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Call center, protocollo d’intesa col Governo contro la delocalizzazione (video)

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13 grandi aziende committenti di servizi di call center hanno sottoscritto con il Governo un patto per contrastare la delocalizzazione e la riduzione degli stipendi degli operatori dei call center.

Eni, Enel, Sky, Intesa Sanpaolo, Tim, Fastweb, Poste italiane, Trenitalia, Ntv, Wind Tre, Unicredit, Vodafone, Mediaset, 13 grandi aziende committenti di servizi di call center, hanno sottoscritto oggi a Palazzo Chigi un patto, sostenuto dal Governo, per contrastare la delocalizzazione e la riduzione degli stipendi degli operatori dei call center. Il protocollo è aperto a nuove adesioni.

“È un impegno oneroso per le imprese ma lancia un segnale virtuoso al Paese”, ha detto il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ai rappresentanti delle aziende. “Chi si batte per la società aperta e il libero mercato non è affatto insensibile all’esigenza di tutelare il lavoro”, ha aggiunto il premier.

Cosa prevede il protocollo d’intesa (scarica il PDF)

Il protocollo, che ha la durata di un anno e mezzo, prevede un impegno delle grandi imprese committenti a limitare la delocalizzazione fuori dall’Italia, garantendo che almeno l’80% dei servizi in outsourcing siano effettuati sul territorio nazionale (e almeno il 95% delle attività gestite direttamente). Inoltre i firmatari si impegnano anche a escludere i call center con un costo del lavoro orario inferiore ai parametri di riferimento e a prevedere la cosiddetta “clausola sociale”, per trovare soluzioni di sostegno ai lavoratori in caso di cambio del fornitore di servizi.

“È un segno di grande responsabilità sociale che si è dato a un settore che ha attraversato difficoltà enormi, che occupa 80mila persone ed è molto esposto, più di altri, alla delocalizzazione”, ha dichiarato Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico.

Il video della cerimonia

Call center, i numeri in Italia

Il settore dei call center impiega in Italia circa 80.000 persone, secondo i dati di Palazzo Chigi, in grandissima parte sopra i 30 anni. È un settore ad altissima intensità di lavoro (il costo del lavoro rappresenta il 76%), scosso da una forte crisi di redditività, con un calo di 10 punti percentuali in cinque anni. Nell’ultima legge di Bilancio sono state rafforzate le sanzioni per chi delocalizza in paesi extra-Ue senza comunicazione preventiva. Nei primi quattro mesi dell’anno, ha detto il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, sono state comminate 120 sanzioni.

Assocontact: “Un passo avanti ma occorre una completa riforma del settore”

Assocontact, l’associazione nazionale dei call center in outsourcing aderente a Confindustria Digitale, ha espresso apprezzamento, ma chiede una riforma completa del settore “Oggi più che mai necessario rimettere in equilibrio il mondo dei call center, nel quale il servizio offerto non è ancora remunerato a livelli tali da sostenere l’equilibrio economico delle tante società di out-sourcing che vi operano e che rappresentano, complessivamente, circa 80.000 lavoratori”, ha dichiarato Paolo Sarzana, presidente Assocontact.

Asstel: Positiva l’attenzione del Governo

“E’ un fatto senz’altro positivo che il Governo ai massimi livelli ponga la sua attenzione sullo sviluppo industriale di un comparto, quale quello dei call center,  che rappresenta una componente significativa dei livelli occupazionali di questo Paese ed è un elemento chiave nella sua trasformazione digitale”. E’ la posizione di Assotelecomunicazioni-Asstel espressa in una nota.

“Si tratta di uno strumento del tutto nuovo, anche nell’ottica di un approccio responsabile al business e che comporta un impegno socio economico da parte degli operatori – continua Asstel, che rappresenta in Confindustria l’intera filiera delle telecomunicazioni, associando una parte rilevante della committenza, e del settore dei call center in outsourcing oltre ad essere titolare del contratto nazionale delle telecomunicazioni. L’associazione è pronta a dare il suo contributo nelle sedi in cui verrà chiamata a farlo, in linea con la posizione, già espressa in più occasioni, di arrivare a stabilire una politica industriale per i servizi di customer care, capace di offrire  condizioni strutturali  a sostegno della buona imprenditoria e della crescita di competitività, produttività e qualità. L’obiettivo per il settore deve essere quello di vincere, anche sulla spinta del Piano Industria 4.0, le sfide poste dall’innovazione tecnologica e dalla conseguente evoluzione del business”.