Dibattitto aperto

Canoni frequenze Tv, la palla passa al MiSE

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Si accende la polemica all’indomani dell’approvazione della delibera Agcom che fissa il nuovo sistema di calcolo per i canoni delle frequenze Tv. La palla passa ora al MiSE che sta lavorando a un decreto che dovrebbe rivedere le attuali disposizioni.

Si apre il dibattito sulla delibera approvata ieri dall’Agcom, non all’unanimità, che definisce i criteri per la determinazione, da parte del Ministero dello sviluppo economico (MiSE), dei contributi annuali per l’utilizzo delle frequenze tv del digitale terrestre.

L’Autorità aveva congelato lo schema approvato lo scorso agosto, su insistenza del Commissario Antonio Nicita che ieri si è astenuto dal voto mentre il presidente Angelo Maria Cardani ha votato contro, in attesa di un intervento del governo. Ieri però dopo un incontro con il Sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, la maggioranza del Consiglio ha deciso di procedere e adottare ugualmente la delibera anche se non all’unanimità e il Commissario Nicita ha illustrato in una lunga intervista a Key4biz le criticità di questa disposizione.

Il nuovo schema definisce i contributi che sono a carico dei soggetti assegnatari delle frequenze, ossia – dopo il passaggio al digitale terrestre – degli operatori di rete.

La palla passa adesso al Ministero e in modo particolare proprio a Giacomelli che sta lavorando a un Decreto Legge, che sarà pronto nelle prossime settimane per entrare in vigore per fine dicembre, che oltre a prevedere la riforma della Rai e dei sistemi di sostegno alle Tv locali, ricomprenderà, come ha precisato all’Agcom il Sottosegretario, anche “un riordino complessivo della disciplina in materia di frequenze, contributi e canoni, nell’ambito di un disegno di riforma unitario e coerente.

 

La strada maestra resta quindi quella di adottare con urgenza un provvedimento che definisca la situazione. L’intenzione di Giacomelli è di risolvere tutto entro la fine dell’anno, considerati i tempi tecnici di approvazione del Decreto. In ogni caso, lo schema verrà rivisto e si potrebbe anche scegliere di intervenire con un emendamento per fare in modo che vengano accolte le preoccupazioni messe nero su bianco dalla Commissione Ue in una lettera inviata nei mesi scorsi in cui si ricordava all’Italia che resta ancora aperta la procedura di infrazione avviata dopo la Legge Gasparri.

Da un punto di vista strettamente pratico è evidente che lo scherma deliberato ieri dall’Agcom non sembra aver accolto l’avvertimento della Ue visto che il sistema dei canoni d’affitto favorisce gli incumbent rispetto agli altri operatori e allontanerebbe quindi anche la possibilità di chiudere questa procedura di infrazione.

Non a caso nei mesi scorsi Giacomelli ha scritto due lettere all’Agcom per spiegare la necessità di agire con attenzione e in modo equo. Il sistema deliberato prevede, infatti, non solo meno introiti per lo Stato, in un momento di grave crisi, ma soprattutto un alleggerimento per gli incumbent e un aumento dei canoni d’affitto per chi è solo operatore di rete oltre che per le tv locali. Una direzione quindi completamente contraria all’avvertimento della Ue sebbene nella delibera dovrebbe essere stata prevista la possibilità di diluire i pagamenti in più anni rispetto al limite imposto a Rai e Mediaset di 4 anni.

Secondo alcune stime, i due principali operatori tv pagherebbero, per il 2014, 13 milioni ciascuno, anziché 50 in totale, come avveniva quando il canone era calcolato sulla base del fatturato. Altre stime parlano di un risparmio per i due incumbent ancora maggiore: 23 milioni per la Rai e 17 per Mediaset nel 2014, con minori entrate per l’Erario di oltre 39 milioni rispetto al 2013, a causa del maggior esborso per altri operatori nazionali.

Il Consiglio, si legge nella nota dell’Agcom, ha preso atto con interesse della prospettiva illustrata da Giacomelli, “ha ritenuto tuttavia ineludibile, allo stato, adempiere i compiti assegnati all’Autorità dalla vigente normativa primaria, restando ovviamente riservata ogni successiva determinazione agli organi titolari della funzione di indirizzo politico, con i quali proseguirà la proficua collaborazione istituzionale instauratasi nel rispetto delle reciproche attribuzioni”.

