Key4biz

Blockchain per i migranti, Grillo propone identità digitale e servizi senza intermediari. Ma è davvero la strada giusta?

Nel 2017 l’Unhcr (l’agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati) ha registrato 68,5 milioni di profughi a livello mondiale, di cui più di 25 milioni sono esseri umani che fuggono da guerre, persecuzioni e violenze (2,9 milioni in più rispetto al 2016), una persona in fuga ogni due secondi.

Un fenomeno tragico che ormai valica i confini di singoli Stati o aree geografiche, avvolgendo tutto il pianeta. Giustamente non si parla più di semplice emigrazione e immigrazione, ma di migrazioni. Ci si sposta sempre di più, tutti, senza distinzione di età e sesso, perché la globalizzazione toglie ricchezza e risorse da una parte e le fa spuntare temporaneamente da un’altra, spingendo milioni di uomini e donne a spostarsi come mai prima d’ora nell’arco di brevissimo tempo.

Ecco allora che i migranti diventano prima di tutto un affare per la criminalità organizzata, uno potente strumento di mistificazione della realtà e uno spinoso problema politico e sociale da gestire per i Governi. Con numeri così grandi non è semplice individuare le giuste soluzioni (le più efficaci nel rispetto dei diritti umani) e certo la disinformazione, le fake news, il condizionamento dell’opinione pubblica attraverso i social e l’eterna propaganda politica non aiutano.

Nel frattempo, sul blog di Belle Grillo continua la promozione della tecnologia blockchain. Dopo la proposta di una blockchain per il reddito di cittadinanza, il comico genovese e garante del Movimento 5 Stelle lancia l’idea di una blockchain per risolvere l’emergenza migranti.

La tecnologia a supporto di Istituzioni e agenzie governative nella gestione di uno dei più grandi fenomeni umani e sociali della storia recente? Grillo non ha dubbi a riguardo: “Grazie alla blockchain possiamo eliminare gli intermediari inutili, costosi e gli anelli di una lunga catena che crea spazi per il malaffare. Niente più giri di denaro, niente più favori di politici ed amministratori locali conniventi, niente più mafia che ci guadagna”.

Nell’articolo pubblicato sul blog si fanno alcuni esempi concreti dei benefici derivanti dall’applicazione di questa tecnologia, sia in termini di aiuti diretti ai migranti, sia di risparmi per le agenzie umanitarie: “In Finlandia, dal 2015 MONI, una startup blockchain, collabora con il Servizio Immigrazione nazionalefornendo a ogni rifugiato del paese una MasterCard prepagata supportata da un numero di identità digitale memorizzato su una Blockchain. Anche senza il passaporto necessario per aprire un conto bancario finlandese, un conto MONI permette ai rifugiati di ricevere benefici direttamente dal governo. Il sistema permette anche ai rifugiati di ottenere prestiti da persone che li conoscono e si fidano di loro, aiutandoli a costruire storie di credito rudimentali che potrebbero permettere di ottenere prestiti istituzionali per il futuro”.

Una soluzione quindi che consente di eliminare intermediari (spesso la causa di molte ingiustizie e di una disumana ‘mungitura’ di schiavi economici), di instaurare un rapporto diretto tra istituzioni/organizzazioni e destinatari degli aiuti, di eliminare inutili sprechi e ruberie varie.

Altro esempio è quello relativo al “World Food Programme Building Blocks”, soluzione blockchain che permette di pagare ad esempio la spesa umanitaria per profughi e senza tetto attraverso “eye-pay”, un sistema di riconoscimento della retina per la redistribuzione degli aiuti umanitari, che funziona in questo modo: una macchina scansiona l’iride del migrante/profugo (o semplice cliente in futuro) per la conferma dell’identità tramite confronto su un database delle Nazioni Unite, “che poi a sua volta interroga una variante della blockchain Ethereum dal Programma Alimentare Mondiale (WFP) e salda il conto senza aprire il portafoglio”.

Per chi poi non ha un’identità, perché privo di passaporto, perché nel suo Paese non c’è un’anagrafe nazionale, o perché non vuole far conoscere la sua identità per il pericolo si essere riconosciuto e perseguitato nel Paese di approdo come in quello di origine, anche in questo caso la tecnologia offre secondo Grillo valide soluzioni.

Sempre attraverso la blockchain è possibile “creare un portafoglio digitale, con lo storico delle transazioni del rifugiato nel campo, il suo ID governativo e l’accesso ai conti finanziari, tutto in un unico posto”.

Con un tale portafoglio digitale – si legge sempre nel blog – quando il migrante lascia il campo può entrare molto più facilmente nell’economia mondiale. Un semplice portafoglio virtuale, da comunicare al datore di lavoro, in cui depositare la sua paga; dallo stesso portafoglio digitale un agente di frontiera può controllare la sua identità, che viene confermata dalle Nazioni Unite, dal governo del suo Paese, e dalle altre istituzioni umanitarie”.

Uno scenario sociale e tecnologico che certamente è complesso e pieno di sfide, nel presente e per il futuro, ma che secondo il fondatore dell’M5S “è già tracciato”, con le prime sperimentazione portate avanti da “grandi società come Microsoft ed Accenture, che si stanno muovendo in supporto di un progetto lanciato dalle Nazioni Unite, chiamato ID2020”.

All’inizio dell’anno, in occasione del World Economic Forum di Davos, anche il miliardario George Soros ha presentato la sua piattaforma blockchain per i migranti ed i rifugiati.

Si badi bene che il problema non è mai la tecnologia di per se, ma i grandi interessi che vi girano attorno e gli appetiti facili di criminalità e speculatori.

Un mercato enorme e in rapida crescita, che oggi vale oltre 540 milioni di dollari e che nel 2021 raggiungerà un valore indicativo di 2,31 miliardi di dollari, che attira investitori e offre nuove e straordinarie occasioni di crescita economica e di fare grande business.

Sfruttare le nuove tecnologie per risolvere problemi umanitari e sociali molto delicati può essere un’opportunità da sfruttare, se ben gestita in maniera trasparente, partecipata e condivisa tra Istituzioni, autorità regolatorie, organizzazioni umanitarie e imprese, ma non si deve dimenticare che è stato proprio l’intreccio tra grandi interessi economici privati e disgrazie umane a creare il mondo come lo conosciamo oggi.

Vale la pena ricordare che uno dei punti deboli della blockchain è nella mancanza di una supervisione legislativa. Nel sistema peer-to-peer distribuito, sembra non esserci spazio per una organizzazione regolatrice e in molti si chiedono in che modo i sistemi possano funzionare senza standard legalmente gestiti.

Altre vulnerabilità di questa tecnologia, su cui fin dall’inizio hanno investito banche e piattaforme finanziarie, sono la lentezza del processo di verifica della validità delle transazioni, la mancanza di competenze e il gap di skill tecnici tra Paesi e organizzazioni, l’incompatibilità diffusa tra sistemi tecnologici esistenti, falle nella cybersicurezza e nella tutela della privacy.

Exit mobile version