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Brasile, lo scandalo delle carni mette in allarme il governo

20 mar 11:11 – (Agenzia Nova) – Per rassicurare definitivamente sulla bonta’ delle carni brasiliane – gravate dall’ombra di una pesante frode alimentare -, il presidente Michel Temer ha organizzato una cena in una churrascaria invitando diversi ambasciatori di paesi importatori. Peccato che, scrive “O Estado de S. Paulo” suscitando la piccata smentita della presidenza brasiliana, la steak house scelta per l’evento non userebbe carni nazionali ma importate. Il caso era esploso venerdi’ con la presentazione dei risultati di una indagine durata un paio d’anni, culminata nell’emissione di alcuni mandati di cattura e nella messa a fuoco svariate irregolarita’: dall’uso di tagli non legali come la testa di maiale negli insaccati, all’alterazione delle date di scadenza e conservazione, all’utilizzo di sostanze per coprire i segni evidenti di deterioramento del prodotto. Un fascicolo che parla anche di un non meglio identificato porto italiano in cui sarebbe stato scaricato un lotto di carni alla salmonella. Un po’ ovunque nel mondo, politici e operatori di import-export hanno drizzato le antenne e chiesto spiegazioni, preoccupati anche delle notizie che coinvolgevano nelle frodi giganti del settore come Jbs e Brasil Food. Domenica e’ partita la controffensiva del governo. Temer ha organizzato una conferenza stampa nella quale ha chiarito che delle 4.837 celle frigorifere industriali presenti nel paese, solo 21 sono interessate dalle indagini e negli ultimi sessanta giorni, solo da sei di queste sarebbero partite carni sospette. Il ministero dell’Agricoltura ha promesso che entro lunedi’ fara’ sapere in quali paesi potrebbero essere arrivate la carni sospette. In gioco c’e’ un settore corposo dell’export brasiliano, e il governo si impegna per difenderlo a fondo. Nel 2016 sono state effettuate 853 mila spedizioni di prodotto animale dal Brasile e solo 184 sono state respinte dagli importatori per piccole imperfezioni formali ma “non per cause sanitarie”, ha spiegato il capo di Stato annunciando una task force speciale che accelerera’ le indagini sul caso. Le risposte degli interlocutori internazionali sono al momento caute, spiega “o Estado”. “Gli ambasciatori dell’Unione europea Joao Gomes Cravinho e il cinese Li Jinzhang hanno fatto chiaramente capire che le spiegazioni non sono sufficienti. Entrambi aspettano una ‘spiegazione tecnica’ ufficiale ‘dettagliata’ del governo” e il rappresentante di Bruxelles “non esclude la possibilita’ di sospendere l’acquisto della carne”.

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Usa, la Casa Bianca prova a stringere il cappio sulle agenzie governative