L’Autorità si è conformata al dettato dell’art. 3-quinquies del decreto- legge n. 16 del 2012, assumendo come valore di riferimento il prezzo di aggiudicazione delle frequenze Tv nell’asta conclusasi nel mese di giugno.

La delibera prevede un incremento del contributo per ogni multiplex addizionale in funzione anti-concentrativa; un incentivo per l’utilizzazione di tecnologie innovative; un trattamento differenziato per gli operatori locali in ragione della peculiarità del settore.

Quanto al criterio dell’applicazione progressiva del nuovo sistema di contributi di cui al comma 4 del citato art. 3-quinquies, l’Autorità ha suggerito la definizione di un glide path volto a garantire la progressività dell’imposizione e la parità di condizioni tra operatori.

L’Agcom ha tuttavia ritenuto di dover rimettere al Governo la valutazione circa la sua compatibilità con la previsione recata dal comma 7 dello stesso articolo, secondo cui dall’attuazione della disciplina non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

La delibera Agcom ha fatto scoppiare la polemica. In molti si domandano perché abbia deciso di agire con così tanta fretta quando il MiSE aveva già dato chiare rassicurazioni sul fatto che stava lavorando alla materia.

Roberto Fico: ‘Convocheremo in Vigilanza Giacomelli e Cardani

“Convocheremo quanto prima in Commissione Vigilanza Rai il Sottosegretario allo Sviluppo Economico Antonello Giacomelli e il Presidente dell’Agcom Marcello Cardani”, ha scritto su Facebook il Presidente della Commissione di Vigilanza, Roberto Fico (M5S).

“E’ necessario – ha aggiunto – che il governo riferisca con la massima urgenza sulle misure che intende mettere in campo per evitare conseguenze negative per le casse dello Stato e per le stesse dinamiche concorrenziali del mercato”.

Secondo Fico, “con il nuovo modello i conti pubblici rischiano di essere profondamente danneggiati a seguito di una consistente riduzione degli introiti. La riforma andrebbe infatti tutta a vantaggio degli operatori maggiori del settore, come Mediaset e Rai, a cui potrebbe essere accordato uno sconto milionario per il pagamento del canone per l’utilizzazione delle frequenze televisive. Nel 2014 l’Erario potrebbe raccogliere quasi 40 milioni di euro in meno rispetto al 2013 e in sette anni si potrebbero perdere più di 100 milioni. Nello stesso periodo Rai risparmierà almeno 113 milioni e Mediaset circa 70. Uno sconto che appare del tutto ingiustificato”.

Vinicio Peluffo: ‘Da Agcom forzatura immotivata e gravissima’

“Nonostante la lettera del governo che chiedeva di sospendere la decisione e nonostante la Commissione Vigilanza Rai ne abbia chiesto e ottenuto l’audizione, l’Agcom ha deciso di procedere comunque e approvare a maggioranza la riforma dei canoni delle frequenze tv. Si tratta di una forzatura immotivata e gravissima la cui responsabilità ricade sui commissari nominati dal centrodestra”, ha dichiarato Vinicio Peluffo, capogruppo Pd in Commissione Vigilanza Rai.

Chiediamo – ha aggiunto Peluffo – per questo al governo di venire a riferire quanto prima in Commissione Vigilanza Rai e di predisporre in tempi rapidi un decreto che eviti uno sconto insensato a Rai e Mediaset, a scapito delle tv locali, e un danno che le casse dello Stato non possono permettersi, specie in un momento di crisi”.

 

Michele Anzaldi: ‘Pesante danno per l’Erario’

 

“I nuovi canoni per le frequenze, varati a maggioranza dall’Agcom con il voto contrario del presidente Cardani, rappresentano un grave danno all’Erario per la riduzione degli introiti per lo Stato e rischiano di essere il colpo letale per le tv private e locali, quelle sopravvissute in questi mesi alla grave crisi economica che ha colpito il settore”, ha osservato il deputato del Partito democratico e segretario della commissione di Vigilanza Rai, Michele Anzaldi.

“Il blitz sui canoni – ha spiegato Anzaldi – crea un ammanco ai conti pubblici, per la riduzione dei canoni agli operatori maggiori, senza che venga specificato come verranno sostitute queste risorse. Il provvedimento potrebbe essere, inoltre, la tomba per molte imprese televisive che garantiscono a livello locale pluralismo e informazione, perché mentre i grandi network come Rai e Mediaset si vedranno applicato uno sconto milionario ingiustificato, sulle emittenti locali peserà una tassa di concessione molto più alta, non più parametrata sul fatturato ma sugli impianti e i mux”.