Autorità regolatorie

Autorità indipendenti figlie di un Dio minore?

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Sacrosante le critiche, ma le autorità italiane non hanno nulla da invidiare a quelle di altri paesi e nulla da farsi perdonare.

Critica legittima e ingiuria penale.

Questa è la differenza che corre tra gli apprezzamenti che in questo paese vengono rivolti alle autorità amministrative indipendenti.

Cominciamo con le prime. Sacrosante. Ogni autorità è portatrice di un indirizzo politico regolatorio o sanzionatorio che viene chiamato pudicamente “discrezionalità tecnica”.

Sennonché i primi a non credere a questa qualifica sembrano essere gli stessi giudici se è vero che sostituiscono la loro ponderazione a quella delle autorità amministrative. A questa evidenza si è rassegnata la stessa Corte di giustizia quando, nelle parole dell’avvocato generale Paolo Mengozzi, ha affermato che nulla osta al fatto che il giudice si discosti da un modello contabile indicato da una raccomandazione europea “se ciò sia imposto da motivi connessi a circostanze di fatto del procedimento principale, in particolare dalle caratteristiche peculiari del mercato dello stato membro in questione” (Caso ZiggoC-28/15).

Ora, che vi siano tre autorità – una amministrativa, una giurisdizionale e una europea – a insistere sulla stessa materia, è qualcosa che può turbare ma nulla deve togliere a una constatazione che è giunto il momento di fare: le autorità italiane non hanno nulla da invidiare a quelle di altri paesi e nulla da farsi perdonare.

E allora: sacrosante le critiche! Quando si sceglie una strada, è impossibile accontentare tutti; una volta sgombrato il campo che sia la scienza (rectius: la tecnica) nella sua oggettività a dettare le decisioni. Sono piuttosto ponderazioni di interessi guidate da criteri tecnici e perimetrate da confini normativi a parlare che è ovviamente altra cosa di un’autorità “bocca della tecnica” (quale poi?). Quindi ribadisco: libero corso alle critiche di chi è insoddisfatto e onere per le autorità di rispondere, nei provvedimenti e davanti all’opinione pubblica.

Vi è però una linea rossa che non è lecito oltrepassare. Gli artt. 338 Codice Penale (violenza o minaccia a un corpo politico o amministrativo o giudiziario) e l’art. 340 (interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità), cui si aggiunge l’art 342 (oltraggio a un Corpo politico, amministrativo e giudiziario) segnalano un’assiologia dei valori presidiata dal Codice al quale le autorità indipendenti non sono affatto estranee. Sostenere il contrario, sarebbe come affermare che l’art 353 (turbata libertà degli incanti) è una facezia perché accade con fin troppa frequenza che un’asta sia “turbata” e quindi andrebbe derubricata a fattispecie de minimis.

Tutto questo ragionamento porta a due conclusioni: la prima, nel senso della assoluta trasparenza decisionale con tanto di motivazioni formali e pubbliche; la seconda, è il rispetto verso istituzioni che non sono figlie di un Dio minore perché nella maggioranza dei casi espletano le loro funzioni con competenza, dignità e onore.