20 mar 11:11 – (Agenzia Nova) – L’amministrazione del presidente Usa Donald Trump e’ ancora alle prese con l’ostruzionismo della minoranza democratica al Senato sul fronte delle nomine, e’ ancora sguarnita di figure cruciali ai vertici delle agenzie governative; per far fronte a questa carenza di organico, e tentare di arrestare la fuga di notizie da parte della burocrazia federale, che negli ultimi mesi ha tentato con tutti i mezzi di ostacolare l’azione di governo, la Casa Bianca ha mobilitato una coorte di consiglieri e consulenti politici incaricati di esercitare una rigida supervisione sull’operato dei funzionari ministeriali. Stando a fonti anonime della “Washington Post”, pero’, questo tentativo di “eterodirezione” delle agenzie da parte della Casa Bianca sta creando tensioni all’interno della stessa amministrazione. All’Agenzia per la protezione ambientale (Epa), ad esempio, il direttore Scott Pruitt, nominato da Trump e inviso al personale dell’agenzia, avrebbe ricevuto una mole tale di “consigli non richiesti” da parte del suo “supervisore politico” da averlo estromesso dalle riunioni dello staff dopo meno di un mese. Al Pentagono, invece, l’ex ufficiale dei Marine e pilota militare incaricato dalla Casa Bianca di supervisionare l’operato del ministero e’ gia’ stato spregiativamente soprannominato “il commissario”. I segretari del gabinetto Trump, affermano le fonti citate dal quotidiano, hanno alle loro spalle un vero e proprio “governo ombra” di consulenti politici nominati direttamente dalla Casa Bianca, onnipresenti alla porta dei loro uffici o addirittura all’interno. Sino ad ora, la Casa Bianca avrebbe inviato 16 di questi consiglieri presso altrettanti dipartimenti ed agenzie, inclusa la Nasa. Queste figure non fanno capo ai segretari o ai direttori di agenzia, ma direttamente all’Ufficio per gli affari di gabinetto della Casa Bianca, affidato al vicecapo dello staff presidenziale Rick Dearborn. Un suo collaboratore, prosegue la “Washington Post”, tiene una videoconferenza con i consiglieri distaccati ogni settimana. Ufficialmente, la funzione di queste figure e’ di fare da tramite tra le agenzie e la Casa Bianca per le questioni politiche; in realta’, sostiene il quotidiano, il loro incarico e’ differente: vigilare che l’agenda presidenziale non venga stravolta dai singoli rami del governo chiamati a darle concreta attuazione. “Credo sia una strategia intelligente, specie all’inizio, quando e’ in corso una transizione verso politiche radicalmente differenti”, commenta un ex consulente della campagna elettorale di Trump, Barry Bennett. “Dal momento che mancano ancora molti funzionari di alto livello, e’ necessario che qualcuno faccia da voce e orecchi della Casa Bianca sulla scena”. La strategia adottata dall’amministrazione Trump, sottolinea pero’ la “Washington Post”, e’ irrituale, e non trova alcun corrispondente negli insediamenti a Washington di Barack Obama, George W. Bush o BIll Clinton.

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Usa, Neil Gorsuch verso la conferma a giudice della Corte Suprema

20 mar 11:11 – (Agenzia Nova) – L’audizione al Senato per la conferma di Neil Gorsuch a giudice della Corte Suprema Usa, fissata per oggi, da’ al presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, la prima vera occasione di lasciare un’impronta durevole sul sistema delle corti federali Usa, e ai Repubblicani di testare quanto davvero controllino le leve del potere di Washington. Gorsuch, giudice di una corte d’appello federale del Colorado, e’ apprezzato dagli attivisti conservatori per le sue credenziali: alle spalle il giudice ha oltre un decennio di sentenze moderate, ma di orientamento chiaramente conservatore, e una visione del diritto costituzionale affatto analoga a quello del giudice della Corte Suprema Antonin Scalia, morto all’inizio dello scorso anno, e cui Gorsuch e’ stato chiamato a succedere. Al contempo, pero’, Gorsuch e’ noto per la sua apertura al dialogo e la sua onesta’ intellettuale, che in passato gli sono valse in piu’ occasioni l’apprezzamento dei Democratici. Propri nomina di Gorsuch ha messo in difficolta’ proprio questi ultimi, divisi tra la stima che hanno gia’ riconosciuto al giudice e l’opposizione intransigente al presidente Donald Trump. Akhil Amar, professore di Diritto di Yale che fornisce consulenza legale ai senatori Democratici in materia di nomine giudiziarie, ha riconosciuto a Gorsuch “modestia e umilta’, in aggiunta alle sue competenze”. Il tentativo di una parte dei Democratici, in particolare quelli di orientamento progressista, di dipingere il giudice come un “ideologo senza cuore” non sembrano aver fatto presa sul partito nel suo complesso. 49 anni, figlio di un avvocato di Denver, David Gorsuch, e di Anne Gorsuch Burford, uno degli esponenti piu’ intransigenti e provocatori dell’amministrazione presidenziale Reagan, Gorsuch ha attraversato una fase di militanza conservatrice nel periodo universitario; molti tra quanti lo hanno conosciuto allora, scrive il “Wall Street Journal”, ritengono quella fase una reazione agli eccessi ideologici di senso opposto del mondo accademico statunitense. Oggi il senatore repubblicano Lindsay Graham, uno degli esponenti conservatori piu’ critici nei confronti di Trump, definiscono la nomina di Gorsuch “la cosa migliore che il presidente abbia fatto sinora”. Le difficolta’, oggi, non mancheranno, come ha lasciato intendere la leader dei Democratici alla commissione Giustizia del Senato: “Gorsuch e’ un enigma”, ha detto la senatrice. “Sara’ necessario mettere assieme i pezzi e completare il puzzle, prima di poter comprendere che genere di profilo avremo alla Corte Suprema”.

