151 milioni di euro all’anno. Tanto spendono nel 2025 le Big Tech per fare pressione sulle istituzioni europee. Un aumento del 33,6% rispetto ai 113 milioni del 2023.
A rivelarlo è un’analisi del Corporate Europe Observatory e di LobbyControl, basata sui dati del Registro per la Trasparenza dell’UE. Un dato che racconta molto: in soli quattro anni, gli investimenti dei giganti del digitale nel lobbying europeo sono cresciuti del 55%. Un’espansione record che segna l’inizio di una nuova fase nella battaglia per il controllo delle regole del web.
La strategia: deregolamentare, influenzare, dominare
L’obiettivo è chiaro: consolidare il proprio controllo su aspetti chiave della società e spingere verso la deregolamentazione del quadro normativo europeo.
Sotto tiro finiscono leggi cruciali come l’Artificial Intelligence Act, i diritti alla privacy del GDPR, e i due pilastri del mercato digitale europeo, il Digital Markets Act (DMA) e il Digital Services Act (DSA).
Si tratta di una vera e propria offensiva normativa che trova terreno fertile in un clima politico favorevole: da un lato, la spinta deregolatoria dell’amministrazione Trump, dall’altro, l’ondata “pro-innovazione” che attraversa l’Europa. Un mix che rischia di smantellare anni di progressi nel contenimento del potere monopolistico delle Big Tech.
La domanda da porsi oggi è dunque inevitabile: la Commissione Europea difenderà l’interesse pubblico o cederà al tamburo della deregolamentazione?
Gli Stati Uniti in campo: la diplomazia al servizio delle Big Tech
Negli ultimi mesi, i colossi tecnologici hanno saputo usare anche il peso politico di Washington come arma di pressione contro Bruxelles.
- A gennaio, Mark Zuckerberg ha bollato il DSA come “censura”.
- Al Munich Security Conference, il vicepresidente JD Vance ha denunciato una presunta “ritirata della libertà di parola in Europa”.
- A febbraio, Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che minaccia dazi contro i governi che sanzionano o tassano le Big Tech.
- E in agosto, il segretario di Stato Marco Rubio ha dato istruzioni ai diplomatici USA di “ostacolare” il DSA nei consessi internazionali.
Intanto, in Europa, cresce una corrente interna che mette in dubbio norme come il GDPR e l’AI Act, accusandole di “frenare l’innovazione”, una narrativa alimentata direttamente dall’industria.

Lobby record: pochi giganti, spese da capogiro
Secondo lo studio, il potere economico delle Big Tech si concentra in poche mani.
Dieci aziende sono responsabili di 49 milioni di euro, un terzo della spesa totale del settore.
Le statunitensi dominano la scena:
- Amazon: +4,27 milioni €
- Microsoft e Meta: +2 milioni € ciascuna
- DIGITALEUROPE: +1,25 milioni €, l’associazione che rappresenta molte delle stesse aziende
Ma non è tutto: l’arrivo di nuovi attori dell’intelligenza artificiale, come Mistral AI e Aleph Alpha, ha portato a 733 le aziende digitali che oggi fanno lobbying a Bruxelles (erano 565 nel 2023).
Il rafforzamento delle regole di trasparenza UE, che dal 2024 obbliga a registrarsi anche per incontrare funzionari di medio livello, ha contribuito a gonfiare ulteriormente i numeri.
Tech batte tutti: un potere senza paragoni
Il potere finanziario delle Big Tech non conosce rivali. Cinque delle sei aziende che spendono di più in lobbying nell’UE sono del settore tech.
In testa c’è Meta, con 10 milioni di euro, seguita da Amazon, Microsoft, Google e Apple.
Le prime dieci aziende digitali spendono tre volte di più dei colossi farmaceutici, finanziari e automobilistici, e il doppio del settore energetico. Un’enorme macchina d’influenza che travolge qualsiasi altro comparto industriale.
Un esercito di lobbisti (più numeroso degli eurodeputati)
Sempre secondo il CEO, nel 2023 il settore digitale contava 699 lobbisti a tempo pieno. Oggi sono 890, più dei 705 membri del Parlamento Europeo.
Di questi, 437 dispongono di badge che garantiscono un accesso quasi illimitato al Parlamento.
Solo nei primi sei mesi del 2025, le Big Tech hanno avuto 146 incontri con la Commissione Europea, più di uno al giorno.
Il tema più discusso? L’Intelligenza Artificiale, presente nel 40% di tutti gli incontri istituzionali.
Nel Parlamento Europeo, la situazione è simile: 232 incontri nei primi sei mesi del 2025, quasi due al giorno. Un livello di accesso che poche altre industrie possono solo sognare.


