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Blockchain per la sicurezza dell’IoT, utilizzo raddoppiato in un anno

L’utilizzo della blockchain per la sicurezza dell’IoT è raddoppiata nel 2018. E’ quanto emerge da un report realizzato da Gemalto, secondo cui in un anno il ricorso alla blockchain nel settore IoT è passato dal 9% al 19% l’anno scorso. Un incremento sostanziale sebbene la industry resti ancora in attesa di una regolamentazione standard sull’utilizzo della nuova tecnologia.

Il mercato attende quindi con ansia le nuove regole sull’uso standard della blockchain, tanto più che la nuova era degli oggetti connessi è già cominciata, con previsioni che parlano di 23 miliardi di connected things in circolazione nel 2023.

Insomma, le aziende hanno fretta di conoscere le regole per identificare e contrastare i data breach ai danni degli oggetti.

Secondo l’indagine condotta da Gemalto su un campione di 950 professionisti, il 23% degli intervistati considera la blockchain la soluzione “ideale” per mettere al sicuro i dispositivi IoT, a fronte del 91% delle imprese che pur non utilizzando ancora la tecnologia la prenderà presto in considerazione.

Secondo Jason Hart, CTO della data protection in Gemalto, “le imprese sono sotto pressione per la protezione della crescente mole di dati che raccolgono e immagazzinano – ha detto – ma se i crescenti investimenti in soluzioni di sicurezza come la blockchain sono positivi, hanno bisogno di linee guida chiare per non restare esposti a rischi”. L’appello va quindi ai governi, in modo tale che una cornice normativa ben definita renda più rapida l’elaborazione di nuove norme per intervenire in contrasto ai data breach.

C’è da dire che l’adozione della blockchain si trova ancora in fase embrionale sul mercato e che sul fronte sicurezza le aziende continuano a privilegiare strumenti più consolidati come l’encryption dei dati (71%), password (66%), sistemi di identificazione a due fattori (38%).

La metà delle imprese intervistate non è in grado di dire se i suoi dispositivi IoT hanno subito dei data breach, e il 95% ritiene appunto che servano regole sugli standard di sicurezza.

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