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‘Broadbad’. I parlamentari UK contro BT: ‘Ofcom acceleri lo scorporo della rete’

Nel Regno Unito si infiamma il dibattito sulla separazione della rete dell’ex monopolista BT. La polemica, innescata qualche mese fa dai concorrenti di BT, riprende quota in seguito alla pubblicazione di un rapporto del British Infrastrucuture Group (BIG) – un gruppo trasversale di parlamentari – battezzato provocatoriamente ‘BroadBad’.

Il rapporto evidenzia come nonostante i fondi pubblici per 1,7 miliardi di sterline stanziati per la costruzione della rete in fibra ottica, ci sono ancora 5,7 milioni dei cittadini britannici che non dispongono di accesso a internet a 10Mbps, la velocità minima ‘accettabile’ richiesta dal regolatore del mercato. Problema ancora peggiore, prosegue il rapporto, è quello che riguarda i problemi di connessione denunciati dal 42% delle PMI, per un danno di produttività stimato in 11 miliardi di sterline per l’economia britannica.

La soluzione? L’Ofcom, spiega British Infrastrucuture Group, dovrebbe intraprendere “un’azione radicale contro in ‘monopolio naturale’ troppo a lungo goduto da BT Openreach”, divisione attraverso cui BT offre ai rivali accesso all’ingrosso alla rete fissa.

Dal momento che le moderne economie fanno ormai affidamento su internet per crescere ed essere competitive, è ora di frenare la mancanza di ambizione e di investimenti da parte di BT, che si ripercuote su tutta l’economia.

“Crediamo che la Gran Bretagna debba essere leader mondiale dell’innovazione digitale. invece abbiamo un monopolio aggrappato a una tecnologia obsoleta basata ancora sul rame e senza un progetto a lungo termine per il futuro”, si legge nel rapporto, che incita ad accelerare la conversione verso una rete interamente in fibra ottica che permetta al paese di recuperare il gap con le altre nazioni già molto più avanzate in termini di infrastrutture digitali.

Un obiettivo, prosegue il gruppo, che potrà essere raggiunto soltanto aprendo il settore alla concorrenza: “Dati tutti i ritardi e le opportunità mancate – sottolineano i parlamentari – crediamo che solo una separazione formale di BT da Openreach…potrà creare il servizio a banda larga che i nostri elettori e le nostre aziende chiedono”.

BT, che nelle scorse settimane ha ricevuto il via libera per l’acquisizione dell’operatore mobile EE – è stato accusato dai concorrenti di aver generato, grazie a Openreach, profitti ‘eccedenti’ per 6,5 miliardi di sterline: un vantaggio abusivo sui concorrenti che offrono servizi a banda larga.

Questi ultimi hanno quindi chiesto a gran voce la separazione della rete. Un’ipotesi che tuttavia non sembra aver ricevuto grandi consensi in seno al governo: il ministro Ed Vaizey, in particolare, ha definito lo spin off di Openreach, “un’impresa enorme, incredibilmente lunga e potenzialmente molto controproducente”.

Sono in molti comunque a credere che il via libera all’acquisizione di EE sia il contrappeso per aprire la strada alla separazione della rete.

In sua difesa, BT ha bollato il rapporto del British Infrastrucuture Group come “fuorviante e inopportuno”, infarcito di errori e inesattezze. A partire dall’entità dei finanziamenti pubblici, che non sarebbero di 1,7 miliardi di sterline ma di ‘soli’ 700 milioni.

“Prendiamo le critiche molto sul serio, ma non quelle fuorvianti e inaccurate”, ha ribattuto BT, sottolineando che sia i dati dell’Ofcom che quelli della Ue “pongono il Regno Unito ai primi posti sia per la banda larga che per la fibra, rispetto alle altre maggiori economie europee”.

Secondo la società, il cui modello di separazione della rete è stato spesso indicato come modello anche in Italia, il 90% per cento degli edifici del Regno Unito può già accedere a una connessione a banda larga in fibra ottica. “…Comprendiamo l’impazienza per l’accelerazione del progresso, ma l’evoluzione della banda larga è un grande progetto di ingegneria che include notevoli sfide fisiche e geografiche”.

L’idea che ci sarebbero più investimenti nella banda larga se la divisione Openreach diventasse indipendente è “semplicemente sbagliata” perché, conclude BT, “una società autonoma più piccola e debole faticherebbe a investire tanto quanto fa adesso”.

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