Lo stop

Canone Rai in bolletta, slittamento a ottobre?

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La sospensione del parere del Consiglio di Stato allunga i tempi. Si rischia che salti la data di luglio per il pagamento della prima rata del canone.

Lo stop del Consiglio di Stato al decreto ministeriale sul Canone Rai in bolletta elettrica rischia di far slittare la data di luglio per il pagamento della prima rata.

Il Consiglio ha, infatti, sollevato una serie di dubbi e criticità, definendo il testo poco chiaro in alcuni passaggi chiave come la definizione di cosa debba intendersi per apparecchio televisivo o la tutela della privacy dei cittadini in merito al previsto scambio di dati e d’informazioni fra gli enti coinvolti.

Il Ministero dello Sviluppo Economico dovrà rivedere urgentemente il decreto e poi rinviarlo al Consiglio di Stato per il nuovo parere.

Serve altro tempo ed è quindi probabile che si rinvii a ottobre il pagamento della prima rata del canone.

In un’intervista al Corriere della Sera il Sottosegretario del MiSE Antonello Giacomelli chiarisce già alcuni passaggi del parere del Consiglio di Stato. In particolare riguardo all’esenzione del canone per tablet e smartphoneche non sono in grado di ricevere il segnale del digitale terrestre o satellitare”.

Questo significherebbe che chi guarda un programma Rai via web, vecchie puntate di una fiction, per esempio, o ancora una partita di calcio in diretta (come è avvenuto per i Mondiali) se lo fa da un dispositivo mobile non è tenuto a pagare il canone.

E’, infatti, il possesso di un televisore il requisito per il pagamento del canone, non degli altri device. Nella norma è stata solo aggiunta la presunzione del possesso del televisore che è il contratto di fornitura elettrica e si indica che anche se si possiedono più apparecchi si paga solo una volta.

Gli utenti non pagano quindi per i contenuti Rai che guardano. In altre parole, chi non possiede il televisore non paga il canone ma può continuare a guardare i programmi Rai in streaming.

Un po’ strano.

Il Consiglio di Stato ritiene, infatti, che serva una definizione di cosa debba intendersi per apparecchio tv.

Giacomelli specifica però al Corsera che “non è che manca: è la legge che definisce che cosa è un apparecchio tv e noi non abbiamo cambiato il presupposto. Ma non abbiamo difficoltà a dirlo in modo più esplicito”.

“Già in aula alla Camera il 6 aprile scorso – sottolinea – avevo annunciato l’intenzione del governo di procedere a una più esplicita e meno tecnica definizione di apparecchio televisivo, a una capillare campagna di comunicazione e a una proroga al 15 maggio dei termini per la comunicazione all’Agenzia delle Entrate delle dichiarazioni di esenzione“.

Riguardo i problemi di tutela dei dati privati, il Sottosegretario chiarisce che il MiSE sta già “lavorando con il Garante per valutare tutti i profili per tutelare la privacy”.

In ogni caso Giacomelli precisa che “Quella del Consiglio di Stato non è affatto una bocciatura ma un utile suggerimento di integrazioni e chiarimenti peraltro assolutamente nella prassi dei pareri del Consiglio stesso”.

“E’ un po’ singolare – aggiunge – trasformare nella comunicazione i pareri e i contribuiti consultivi che servono esattamente a migliorare il testo e che sono accolti da noi con spirito costruttivo in una inesistente bocciatura”.

Per il Segretario Generale dell’UNC, Massimiliano Dona, la sospensione del parere di merito rappresenta una “vittoria per i consumatori”. “Ora il Governo ed il Parlamento devono modificare urgentemente la legge di stabilità, rinviando le scadenza della prima rata al mese di ottobre”, indica Dona.

“Erano troppi i quesiti ancora irrisolti. Le dichiarazioni del sottosegretario Antonello Giacomelli, fatta in Parlamento sui device, erano del tutto insufficienti e, soprattutto, non avevano valore legale, dal momento che nel modello di dichiarazione predisposta dall’Agenzia delle entrate si faceva inevitabilmente riferimento alla nota del ministero dello Sviluppo Economico del 22 febbraio 2012, per niente chiara e superata”, prosegue il Segretario dell’Unione Nazionale Consumatori.

“In pratica si costringeva il consumatore, ad es. per le radio, a dichiarare il falso. La nota 2 della dichiarazione predisposta dall’Agenzia delle Entrate, infatti, fa riferimento agli apparecchi indicati nella nota del Ministero per lo Sviluppo Economico del 22/2/2012, nella quale le radio sono indicate tra gli apparecchi atti a ricevere. Di conseguenza, il modello costringeva il cittadino che possiede solo radio (e non deve, quindi, pagare il canone) a dichiarare il falso barrando ugualmente la casella, visto che non esiste altra strada per l’esenzione dal canone”.

Insomma – conclude Dona – come pretendere che il contribuente non faccia una dichiarazione non mendace, se non si spiega chiaramente cosa deve dichiarare?”.

Roberto Tascini, Presidente dell’Adoc, commenta: “Il Consiglio di Stato ha confermato quanto abbiamo sempre ribadito. Il canone Rai in bolletta porta più disagi che miglioramenti. La mancanza di chiarezza sulla definizione di apparecchio televisivo, la possibile violazione della privacy degli utenti, la poca se non assente trasparenza su chi deve o non deve pagare il canone, e come eventualmente dichiarare il non possesso, sono tutte osservazioni sacrosante su aspetti della nuova normativa che ci hanno fin da subito lasciato perplessi”.

Tascini prosegue, sottolineando che “Il Consiglio di Stato ha bocciato la normativa così come è stata formulata. I tempi a disposizione per modificarla sono esigui, considerando che entro l’inizio di maggio devono essere inviate le dichiarazioni di non possesso dell’apparecchio televisivo e che a luglio arriverà la prima bolletta con il canone. A questo punto invitiamo il Governo e le Istituzioni competenti ad adottare la soluzione più saggia e favorevole ai consumatori: bloccare la normativa, fermando l’inserimento in bolletta del canone e lasciando inalterata la cara vecchia soluzione del pagamento con bollettino postale. Siamo sempre convinti, inoltre, che se si vuole veramente combattere l’evasione del canone, l’unico modo certo è ridurre sensibilmente il costo dell’imposta, portandolo a non più di 50 euro annui.”

Con una nota la Slc Cgil evidenzia il mancato coinvolgimento del sindacato nella discussione in corso: “Se il Sottosegretario alle comunicazioni Giacomelli ci avesse invitato alla Consultazione democratica sul futuro del sistema radiotelevisivo del 12 aprile, aperta agli stakeholder, ma esclusi i lavoratori, avremmo potuto ancora una volta dire la nostra, sfruttando competenze ed idee di chi quel sistema lo rende vivo, ne produce i contenuti, ne sostanzia la democrazia.”

La Slc Cgil rilancia su un altro aspetto, quella della difficoltà economica in cui versa la tv pubblica: “Esprimiamo forte preoccupazione per la situazione della Rai ed auspichiamo che non vada a carico della fiscalità generale il reperimento di risorse necessarie per un’azienda ad oggi priva di certezze sul proprio sostegno economico e sul proprio status, a più di un anno e mezzo dalle prime dichiarazioni del Governo sui temi della riforma del sistema radiotelevisivo”.