La corsa dei colossi tech ai crediti di rimozione del carbonio per compensare le emissioni generate dall’intelligenza artificiale sta facendo esplodere i prezzi e creando una vera e propria scarsità di offerta. Una tensione di mercato che, secondo gli esperti, è esattamente ciò che serve per spingere gli investimenti in un settore ancora agli esordi.
Reuters, per dare un’idea riporta l’esempio di Microsoft e Google, che negli ultimi due anni hanno acquistato così tanti crediti da farli diventare quasi quattro volte più costosi rispetto a quelli legati a progetti di conservazione forestale. Più nel dettaglio, dal 2019, le Big Tech hanno speso centinaia di milioni di dollari in rimozioni di carbonio “durature”, cioè progetti che prevedono cattura e immagazzinamento di CO2 nel lungo periodo. In totale, tra mercato spot e accordi a lungo termine, gli investimenti hanno raggiunto i 10 miliardi di dollari, secondo il tracker CDR.fyi.
Come funzionano i crediti di carbonio?
Gli scienziati avvertono: i progetti di rimozione del carbonio sono fondamentali per rallentare il riscaldamento globale, compensando le emissioni di settori come la produzione energetica, ancora dipendenti dai combustibili fossili.
Ma cosa sono e come funzionano nello specifico questi crediti? In altre parole, si tratta di certificati negoziabili, ognuno dei quali rappresenta la riduzione, l’evitamento o la rimozione di una tonnellata di CO2 dall’atmosfera. Vengono acquistati da aziende e organizzazioni per compensare le proprie emissioni di gas serra, finanziando progetti di sostenibilità come le energie rinnovabili, la riforestazione o il rimboschimento. Tale meccanismo, ad oggi, funziona come uno strumento economico-ambientale per contrastare i cambiamenti climatici, incoraggiando la riduzione delle emissioni e lo sviluppo di tecnologie sostenibili.
Nello specifico, crediti legati a progetti innovativi come il biochar, che trasforma la biomassa in una sostanza simile al carbone trattenendo il carbonio, o alla cattura diretta dell’aria (DAC), sono considerati tra i più sicuri e duraturi. Molto richiesti anche i crediti legati al ripristino di terreni degradati.
AI, profitti e crediti: il circolo virtuoso
L’espansione dei data center per alimentare l’intelligenza artificiale aumenta dunque sia i profitti sia le emissioni delle aziende tech, andando ad accrescere ulteriormente la domanda di crediti.
“Le aziende che stanno performando meglio stanno investendo di più, e il motivo è l’AI. L’AI genera profitti e i profitti finanziano gli investimenti”, spiega Brennan Spellacy, CEO della società climate-tech Patch, alla COP30 in Brasile.
I colossi tecnologici puntano a raggiungere emissioni nette zero, ma la scarsità di offerta di crediti rimane una sfida globale.
Un portavoce di Microsoft ha dichiarato: “Gli accordi di acquisto a lungo termine creano un ciclo virtuoso di innovazione, finanziamento e implementazione. Sostenendo progetti su larga scala stimoliamo nuova offerta e lasciamo spazio ad altri acquirenti aziendali”.
La domanda supera l’offerta
La piattaforma Patch segnala che un terzo delle richieste riguardava il biochar, ma a causa della scarsità ha rappresentato meno del 20% delle vendite. I crediti di riforestazione, richiesti nel 25% dei casi, sono stati venduti solo nel 12%.
“La domanda di crediti di alta qualità è reale: nel 2024 sono stati acquistati 8 milioni di tonnellate di rimozioni durature, e quest’anno siamo già a 25 milioni”, afferma Lukas May, direttore commerciale di Isometric.
“Gran parte della domanda arriva dalle grandi aziende tecnologiche”.
Finora, meno di 1 milione di tonnellate di crediti duraturi è stato emesso, principalmente da progetti di biochar. La scarsità spinge sempre più aziende a ricorrere agli accordi di acquisto anticipato (offtake), per garantire vendite certe ai produttori e stimolare la produzione.
La soluzione? Produrre crediti in proprio
Alcune aziende hanno quindi deciso di creare i crediti internamente.
Pure Data Centres Group, ad esempio, che serve grandi clienti tech, investirà 24 milioni di sterline (31,6 milioni di dollari) per costruire nel Wiltshire il più grande impianto di biochar del Regno Unito. L’obiettivo? Garantire la propria disponibilità di crediti.
“Trovare fornitori affidabili e di qualità era difficile, così abbiamo deciso di sviluppare competenze e produzione internamente”, spiega l’AD Dawn Childs.
Alastair Collier, direttore R&D della controllata A Healthier Earth, conferma: l’impianto sarà operativo a dicembre e scalerà in 18 mesi fino a rimuovere 9.000 tonnellate di CO₂ all’anno, con tre ulteriori siti previsti nel Regno Unito.
