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Braccialetti anti Covid-19 per i bambini a scuola. I dubbi di 5 esperti privacy

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Una scuola dell’infanzia paritaria nel Varesotto ha acquistato i dispositivi con l’obiettivo, da quando ripartirà la didattica in classe, di farli indossare dai bambini, con età 4-6 anni, dalle maestre e in generale da tutto il personale per facilitare il rispetto del distanziamento sociale. 

“L’iniziativa sarà sviluppata e spiegata come se fosse un gioco, evitando qualsiasi rischio di ansie per le misure anti-contagio, attraverso le nostre psicologhe e le pedagogiste e lo scopo per i bimbi sarà appunto quello di non far illuminare i propri braccialetti”, ha dichiarato il presidente della scuola. Non facciamo il suo nome né quella della scuola per evitare di fare pubblicità gratuita all’iniziativa. Il nostro obiettivo è analizzare gli aspetti critici legati alla privacy di chi dovrebbe indossare i braccialetti ed analizzare il trend in crescita.

I dispositivi sono già stati acquistati, costeranno alle famiglie un supplemento di circa 10 euro sulla retta mensile.

Come funziona il braccialetto?

Una volta impostata la misura di un metro minimo di distanza tra loro, i bracciali vibrano e si illuminano se le persone superano la soglia. Già è possibile immaginare che i bambini per “giocare” si avvicineranno continuamente a meno di un metro per sentire vibrare e vedere illuminati i braccialetti. Ma non è questo l’aspetto che preoccupa di più dal punto di vista della privacy.

La raccolta dei dati?

Il dispositivo, si legge sul sito dell’azienda che lo realizza, memorizza internamente ID, giorno, ora e tempo di contatto con gli altri braccialetti con cui entra in prossimità.

Infine, “il sistema si serve anche di una app che a distanza permette di monitorare i contatti tra i piccoli nell’istituto scolastico, utile anche se dovessero manifestarsi verifiche su eventuali casi di positività, compreso il personale”.

In sostanza, se un bambino o una maestra dovesse risultare positivo al Covid-19, l’app consente ricostruire i contatti avuti con altri utenti e quindi identificare ed isolare potenziali focolai e fornire i dati su richiesta all’organo governativo. Il funzionamento è simile all’app Immuni, che il Governo vorrebbe sviluppare a livello nazionale su base volontaria, ma non sui bambini che non sono possessori di uno smartphone. 

Il commento di 5 esperti privacy

Sugli aspetti critici dei braccialetti che la scuola dell’infanzia di Castellanza vorrebbe far indossare ai bambini dai 4 ai 6 anni e al personale abbiamo chiesto un commento a 5 esperti di protezione dei dati personali.

Alessandro Del Ninno, Studio Legale Tonucci & Partners:

“Stiamo assistendo ad un mercato privato che sta andando molto più veloce del pubblico, il riferimento è all’impantanamento di Immuni, sulla realizzazione di soluzioni tecnologiche per garantire il distanziamento sociale. Tuttavia, queste soluzioni di privati che stanno emergendo nel settore del lavoro e in quello scolastico, sollevano molti dubbi, in assenza di informazioni dettagliate, come la pubblicazione da parte dei titolari del trattamento privato delle valutazioni d’impatto. L’assenza di queste informazioni precise sul reale funzionamento dell’app, associata a braccialetti elettronici, solleva molto interrogativi sia dal punto di vista dello Statuto dei lavoratori (come l’applicazione controlla il personale della scuola e come avviene la gestione dei dati) sia dal punto di vista della normativa privacy. Dunque, appare che il mercato privato si stia muovendo in modo disallineato rispetto al quadro normativo, che pur in emergenza, non consente di derogare allo Statuto dei lavoratori e al GDPR e soprattutto gli uffici scolastici regionali e il Garante privacy non appaiono essere stati coinvolti nella realizzazione di questi device. È vero che non è più obbligatorio l’interpello al Garante per farsi autorizzare, ma adesso è obbligatorio effettuare la valutazione d’impatto (DPIA)E non credo che l’assessment del rischio e la DPIA nel caso dei braccialetti legati all’app per il distanziamento sociale abbiano avuto una valutazione positiva. L’articolo 36 del GDPR prevede che se non hai la valutazione d’impatto con esito positivo occorre rivolgersi al Garante e questo è un caso tipico, secondo il mio punto di vista, perché emergono problemi di Statuto dei lavoratori, di controllo in tempo reale e prolungato a distanza e di un’app che non si sa come funziona esattamente”. 

Andrea Lisi, presidente di ANORC Professioni:

“Ovvio che per avviare queste iniziative occorre fare un bilanciamento degli interessi in gioco e informare correttamente i genitori, non tanto i bambini. Giusto che per loro sia un gioco, ma corretto anche far comprendere in trasparenza i dettagli tecnici dell’app che sta dietro questa operazione che può comunque rivelarsi utile nella lotta al virus.

La tecnologia può essere un’ottima alleata nel nostro Sistema Paese per combattere la pandemia, ma occorre avere un atteggiamento responsabile e trasparente verso tutti i cittadini in modo che siano coinvolti sin dall’inizio nell’avvio di questi progetti. Magari si fosse fatto così con l’app Immuni…
Le tecnologie non sono mai buone o cattive. La valutazione dipende sempre da come si utilizzano, per quali scopi, in che contesto… Se l’asilo avesse acquistato tanti singoli box per bimbi con giochi interni per farli divertire in sicurezza avremmo commentato che sono stati messi in prigione?
Eppure i box per bimbi li utilizzano tutti più o meno…ma pensiamo anche a un paio di manette. Possono essere uno strumento di repressione sociale oppure per alcuni un gioco sessuale, libero e consapevole!
Quindi si valuta in trasparenza lo spirito dell’iniziativa (ammesso che davvero ci sia questa intenzione), si ragiona sull’opportunità e sui rischi e si prendono decisioni consapevoli.
Non si può mai criticare una tecnologia apoditticamente.”

