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Bando Huawei, Trump ci sta ripensando: “Buone possibilità per concludere accordo con Cina”

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Donald Trump: “Ci sono possibilità molto buone per concludere un accordo commerciale con la Cina. Penso che prima o poi in futuro, la Cina e gli Stati Uniti avranno un grande accordo commerciale e non vediamo l'ora che ciò avvenga”.

Trump sembra aprire a Huawei, più che a chiudere la porta definitamente. “Ci sono possibilità molto buone per concludere un accordo commerciale con la Cina, ha detto il Donald Trump, in una conferenza stampa congiunta a Tokyo con il premier nipponico Shinzo Abe. “Penso che prima o poi in futuro, la Cina e gli Stati Uniti avranno un grande accordo commerciale e non vediamo l’ora che ciò avvenga”, ha affermato il presidente degli Stati Uniti.

E il Donald Trump delle giravolte, come ci ha abituato anche l’anno scorso con il caso ZTE, quando gli Usa hanno inferto un duro colpo all’azienda di telecomunicazioni cinese, negandole l’accesso a componentistica americana essenziale per la sua sopravvivenza. Accusata di avere violato sanzioni riguardanti Iran e Corea del Nord, ZTE è stata alla fine costretta a pagare una multa, a cambiare i suoi manager e a essere sottoposta a controlli.

Il fondatore e ceo di Huawei: ‘Lavoriamo per riparare buco, ma l’aereo è ancora in grado di volare”

Dunque, si è giunti a un accordo, nel quale spera anche questa volta la Cina e in particolare Huawei, il cui fondatore e ceo Ren Zhengfei ha detto, in un’intervista a Bloomberg: “Se qualche compagnia non vuole lavorare con noi, è come un buco nell’aeroplano: lavoriamo per ripararlo, ma l’aereo è ancora in grado di volare”.

 Zhengfei ha poi aggiunto “la Cina non effettuerà nessuna ritorsione contro l’azienda americana Apple”. “E se accadesse”, ha fatto sapere, “sarei il primo a protestare“. “Apple è la compagnia leader nel mondo. Senza Apple non ci sarebbe internet mobile. Se non ci fosse stata Apple a mostrarcelo, non avremmo visto la bellezza di questo mondo. Apple è la mia maestra”, ha dichiarato Zhengfei, che ha tenuto a precisare: “Gli Usa gestiscono le loro aziende. Non sono la polizia internazionale, non possono gestire tutto il mondo. Il resto del mondo decide se lavorare o no con noi”.

“Dei chip che usiamo, la metà provengono da aziende americane e l’altra metà la produciamo noi”, ha svelato il fondatore di Huawei. Di fronte a restrizioni, “ridurremo gli acquisti da aziende Usa e useremo di più i nostri. Se invece le aziende ottengono da Washington il permesso di lavorare con noi, continueremo a comprare da loro”.

Così continua a mostrare serenità, nonostante il bando e l’inserimento di Huawei nella lista nera insieme alle sue 68 affiliate non statunitense, l’uomo che ha fondato la società di telecomunicazioni nel 1987 in Cina, a Shenzhen, con un capitale di 21mila yuan, poco più di 5mila dollari all’epoca. Primo appalto: centralini telefonici per villaggi di campagna. Ora Huawei, che significa “La Cina agisce”, è il gruppo presente in oltre 170 Paesi e regioni del mondo, ha 180mila dipendenti e 80mila impiegati in ricerca e sviluppo in 14 centri. Nel 2018 ha fatturato 105 miliardi di dollari (+19,5% in un anno) con utili netti pari a 8,8 miliardi (+25%) ed è in testa a livello globale nello sviluppo del 5G. Per tutti questi motivi Huawei è finita nel mirino di Trump, più che per motivi di sicurezza nazionale.

Aspettiamo il grande accordo commerciale tra Usa e Cina annunciato oggi da Trump per vedere come sarà gestito il “pericolo” Huawei.