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Spagna, la Catalogna e la via scozzese al referendum sull’indipendenza

20 mar 11:11 – (Agenzia Nova) – Il governo della Catalogna, la regione che ha per capitale Barcellona, lo dice da mesi: il 2017 e’ l’anno in cui si celebrera’ il referendum per l’indipendenza. Il governo nazionale non ne vuole pero’ sentir parlare e oggi i catalani – forti della nuova chiamata separatista alle urne annunciata dalla primo ministro scozzese Nicola Sturgeon – lanciano un’altra offensiva: una lettera aperta al quotidiano “El Pais” per chiedere a Madrid di marciare assieme per un “referendum concordato”. Le differenze non sono gravi in se’, ma lo diventano “se non si trova insieme il modo di affrontarle”, spiegano il governatore Carles Puigdemont e il suo vice Oriol Junqueras. La strategia – spiega la testata presentando l’articolo – e’ quella di incatenare il governo nazionale alla sua “preoccupante mancanza di volonta’ di dialogo”, disegnando in anticipo lo scenario di responsabilita’ quando, di fronte alla mancanza di accordi, Barcellona fara’ “l’indicibile” per celebrare il referendum. “Noi siamo gia’ seduti al tavolo del dialogo. Dobbiamo aspettare ancora molto tempo gli altri invitati?”, si legge nell’articolo. E ancora, rivolti alla societa’ spagnola: “Quando sara’ troppo tardi, per favore non guardate noi. Siate, per una volta, cosi’ esigenti, critici e implacabili con i vostri governanti cosi’ come lo siete stati con noi”. Il presidente del governo Mariano Rajoy ha piu’ volte detto che non ha nessuna intenzione di parlare del tema, non foss’altro perche’ non e’ in suo potere decidere su una questione di sovranita’ statale. Ma Puigdemont e Oriol insistono: “Il governo del Regno Unito e la Scozia hanno accordato un referendum” con una domanda semplice: “la Scozia dovrebbe essere un paese indipendente si o no?”. “C’e’ stato accordo perche’ c’era la volonta’ politica di convocare e permettere il referendum”. Un parallelo impercorribile, scrive il quotidiano conservatore “El Mundo”, ricordando che la stessa Sturgeon ha avvertito che la “Scozia non e’ la Catalogna”. L’articolo ricorda che nel Regno Unito non esiste come in Spagna una Costituzione che “proclama la indivisibilita’ delle nazione e attribuisce allo Stato (Corona, governo e Parlamento) la competenza esclusiva in materia di referendum”

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Regno Unito, Sturgeon disponibile a discutere del rinvio del referendum sull’indipendenza scozzese

