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Bambinidigitali. Genitori, perché l’uso improprio dei device mobili danneggia il bambino

Mamma mi guardi, invece di guardare il cellulare? Sto crescendo e nemmeno te ne accorgi? Si, hai sequenziato ogni mio momento di crescita nelle foto che hai postato su Facebook, le hai inviate ai vari gruppi di mamme e ai parenti su WhatsApp, ma davvero ti sei fermata ad osservarmi e a notare i miei progressi? A me sembra che il tuo primo pensiero invece sia stato quello di condividermi con gli altri piuttosto che essere fiera di come mettevo il piedino, di come mi sono alzato nel box, di come ti ho sorriso e soprattutto di quanto ho cercato il tuo sguardo per capire se facevo bene o male. E scusami se te lo faccio notare ma molto spesso non l’ho trovato e allora, sei il mio idolo lo sai, ho cercato di fare quello che facevi te, occhi chini sul cellulare alla ricerca di un me che però non trovavo. È divertente però, mi sono distratto e ho pensato ad altro.

Nell’osservazione quotidiana, ad ampio raggio nei luoghi più disparati, vuoi che sia lo studio del pediatra, il parrucchiere, il supermercato, l’aeroporto, la casa, l’uscita di scuola, cogliamo in gradienti distinti ma molto spesso omologabili, modalità d’uso dei nuovi device poco saggi e consapevoli, che tuttavia sono entrati nelle consuetudini giornaliere di tante famiglie a partire dai primi momenti di crescita del bambino. Mamme che portano a passeggio il neonato di pochi giorni, parlando freneticamente al cellulare, che fotografano ogni sua acquisizione evolutiva assoggettandola a testimonianza della sua identità digitale e delle sue prime impronte indelebili nel villaggio globale ancor prima che inizi timidamente a camminare, che si distraggono e distraggono con lo strumento dimenticando che l’essere e il divenire genitori ha bisogno di tempo, di sedimentazione, di attenzione e riflessione.

Tempo, sedimentazione, attenzione e riflessione che necessitano di un lavoro mentale che a volte, soprattutto nei primi momenti di stravolgimento e stanchezza, sembrano insormontabili per i neogenitori ed è proprio in questi frangenti che l’appendice strutturale dello strumento digitale fa la sua imperativa attrattiva di distrazione, di alleggerimento, di evasione, avvalendosi della ricompensa dopaminergica di like a coda di un commento, di una foto, di un video.

Ci si anima nei social e si struttura la linea di connessione virtual-digital life nella penetrazione capillare tra due modalità di essere inizialmente distinte che nella linea del tempo e nella traiettoria di crescita del bambino si incontreranno inevitabilmente in un nuovo modo di essere presenti a sé stessi e agli altri.

Nuovi genitori che sentono ingenuamente di cavalcare questa linea temporale e di aiutare così il bambino a fare la conoscenza di un mondo nuovo imperniato di tecnologia, di nuove competenze e acquisizioni in cui il saper destreggiarsi con il touch può fare la differenza e allora, tanto vale fare conoscenza da subito, darlo in mano precocemente e lasciarli anche soli per avere tempo di riguadagnare quel tempo che il tempo genitoriale restringe.

Nell’agire con così poca consapevolezza, mista alla considerazione generale che così fan tutti o perlomeno la maggioranza, si traccia la traiettoria di un utilizzo improprio della tecnologia che in questo modo perde il suo valore potenziale di arricchimento della qualità, soprattutto affettiva, della propria vita. Si guadagna del tempo non facendo la fila alla posta, e si utilizza quel tempo guadagnato per vivere appieno le relazioni, il qui ed ora del momento, soprattutto in uno spazio nella linea temporale che deve essere segnato dalla ripetizione, dalla sequenzialità, dalla scoperta dell’essere in relazione con l’altro che si prende cura di noi e così facendo ci insegna a utilizzare il vero strumento che è la vita nel modo migliore.

In questo modo, escludendo i dispositivi digitali, dai momenti dal tempo, dalla sedimentazione, dell’attenzione e dalla riflessione sulla scoperta del bambino e della relazione con i suoi genitori nei primi due anni di vita (in linea con le linee internazionali e nazionali sull’educazione digitale), si traccia la strada per un uso consapevole della tecnologia (Volpi, 2017), che ha sì i suoi tempi di acquisizione ma sempre nel rispetto dei tempi e delle competenze evolutive del bambino in fase di crescita.

Il mai da solo e sempre insieme, pilastro cardine di tutte le acquisizioni evolutive, rimane l’assioma educativo per eccellenza, oggi come ieri e come domani.

Già prima delle videochiamate, che ci permettono di essere affettivamente presenti con i nostri affetti anche in caso di assenza, Gianni Rodari nelle sue Favole al Telefono ci indicava la strada per un uso dello strumento, che tale dovrebbe essere considerato per evitare errori di gestione.

Bibliografia

Rodari G. (1962), Favole al telefono, Gli struzzi 14, Torino, Einaudi.

Volpi B. (2017), Genitori Digitali, Il Mulino.

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