La protesta

Call center in crisi, notte bianca e sciopero il 21 novembre

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I sindacati proclamano una seconda giornata di sciopero nazionale del settore call center il prossimo 21 novembre. Nel mirino il mancato intervento del Governo sulla norme in materia di appalti.

I sindacati tornano in piazza (dopo la manifestazione dello scorso 4 giugno) contro i licenziamenti a catena e le mancate tutele occupazionali che stanno investendo il settore dei call center. Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil hanno proclamato la seconda giornata di sciopero nazionale del settore, con manifestazione in programma a Roma il 21 novembre.

Lo comunicano le sigle sindacali con una nota congiunta, precisando che “Mentre la vertenza che vede contrapposte British Telecom e Accenture con 262 licenziamenti (a Palermo ndr) non ha ancora trovato una soluzione, oggi E-Care ha annunciato la volontà di procedere alla chiusura della sede milanese con il licenziamento di oltre 500 persone. Nelle prossime settimane la chiusura delle gare di Enel, Comune di Roma (per il call center dello 060606 ndr) e il continuo ribasso delle tariffe praticato dai clienti porterà all’esubero di altre centinaia di dipendenti”.

 

Da tempo nel mirino dei sindacati le gare al massimo ribasso per l’affidamento degli appalti e in particolare “l’errata trasposizione della Direttiva Europea 2001/23 sulla tutela dei lavoratori, con la mancata estensione delle tutele previste dall’articolo 2112 del c.c. in occasione della successione o cambio di appalti, che ha creato in Italia un vuoto normativo che consente di creare crisi occupazionali esclusivamente per ridurre il salario dei lavoratori e ridurne i livelli di diritti”.

A ciò si aggiungono gli incentivi per le nuove assunzioni “già oggi previsti dalla legislazione, legge 407/90, per le regioni del sud che prevedono il mancato versamento contributivo per i primi tre anni”.

La crisi occupazionale secondo i sindacati “non è determinata da un calo dell’attività lavorativa, ma dall’opportunità concessa al committente di cambiare liberamente il fornitore del servizio senza essere tenuto a garantire la continuità occupazionale a quei lavoratori che già prestavano la propria attività”.

Dopo una fase di confronto, il tavolo sui Call Center aperto al Mise non è più stato convocato.