20 mar 11:11 – (Agenzia Nova) – Nicola Sturgeon, prima ministra della Scozia e leader del Partito nazionale scozzese (Snp), parlando al congresso della sua formazione politica, si e’ dichiarata disponibile a una “ragionevole” discussione con la premier del Regno Unito, Theresa May, sul rinvio del referendum per l’indipendenza, ma ha ribadito che non potra’ essere rimandato troppo a lungo. Inizialmente Sturgeon aveva chiesto un voto nel 2018, prima della Brexit, ma ieri, dopo che May ha escluso una campagna referendaria durante i negoziati per l’uscita dall’Unione Europea, ha accennato alla possibilita’ di attendere un altro anno. Secondo la leader scozzese sta alla premier fare una proposta riguardo ai tempi sulla quale confrontarsi: “Se pensa alla primavera del 2019, un po’ piu’ in la’ di quanto proponessi, puo’ esserci qualche margine di discussione. Tuttavia, mi sembra che sarebbe fondamentalmente ingiusto se il governo del Regno Unito, con la Brexit che affonda la nave, cercasse di togliere alla Scozia una scialuppa di salvataggio”, ha dichiarato, aggiungendo che un rinvio al 2021, alla prossima legislatura scozzese e due anni dopo l’uscita dall’Ue, non sarebbe accettabile. Ruth Davidson, leader dei conservatori scozzesi, ha ribadito la sua opposizione al referendum e contestato che l’Snp sia la voce della Scozia; ha sottolineato, inoltre, di non aver avuto risposte da Edimburgo su alcuni interrogativi basilari legati all’eventuale indipendenza, come la moneta, la banca centrale e il ritorno nell’Ue. Sulla questione scozzese e’ intervenuto anche l’ex primo ministro laborista Gordon Brown, invocando la devoluzione di ulteriori poteri alla nazione costitutiva. Secondo un sondaggio di Opinium per il settimanale “The Observer”, il 54 per cento dell’opinione pubblica ritiene che le possibilita’ di una rottura dell’integrita’ dello Stato siano aumentate e il 45 per cento si aspetta, nel caso di un secondo referendum, l’affermazione degli indipendentisti.

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Regno Unito, May in tour nel paese per esaltare i vantaggi della Brexit

20 mar 11:11 – (Agenzia Nova) – La premier del Regno Unito, Theresa May, riferisce il “Financial Times”, comincia oggi un tour del paese, dopo una settimana turbolenta, segnata dalla richiesta scozzese di un secondo referendum sull’indipendenza, e prima di invocare la clausola di uscita dall’Unione Europea, a fine mese. La tappa iniziale e’ il Galles, dove, accompagnata dal segretario per la Brexit, David Davis, e dal segretario per il Galles, Alun Cairns, incontrera’ il primo ministro gallese, Carwyn Jones. La visita coincide con la firma di un accordo da 1,3 miliardi di sterline tra la citta’ di Swansea, il governo gallese e quello centrale per la creazione di novemila posti di lavoro nella regione. Prima di partire, la leader di Downing Street ha ribadito l’impegno a preservare e rafforzare l’integrita’ nazionale e a trovare una soluzione per il dopo Ue che funzioni per tutti. Il leader liberaldemocratico Tim Farron, invece, parlando al congresso del suo partito, la ha accusata di perseguire “un’aggressiva agenda nazionalista”, che ricorda quelle di Donald Trump, presidente degli Stati Uniti; Vladimir Putin, presidente della Russia, e Marine Le Pen, candidata alla presidenza della Francia: secondo Farron, May fa parte del “nuovo ordine mondiale” di destra caratterizzato dal nazionalismo, dall’autoritarismo e dal protezionismo. Critico anche l’ex premier laborista Tony Blair, per il quale il popolo britannico potrebbe rimpiangere la scelta della Brexit quando ne percepira’ gli effetti negativi e potrebbe essere troppo tardi per tornare indietro.

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Ancora tensioni tra Turchia e Germania, Erdogan accusa Merkel di “metodi nazisti”

20 mar 11:11 – (Agenzia Nova) – Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, in un discorso trasmesso dalla televisione nazionale turca, ha personalmente accusato il cancelliere tedesco Angela Merkel di usare “metodi nazisti”. Il riferimento e’ alla proibizione per i ministri turchi di tenere comizi politici in Germania, in vista del referendum sulla riforma in senso presidenziale della Costituzione turca. Le affermazioni capo di Stato turco hanno indignato Berlino. Ad Erdogan ha risposto anche il candidato al cancellierato dell’Spd Martin Schulz: “Bisogna chiaramente dire al signor Erdogan che non puo’ comportarsi cosi’. Non dovremmo accettare che metta gli uni contro gli altri i cittadini turchi e la Nato. La sua strategia prima o poi avra’ un esito negativo”. Schulz, pero’, non ha risparmiato critiche nemmeno al cancelliere tedesco Merkel: “Un cancelliere federale deve mostrare una posizione chiara quando si tratta della difesa dei nostri valori fondamentali”. I turchi saranno chiamati alle urne il 16 aprile per esprimersi in merito alla riforma che accentrerebbe i poteri nelle mani del presidente. In Germania i cittadini Turchi con diritto di voto sono 1.4 milioni.

