Cultura

Causeries. Il triste declino degli ‘enarchi’ francesi

di Stefano Mannoni |

Il presidente Hollande ha inferto un duro colpo alla ENA, la Scuola di amministrazione francese, dimettendo Fleur Pellerin per sostiuirla alla Cultura con Audrey Azoulay

Causeries è una rubrica settimanale sulle criticità dei mercati della convergenza e il loro rapporto con le grandi tematiche della regolazione, curata da Stefano Mannoni, professore di Diritto delle Comunicazioni presso l’Università di Firenze. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Il melanconico declino degli enarchi, i prestigiosi laureati della Scuola di amministrazione francese (ENA) stringe davvero il cuore agli amanti della douce France.

Dopo il declino del cibo e del vino d’oltralpe (per la maggior parte imbevibile) era rimasto come baluardo il plotone di tecnocrati che ogni anno sfornava questa invidiata scuola.

Ebbene Hollande ha dato il colpo di grazie: ha dimesso – rémercié – come dicono i francesi l’enarca Fleur Pellerin per sostituirla alla Cultura con Audrey Azoulay una quarantenne che, per così dire, nel mondo dei libri e dell’audiovisivo ci è nata in fasce.

La Pellerin ne aveva infilata una dopo l’altra, tradendo una certa mancanza di familiarità con le librerie del suo paese oltre che con i mutamenti epocali dell’audiovisivo il quale, come si sa, insieme a cibo e vini rappresenta uno dei pezzi forti del Paese all’estero.

Un po’ malignamente, non ce ne rammarichiamo più di tanto vista l’alterigia con la quale gli enarchi hanno sempre bistrattato l’amministrazione italiana.

Certo non è mai una buona notizia che la competizione si faccia attraverso il rush to the bottom: la gara al ribasso non è mai una cosa di cui rallegrarsi.

Ma forse guardando cosa accade in casa d’altri troviamo qualche buon motivo per non buttarci troppo giù.

Dopo la poco brillante performance della Prefettura di Polizia sul terrorismo, ancorché essa benefici da parte della magistratura di una libertà impensabile da noi (tradotto: fa quello che gli pare), direi che la conclusione da trarre è che i sorrisetti verso l’Italia sono sempre meno giustificati.