Luca Bolognini, presidente dell’Istituto Italiano per la privacy e la valorizzazione dei dati:

“È molto positiva questa idea di abituare i piccoli bambini alla sorveglianza elettronica. Il braccialetto, ma anche un collare, perché no? La tecnologia può insegnare loro ad essere obbedienti e a temere l’altro da sé, ma in totale sicurezza. Un’altra idea potrebbe essere esporre fotografie-choc di persone malate sulle confezioni delle merendine, come sui pacchetti di sigarette, perché no? Sono, naturalmente, amaramente ironico. Si fermi questo progetto, se il progetto esiste davvero, prima che sia troppo tardi.”

Filippo Bianchini, avvocato cassazionista e consulente in materia di protezione dati

Si tratta, a mio avviso, di un fatto grave che non può passare sotto silenzio.
Anzitutto, con l’idea di rendere il distanziamento sociale un gioco, si permette di inculcare l’idea sottile che la sorveglianza continua, in fondo, non sia poi così male. La “gamification” della sorveglianza, compiuta (e pure a carico dei sorvegliati).
Non abbiamo poi idea di come i dati relativi ai minori e ai loro spostamenti vengano gestiti, né di quali tecnologie vengano utilizzate per il tracciamento della distanza di sicurezza. Proprio i loro dati, invece, meritano speciale attenzione e protezione.
Infine, occorre tener presente anche l’effetto emotivo – direi quasi da esperimento pavloviano – che la vibrazione dei braccialetti può avere nel momento in cui tornerà la possibilità di abbracciarsi e stare insieme: siamo sicuri che la naturale socialità non resterà frustrata?

Francesco Paolo Micozzi, avvocato e professore di Informatica Giuridica all’Università di Perugia

“L’idea del braccialetto che vibra o si illumina, quando un bambino si avvicina ai compagni di scuola, per avvisarlo del ‘pericolo’ è qualcosa di terrificante. Ricorda, per certi versi, il braccialetto che avrebbe dovuto avvisare i genitori quando i bambini si fossero allontanati troppo dall’ombrellone e, per certi altri versi, la Cura Ludovico, descritta in Arancia Meccanica, ma in versione ‘wifi’. Prima ancora che i potenziali e devastanti effetti sul piano della protezione dei dati personali, prima ancora che l’esigenza di tutela (che può essere, comunque, soddisfatta in altri modi) si è pensato a quali devastanti effetti può avere il meccanismo mentale secondo cui ‘avvicinarsi alle persone è male’ e ‘sorveglianza generalizzata è bene’? È possibile non riuscire a percepire quanto tale proposta sia, di per sé, abominevole?”

La rettifica della Società

1)   Si afferma che “il sistema si serve anche di una app che a distanza permette di monitorare i contatti tra i piccoli nell’istituto scolastico, utile anche se dovessero manifestarsi verifiche su eventuali casi di positività, compreso il personale”. Al riguardo specifichiamo che il sistema non si serve di alcuna app e non monitora i contatti tra piccoli. I dati sono registrati sul Labby e sono del tutto anonimi. Solo in caso di infezione vengono scaricati con apposito software per ricostruire il focolaio.

2)   Si afferma che “Il funzionamento è simile all’app Immuni, che il Governo vorrebbe sviluppare a livello nazionale su base volontaria, ma non sui bambini che non sono possessori di uno smartphone”. Come già detto non c’è alcuna app né usiamo alcuno smartphone. Registriamo i dati sul bracciale che non ha gps, ble, WiFi, quindi nessuna connessione esterna funzionando quindi a circuito chiuso.

3)   Nell’articolo l’avvocato Alessandro Del Ninno dello Studio Legale Tonucci & Partners afferma “L’assenza di queste informazioni precise sul reale funzionamento dell’app, associata a braccialetti elettronici, solleva molto interrogativi sia dal punto di vista dello Statuto dei lavoratori”. Come evidenziato non c’è alcuna app e quindi questa affermazione è del tutto fuorviante. Ribadiamo che MetaWellness non gestisce alcun dato personale dell’utente.

4)   Nell’articolo Francesco Paolo Micozzi, avvocato e professore di Informatica Giuridica all’Università di Perugia, parla di “potenziali e devastanti effetti sul piano dei dati personali“ e menziona il concetto “sorveglianza generalizzata”. Al riguardo evidenziamo che non c’è alcun sistema di sorveglianza e MetaWellness non tratta in alcun modo i dati dell’utente.

La risposta di Key4biz

Nel nostro articolo abbiamo riportato la frase “il sistema si serve anche di una app che a distanza permette di monitorare i contatti tra i piccoli nell’istituto scolastico, utile anche se dovessero manifestarsi verifiche su eventuali casi di positività, compreso il personale” perché presente sul sito della società quando è stato scritto l’articolo. Oggi il sito della società risulta aggiornato con informazioni nuove e non appare più la frase sopra citata “il sistema si serve anche di una app che a distanza permette di monitorare i contatti tra i piccoli nell’istituto scolastico, utile anche se dovessero manifestarsi verifiche su eventuali casi di positività, compreso il personale

La stessa frase è riportata anche da una serie di altre testate, a partire da ANSA.

Se anche grazie alle nostre osservazioni critiche la società ha deciso di non legare più i braccialetti all’applicazione è una scelta positiva, di cui prendiamo atto.

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