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Germania, ministro Difesa von der Leyen risponde a Trump: “Non vi e’ alcun debito nella Nato”

20 mar 11:11 – (Agenzia Nova) – “Non vi e’ alcun debito a causa della Nato”, con queste parole il ministro della Difesa tedesco, Ursula von der Layen, ha risposto alle accuse del presidente statunitense Donald Trump, secondo cui la Germania la Germania “deve ingenti somme di denaro alla Nato e agli Stati Uniti per la potente, ma costosa, difesa che le garantiamo”.I criteri fissati dalla Nato non dovrebbero essere l’unico metro di misura degli sforzi militari tedeschi, ha affermato von der Leyen, aggiungendo che “Non esiste alcun conto dove siano registrati i debiti in seno alla Nato”. La posizione posizione espressa dal presidente degli Stati Uniti e’ stata duramente criticata da politici tedeschi di tutti gli schieramenti “Sarebbe auspicabile in un momento cosi’ confuso impostare valori comuni piuttosto che additare presunte colpe”, ha dichiarato a “Reuters” il vice capo gruppo dell’Spd per la politica estera presso il Bundestag Rolf Muetzenich. Il cancelliere tedesco Angela Merkel, in visita a Washington venerdi’ scorso, si era detto disponibile a un ulteriore aumento della spesa militare. Il ministro degli Esteri Sigmar Gabriel (Spd) ha riferito alla “Rhein Neckar Zeitung”: “Una politica di sicurezza ragionevole non puo’ ridursi a un aumento indiscriminato della spesa, ma puntare alla prevenzione delle crisi, alla stabilizzazione degli Stati deboli, allo sviluppo economico e alla lotta contro la fame, contro il cambiamento climatico e contro la mancanza d’acqua”. Il ministro von der Layen ha ribadito: “La Germania e’ impegnata nelle missioni di pace delle Nazioni Unite, nelle missioni europee e da’ il proprio contributo alla lotta contro il terrorismo”. Il coordinatore federale per le politiche transatlantiche, Juergen Hardt, ha commentato: “Il presidente Trump sa, come i suoi predecessori, che la forza militare statunitensiee’ impegnata in primo luogo nell’interesse stesso degli Stati Uniti”. Critiche alle affermazioni del Presidente Usa sono arrivate anche dal capofila della politica estera dei Verdi, Omid Nouripour: “Una politica internazionale intelligente non e’ misurata dal credito e dal debito. Il due per cento non dice nulla circa la sicurezza internazionale. Ed e’ sbagliato pensare che, anche quand’anche la Germania raggiungesse il 2 per cento di spesa, Trump la lascerebbe in pace”, ha dichiarato.

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Francia, stasera il dibattito tv a cinque che potrebbe cambiare la campagna presidenziale

