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Banca Mondiale, ‘Digital Dividends’ Report: vantaggi del digitale inferiori alle attese

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Presentato oggi a Roma il Report 2016 della Banca Mondiale sui ‘Digital Dividends’. Nicita (AGCOM): 'Quando le innovazioni riguardano prevalentemente i costi opportunità, la misurazione dei benefici in termini di PIL è molto difficile'

I vantaggi economici derivanti dal digitale (Digital Dividens) si stanno diffondendo più lentamente rispetto alla rapidità del progresso tecnologico e alla diffusione sempre più capillare di samrtphone, tablet e connessioni a Internet. A godere maggiormente dei vantaggi del digitale rischiano di essere i paesi più avanzati e le fasce più ricche della popolazione, a scapito dei più deboli, con il rischio di nuove diseguaglianze e dell’insorgere di nuovi monopoli. E’ quanto emerger dal World Development Report 2016 della World Bank (Banca Mondiale) intitolato “Digital Dividends”, presentato oggi a Roma presso l’Einaudi Institute for Economics and Finance da Salvatore Rossi (Banca d’Italia), Uwe Deichmann (World Bank) e con la discussione di Aura Bertoni (Università Bocconi) e Antonio Nicita (AGCOM).

Difficile fare calcoli in termini di PIL 

“Il rapporto della Banca Mondiale presentato oggi in Italia e che ho avuto il piacere di discutere mette al centro il tema dei dividendi digitali e cioè dei vantaggi derivanti dalla rivoluzione digital in vari ambiti dell’economia e della società – ha detto Antonio Nicita,  commissario AGCOM – Questi dividendi sono ancora relativamente limitati rispetto alla enorme riduzione dei costi di transazione generata dalla rivoluzione digitale e l’emersione di nuove opportunità, di nuovi modelli di business e di nuove professioni non compensano gli elementi distruttive sulle industrie ‘analogiche’ e sui tradizionali posti di lavoro”.

E’ una sfida che sarà vinta nel tempo, prosegue Nicita, “ma va anche detto che quando le innovazioni riguardano prevalentemente i costi opportunità e le funzioni di utilità nel consumo finale e nell’organizzazione delle attività economiche, la misurazione dei benefici in termini di PIL è molto difficile”.

Il rapporto individua alcuni messaggi di policy, anche regolatoria, del tutto condivisibili, precisa Nicita:

  • – spinta alla costruzione di reti fisse e mobili a banda ultra larga
  • – spinta alla maggiore copertura di connettività per evitare forme di digital exclusion
  • – rendere Internet aperto, sicuro e abbordabile nei prezzi
  • – disegnare forme di governo della Rete che incentivino positivamente agli investimenti da parte di tutti gli stakeholders
  • – facilitare la formazione di nuovi skill nel capitale umano capacità di sfruttare al massimo le opportunità digitali
  • – favorire forme di cooperazione globale nella regolazione della Rete Su tutti questi punti i regolatori europei si stanno già muovendo da anni.

“La cooperazione tra regolatori e Governo pur nel rispetto delle relative competenze – come nel caso del Piano BUL posto in essere dal Governo Renzi – può permettere all’Italia di compiere un deciso passo in avanti nel prossimo triennio”, chiude il commissario.

Il 60% della popolazione mondiale ancora offline

Detto questo, quasi il 60% della popolazione mondiale è ancora offline e non può prendere parte all’economia digitale. Inoltre, alcuni dei vantaggi della rete sono percepiti come nuovi rischi e la concentrazione della Rete in mano di pochi OTT è lì ad evidenziarlo. Altri rischi potenziali riguardano il controllo dei cittadini online da parte dei governi.

E’ vero poi che sette persone su dieci possiedono un cellulare, il mobile payment è una realtà in diversi paesi in via di sviluppo, come ad esempio il Kenya, ma mentre 4 miliardi di persone ogni giorno effettuano ricerche su Google, sono altrettante quelle escluse dalla Rete.

E’ anche per questo, per abbattere il digital divide che ancora pesa sulla diffusione della Rete, che “bisogna capire che cosa farà decollare i vantaggi del digitale in termini economici – ha detto Salvatore Rossi (Banca d’Italia) – tenendo conto dei rischi potenziali legati in primo luogo al rischio di un’eccessiva concentrazione della Rete nelle mani di pochi, combattendo le potenziali diseguaglianze legate al digitale”.

Per quanto riguarda il nostro paese, siamo in ritardo nell’adozione del digitale, un ritardo di circa 7-9 anni sugli Usa, che riguarda in particolare le piccole e medie imprese. “E’ vero che ci sono numerose eccezioni, però troppe aziende soprattutto di servizi restano intrappolate in dimensioni troppo piccole”, aggiunge Rossi, citando fra gli elementi frenanti anche motivi di carattere regolamentare.

Vantaggi e nuovi modelli

Sui vantaggi del digitale in particolare nei paesi in via di sviluppo si è soffermato Uwe Deichmann (World Bank), citando gli esempi positivi di mPesa in Kenya (mPayment), Alibaba in Cina (eCommerce) e dell’identità digitale, che in India conta 950 milioni di individui e rappresenta un’arma fondamentale ad esempio contro il traffico di essere umani.

Ma accanto ai vantaggi del digitale, ci sono anche nuovo fenomeni con cui fare i conti come ad esempio la diminuzione dei salari medi nelle economie sviluppate legate all’automazione dei processi, perché il “Digital Dividend” economico del digitale si muove a rilento.

Servono quindi dei cosiddetti “analogue complements” (fattori complementari al digitale) per semplificare e rendere più rapidi e tangibili i vantaggi delle nuove tecnologie. “Servono regole, nuove skill e serve una visione più ampia dell’innovazione, che non si limiti soltanto agli aspetti strettamente tecnologici per abbracciare l’intero sistema – ha detto Aura Bertoni (Università Bocconi) – l’economia digitale è dinamica, servono regole dinamiche per comprenderla”.