Bioinformatica

Brainoware. Il nano computer ibrido, mix tra neuroni e chip (video)

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Un nuovo prodotto della bioinformatica più avanzata, si tratta di Brainoware, biomacchina che lavora come tutti gli altri computer. Smirnova (Johns Hopkins University): “Questa ricerca genererà intuizioni fondamentali sui meccanismi di apprendimento, sullo sviluppo neurale e sulle implicazioni cognitive delle malattie neurodegenerative".

LA RICERCA PUBBLICATA SU NATURE ELECTRONICS

Ecco l’organoide Brainoware

Assemblati in un organoide, le cellule nervose e i chip elettronici iniziano ad interagire, dando vita a un mini-computer ibrido. Questo il risultato annunciato dal gruppo di ricerca guidato da Feng Guo, dell’Università Bloomington nell’Indiana, e pubblicato sulla rivista scientifica Nature Electronics.

Il nano computer in questione, come tutti i suoi cugini più grandi, è in grado di eseguire diversi compiti, tra cui i calcoli necessari per il riconoscimento vocale e per risolvere alcune classi di problemi.

Si tratta di prime applicazioni della bioinformatica, un’area di ricerca interdisciplinare che si occupa di sviluppare nuovi algoritmi, metodologie e strumenti per estrarre nuova conoscenza dai dati biologici. Per raggiungere questo obiettivo si creano gli organoidi, aggregati di cellule che assumono spontaneamente una precisa conformazione tridimensionale, finendo con l’assomigliare a organi in miniatura.

Bioinformatica, medicina e salute

Potrebbero volerci decenni prima che di poter realizzare sistemi generali di bioinformatica, ma – ha commentato Lena Smirnova, dell’Università Johns Hopkins a Baltimora – questa ricerca probabilmente genererà intuizioni fondamentali sui meccanismi di apprendimento, sullo sviluppo neurale e sulle implicazioni cognitive delle malattie neurodegenerative“.

All’interno del nano computer sono stati integrati chip e neuroni per lavorare assieme, nello specifico, in laboratorio, si sfrutta questa biomacchina per svolgere operazioni di riconoscimento vocale su 240 brani audio registrati da 8 persone diverse per individuare e riconoscere i suoni della lingua giapponese.

Come ha spiegato la ricercatrice della Johns Hopkins, però, tra gli obiettivi principali della ricerca c’è l’impiego della bioinformatica per la ricerca medica e lo sviluppo di nuove cure per malattie neurodegenerative molto gravi, tra cui Alzheimer e Parkinson.

Neuroni artificiali

Un team di studiosi la ricerca portata avanti da studiosi dell’Università di Linkoping in Svezia, che all’inizio del 2023 hanno annunciato la creazione di neuroni artificiali.

Una soluzione che un giorno potrebbe non solo esser utile nella ricerca medico-scientifica, ma anche per lo sviluppo di cervelli artificiali, magari utilizzabili da macchine industriali o impiegate in chirurgia o nella logistica.

In campo medico, queste cellule cerebrali artificiali si pensa daranno un enorme contributo nella ricerca delle cure più efficaci contro le malattie neurodegenerative più gravi, come il Parkinson o l’Alzheimer, ma ugualmente potrebbero avere un ruolo chiave nello sviluppo delle intelligenze artificiali di prossima generazione.