20 mar 11:11 – (Agenzia Nova) – E’ un appuntamento inedito nella storia della vita politica francese, che potrebbe cambiare il corso della campagna per le elezioni presidenziali di aprile-maggio: cosi’ il quotidiano “Le Parisien” presenta il dibattito televisivo che stasera lunedi’ 20 marzo per la prima volta vedra’ tutti insieme i principali candidati scontrarsi nell’arena della rete privata “Tf1”; in passato infatti le televisioni francesi avevano dedicato ai candidati presidenziali solo delle “tribune elettorali” individuali, e l’unico dibattito era il duello finale tra i due che si affrontavano al secondo turno elettorale di ballottaggio. Sull’onda del successo registrato dai dibattiti televisivi organizzati nel quadro delle primarie del centro-destra e del Partito socialista, che hanno attirato milioni di telespettatori davanti agli schermi e che si sono rivelati determinanti nella scelta degli elettori, quest’anno saranno addirittura tre i dibattiti a piu’ voci in vista del primo turno elettorale del 23 aprile prossimo: dopo quello di stasera, ce ne sara’ uno organizzato il 4 aprile dalle reti “BfmTv” e “CNews”, anch’esse private, ed un ultimo il 20 aprile sulla rete pubblica “France 2”. I primi due appuntamenti sono riservati ai cinque candidati principali: la leader del Front national Marine Le Pen, l’indipendente di centrosinistra Emmanuel Macron, il candidato del centro-destra François Fillon, quello socialista Benoit Hamon e l’esponente dell’estrema sinistra Jean-Luc Me’lenchon. Protestano gli altri sei candidati “minori” ammessi alle elezioni, “scartati” dalle reti private a causa degli scarsi consensi che vengono loro attribuiti dai sondaggi sulle intenzioni di voto; potranno comunque consolarsi piu’ avanti: tutti e undici saranno presenti all’ultimo dibattito su “France 2”. Per quelli ammessi al “casting” di stasera, l’appuntamento e’ gia’ cruciale e segnera’ il vero inizio di una campagna elettorale diversissima dal passato: come mai era successo prima, scrive sul “Parisien” Olivier Beaumont, finora e’ stata segnata dagli scandali, dal declino dei partiti politici tradizionali e dal rischio di un’astensione record che rende incertissimo l’esito del primo turno. Per i “magnifici cinque” l’obbiettivo di stasera e’ chiaro ed e’ uguale per tutti: segnare dei punti, marcare le differenze. Semmai ci sara’ un surplus di attenzione nei riguardi di tre candidati in particolare: Macron, l’Ufo politico che intende trascendere la divisione destra-sinistra e che dovrebbe essere al centro degli attacchi incrociati di tutti gli altri; Fillon, indebolito dal “Penelope-gate” ma comunque determinato a far valere quel “progetto di rottura” sul quale lavora da quattro anni; e naturalmente Marine Le Pen, sola donna presente allo scontro catodico di stasera e leader di un Front national che non e’ mai stato cosi’ vicino alla conquista dell’Eliseo.

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Dei siriani partono senza rischi verso una nuova vita in Italia

20 mar 11:11 – (Agenzia Nova) – Grazie ad una iniziativa lanciato l’anno scorso dal governo italiano, gia’ quasi 700 profughi siriani hanno ottenuto un visto umanitario di un anno che consente loro di avviare il percorso per chiedere il diritto permanente di asilo in Italia: il quotidiano francese “Le Parisien” dedica a questa iniziativa italiana un reportage nella capitale del Libano Beirut tra i profughi siriani diretti in varie citta’ italiane realizzato dall’agenzia di stampa “France Presse” (Afp), che ne ha registrato le storie e le speranze. L’articolo definisce “inedito in Europa” il programma con cui l’Italia ha aperto una “terza rotta” che evita ai profughi il penoso percorso di reinstallazione condotto dalle Nazioni Unite e fornisce un’alternativa sicura ai gommoni stracarichi a rischio di affondamento nel tentativo di raggiungere l’Europa. Centinaia di persone sono arrivate negli ultimi anni in Europa in condizioni drammatiche e circa 4 mila e 500 hanno perso la vita tentando la fortuna, ricorda il “Parisien”, aggiungendo come il Libano, che conta 4,5 milioni di abitanti, da solo ospita attualmente circa un milione di profughi siriani. Per i membri di Mediterranean Hope, una squadra di quattro persone che in Libano coordinano la reinstallazione in Italia, il “corridoio umanitario” che hanno creato e’ la giusta soluzione; una di loro, Sara Manisera, spiega all’Afp come funziona: loro intervistano migliaia di profughi per poi scegliere i nomi di quelli da suggerire all’ambasciata d’Italia per la concessione del visto. L’iniziativa e’ organizzata in collaborazione con la Comunita’ di Sant’Egidio, con la federazione delle chiese evangeliche e con la Chiesa Valdese: “E’ sicuro per loro e legale per noi” dicono a Mediterranean Hope.

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