Tecno-pessimismo

Causeries. Il lato oscuro della Silicon Valley

di Stefano Mannoni |

La descrizione dei nuovi feudatari digitali della Baia di San Francisco nel libro tecno-pessimista ‘The Internet in Not The Answer’ di Andrew Kleen

Causeries è una rubrica settimanale sulle criticità dei mercati della convergenza e il loro rapporto con le grandi tematiche della regolazione, curata da Stefano Mannoni, professore di Diritto delle Comunicazioni presso l’Università di Firenze. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Jeremy Bentham alla fine del Settecento immaginava un modello di carcere, il “panopticon”, nel quale il detenuto fosse costantemente osservato senza sapere da chi e quando.

Per Andrew Kleen (The Internet Is Not The Answer, Atlas Boook, 2015), i nuovi feudatari della Silicon Valley (così li chiama lui) hanno ripreso in scala allargata questa inquietante visione.

L’uomo di cristallo, penetrabile da mille occhi elettronici, prevedibile e inconsapevole è il nuovo servo della gleba.

Lo avrete capito: siamo in pieno dentro il filone tecno-pessimista.

Che suona il campanello di allarme su internet presentato agli antipodi della retorica libertaria.

Basta guardare all’architettura dei nuovi castelli feudali, progettazioni avveniristiche, che segnano il solcato con il mondo esterno, riproducendo una distinzione che avrebbe fatto sorridere Carlo Marx.

Separati dai comuni individui, i nuovi signori high-tech, non sembrano preoccuparsi molto nemmeno dello Stato che ha bisogno di loro.

Sarà un caso, ma l’Autore non prende minimamente sul serio questi tipi quando dichiarano di prendere le distanza dal potere pubblico, inscenando una pièce che può convincere solo gli ingenui.

Ma se vivono carpendo e vendendo informazioni!

Altro che messaggio libertario: “…la realtà concreta è quella della secessione del ricco da qualsiasi altro della Silicon Valley. Dimenticate le utopie aleggianti di sapore libertario. Quello cui stiamo assistendo nella Baia di San Francisco è l’emergere di due mondi, separati e disuguali. Il primo, un posto privilegiato e privatizzato per la casta dei depositari della tecnologia; l’altro è uno spazio squallido, pubblico per chiunque altro”.

Le imprese disegnate come navicelle spaziali non fanno che sottolineare lo iato e dissipare quel poco che restava di credenza nella narrativa anarco-individualista.

Se fosse vivo, Theodore Roosevelt avrebbe trattato questi potentati con la stessa durezza della Standard Oil.

Ma perché questo non avviene?

E’ che il racconto di un mondo sospeso senza storia e immerso negli algoritmi, popolato da occhi invisibili, seduce e quasi ipnotizza.

Il pifferaio di Hamelin….

E allora?

Per l’Autore sarebbe ora di finirla: lo Stato deve affrontare questo potere duro e bruto tutelando i cittadini.

Ci crede?

Confesso di non averlo capito tanto è amaro e il suo resoconto quasi a livello di uno sfogo.

E ad oggi, duro dargli torto.