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Causeries. Il ritorno di ‘Guerre Stellari’ e la carenza di nuovi miti

Si sa che dai buoni libri spesso – anche se non sempre – nascono buoni film.

Può persino accadere che il film sia migliore del libro. Si vedano “I duellanti” di Ridley Scott, decisamente superiore al pedante saggetto di Joseph Conrad cui è ispirato.

Più spesso avviene però il contrario.

Mi raccontava Nicola Badalucco, lo sceneggiatore della “Caduta degli Dei” di Luchino Visconti, che aveva attinto al giornalista William Shirer, vivace testimone degli eventi del Terzo Reich, anche se pessimo storico (umorale come non mai) le suggestioni del film. Mi pare con grande successo: la partigianeria del giornalista ha in questo caso aiutato a rendere toni e colori corruschi e ambigui; uno storico con i distinguo del mestiere avrebbe di sicuro annoiato il pubblico.

Quello che invece non accade quasi mai è che la struttura di un film affondi le radici in una profonda concezione antropologica e che la riproduzione in versione cinematografica sia approvata dallo scienziato che ne è autore.

E’ accaduto con “Guerre Stellari” di George Lucas (prima versione) che attinge a piene mani alla teoria sulla mitologia di Joseph Campbell, il principale studioso della materia negli USA, che non solo ne ha apprezzato l’interpretazione, ma, per così dire, l’ha benedetta in una celebre intervista televisiva.

Egli ritrovava con sommo gusto nei personaggi le figure tipiche di una mitologia trasversale, da cui aveva ricavato un imponente dizionario.

Mito e archetipo non sono così lontani come ci possono sembrare.

Lo sapeva bene lo psicologo Carl Gustav Jung che passò un mezzo guaio quando pensò di ritrovare i suoi archetipi – in questo caso germanico-vichinghi – nelle manifestazioni del Terzo Reich. Avendo lavorato per Allen Dulles della CIA a Ginevra negli anni Quaranta questo peccadiglio gli fu rapidamente abbonato.

Ma torniamo al binomio Lucas-Campbell.

La ragione del sequel di un film di grande successo, che ha tutti i tratti di una saga mitologica, non segnala forse la carenza di miti nel nostro tempo?

La domanda può sembrare curiosa, ma bisognerebbe interrogare un addetto ai lavori se dietro queste scelte, anche solo in modo incosciente, alligna questa consapevolezza.

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