono interfacce che servono a fare dialogare software diversi.

Fino a che punto sono creazioni intellettuali meritevoli di protezione?

Dove inizia invece la possibilità di sfruttarle per garantire l’interoperabilità?

In primo grado, Google ha avuto la meglio, avendo sostenuto il giudice che le API non sono soggette a copyright. In secondo grado, di fronte alla United States Court of Appeals for the Federal Circuit è stata Oracle ad avere la meglio nel 2014.

Ora il reverse engineering, per svelare i segreti di un programma al solo scopo di assicurarne l’interoperabilità, dovrebbe essere ammesso se non altro perché la decisione contraria rappresenterebbe un notevole ostacolo per lo sviluppo dei programmi informatici, condizionati al rilascio di costose licenze dai loro detentori.

I precedenti Lotus vs Borland e Sega vs Accolade dovrebbero far propendere l’ago della bilancia in favore di Google.

Staremo a vedere.

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