Dibattito

Causeries. Francia e referendum, il pluralismo torna di moda

di Stefano Mannoni |

La proposta di legge per la tutela del pluralismo in Francia riaccende i riflettori sulla campagna referendaria per la riforma costituzionale nel nostro paese.

Causeries è una rubrica settimanale sulle criticità dei mercati della convergenza e il loro rapporto con le grandi tematiche della regolazione, curata da Stefano Mannoni, professore di Diritto delle Comunicazioni presso l’Università di Firenze. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Il pluralismo è morto? Si direbbe di no, a giudicare dall’intenso dibattito parlamentare in Francia su una legge che lo salvaguardi. Introdotta tardivamente nella Costituzione – nel 2008 – il pluralismo dei media ha vissuto una vita difficile oltralpe per via dello strapotere del governo.

Ora la proposta di legge pendente davanti al Senato propone le seguenti misure: gli stranieri non potranno possedere più del 20% delle azioni o dei diritti di voto nei canali terrestri o nelle radio in Francia; l’autorità dell’audiovisivo francese (il CSA) dovrà vigilare sul conflitto di interessi  dei proprietari delle Tv e delle radio, prevenendo un’influenza indebita sulla linea editoriale dell’informazione e dei programmi; le convenzioni  stipulate tra il CSA e i  canali dovranno prevedere criteri per la salvaguardia del pluralismo; sempre il CSA dovrà verificare il rispetto dei principi pluralistici da parte delle stazioni nel momento del rinnovo delle loro autorizzazioni e licenze; dovranno essere istituiti comitati etici nel servizio pubblico e nei canali commerciali per sorvegliare l’osservanza di questi principi di imparzialità.

La proposta di legge può sembrare un ben misero passo se confrontata con il far west che ha regnato incontrastato nell’etere.

E invece è un passo importante che suscita un legittimo orgoglio negli italiani che a queste conclusioni erano arrivati da un pezzo (a parte per la strana norma gallicana sul tetto per i soggetti stranieri).

Semmai questo colpo di scena dovrebbe indurre a non trascurare le norme del nostro ordinamento, ben più sofisticate di quelle francesi, ora che parte la campagna referendaria sulla riforma della costituzione.

E’ essenziale infatti che questa avvenga in un level playing field nel quale nessuno possa beneficiare di vantaggi competitivi.

Temo che non sarà facile, visto la cortina di ferro che è calata sul tema pluralismo da quando Berlusconi ha lasciato la scena politica.

Non vorremmo dovere concludere che tutta la dovizia di scrupoli sul pluralismo che ha circondato quella congiuntura storica fosse motivata da partigianeria politica e non da una assiologia che dovrebbe collocare i valori dell’art. 21 della Costituzione al primo posto, a prescindere dai soggetti in campo.