Legge di Stabilità

Canone Rai nel caos: 25 milioni le famiglie coinvolte

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Valanga di emendamenti sull’articolo 10. C’è chi ne chiede la soppressione, chi vorrebbe un Fondo per destinare il canone alle tv locali e chi vorrebbe estenderlo anche a smartphone e tablet.

Confronto accesso sulla valanga di emendamenti (3.563) presentati alla Legge di Stabilità che approderà in Aula al Senato lunedì 16 novembre. L’obiettivo del Governo è di farla approvare entro il prossimo venerdì.

La sfida è ardua.

Tanti quelli che riguardano l’articolo 10 sul canone Rai che dovrà essere pagato con la bolletta elettrica, un un’unica rata, stabilendo anche che le maggiori entrate generate dalle nuove misure vengano destinate al Fondo per la riduzione della pressione fiscale.

Quest’ultimo punto è tra i più discussi.

A infiammare il dibattito, guidato dai sindacati, è proprio la questione se un’imposta di scopo, qual è appunto il canone Rai, possa essere destinata ad abbassare le tasse.

Ma non solo. A far discutere è anche l’introduzione della presunzione di possesso dell’apparecchio televisivo.

L’onere della prova è quindi a carico dell’utente che dovrà certificare il non possesso.

Altro aspetto sul quale la discussione è molto animata è la decisione di far pagare il canone Rai in un’unica soluzione e quindi con la prima bolletta elettrica utile del 2016.

C’è anche chi domanda che il canone Rai venga pagato pure da chi possiede dispositivi mobili atti a recepire il segnale televisivo, al momento invece esclusi dall’articolo 10.

 

Gli emendamenti

Al momento risulta che siano stati accantonati una serie di emendamenti, che potrebbero essere approfonditi per apportare delle modifiche.

Sotto la lente quelli che prevedrebbero la diluizione del canone Rai in più rate; la riduzione dagli attuali 100 euro previsti a 75 o anche 80 euro.

Ma c’è anche chi chiede proprio la cancellazione dell’intero articolo 10.

Alcuni emendamenti chiedono anche di introdurre nuove esenzioni in particolare per i pensionati che non superano il reddito familiare annuo complessivo di 8 mila euro, ovviamente introducendo le dovute condizioni.

 

Il Fondo per l’emittenza radio tv locale

Diversi emendamenti chiedono poi l’istituzione presso il Ministero dello Sviluppo economico di un Fondo di sostegno economico dell’emittenza radiotv locale per il servizio svolto in ambito territoriale a cui andrebbe il 10% delle risorse derivanti dal pagamento del canone di abbonamento televisivo. Il 30% andrebbe alle emittenti radiofoniche locali i cui ricavi da pubblicità non superano 500 mila euro.

Ma c’è anche chi vorrebbe che i proventi del canone di abbonamento alla televisione per uso privato fossero versati per il 90% alle regioni e ripartiti poi tra le emittenti locali su base di un regolamento MiSE.

 

Canone anche per dispositivi mobili

Un emendamento prevede anche che la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo abbia diritto a un compenso per gli apparecchi e device atti e adattabili alla ricezione del segnale di trasmissioni audiovisive effettuate via etere, satellite, cavo, in forma sia analogica che digitale, anche tramite elaboratori elettronici, pc e dispositivi mobili ivi compresi sintonizzatori usb pen e decodificatori anche collegati a internet e in modalità wireless. Il compenso verrebbe calcolato con una quota del prezzo pagato dall’acquirente finale al rivenditore.

Abolizione presunzione di possesso

Si domanda anche l’abolizione di tutti i presupposti di sussistenza dei requisiti di possesso. L’Agenzia delle entrate dovrebbe stabilire criteri non presuntivi per l’accertamento dei requisiti di possesso degli apparecchi atti alla ricezione dei segnali tv. In nessun caso quindi l’onere della prova dovrebbe essere a carico dell’utente.

 

Si allarga la platea degli esonerati

Ad ora l’importo complessivo del canone è di 1,7 miliardi di euro l’anno.

Con le nuove disposizione l’incasso dovrebbe salire a 2,5 miliardi, essendo le famiglie residenti circa 25 milioni.

Il margine di 800 milioni previsto dovrebbe andare a ridurre la pressione fiscale.

Le maggiori entrate non sono però quantificate per ammissione della stessa Ragioneria generale di Stato e non entrano pertanto nei saldi della finanza pubblica.

Il presumibile sgravio per i pensionati incapienti non dovrebbe superare i 400 milioni ma, una volta stabilite le dovute condizioni, dovrebbe essere anche minore.