Risk management

AssetProtection. Rimorso o rimpianto: Il risk management come stile di vita

di Alberto Buzzoli, Socio ANSSAIF – Associazione Nazionale Specialisti Sicurezza in Aziende di Intermediazione Finanziaria |

L'analisi e la valutazione dei rischi a volte diviene uno stile di vita. Un modo di ragionare che può penalizzare la creatività

Mi è capitato più volte di ascoltare in fase di colloquio una domanda rivolta dal selezionatore al candidato: “Se dovesse e potesse scegliere, preferirebbe un rimorso oppure un rimpianto?”  I candidati riflettono, alcuni impiegano qualche minuto prima di riuscire a mettere a fuoco la questione, altri argomentano vivacemente per vendere le proprie doti.

 La rubrica AssetProtection, ovvero Riflessioni su sicurezza e terrorismo, a cura di Anthony Cecil Wright, presidente Anssaif (Associazione Nazionale Specialisti Sicurezza in Aziende di Intermediazione Finanziaria). Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.

Sarà per deformazione professionale, ma sorrido sempre quando sento la risposta. Personalmente non sarei in grado di scegliere tra una delle due opzioni. Piuttosto preferirei suggerirne una terza strutturata in due passaggi fondamentali. Primo passaggio: mi auguro di avere la possibilità di scegliere di volta in volta, perché i fattori che influenzano la decisione sono sempre differenti. Secondo passaggio: Mi auguro di avere sempre l’opportunità di riflettere e valutare accuratamente la situazione, in modo tale che, una volta presa la decisione, se anche qualcosa dovesse andare storto, non avrei nulla di cui rimproverarmi.

L’analisi e la valutazione dei rischi a volte diviene uno stile di vita. E se questo modo di ragionare da un lato potrebbe apparire come una grave forma atrofica dell’emisfero destro, quello dell’emozione e della creatività, dall’altra è una soluzione abbastanza pratica per risparmiare qualche lacrimuccia di coccodrillo.

Proviamo a riflettere un po’ più in dettaglio sui sentimenti del rimorso e del rimpianto. Il rimorso è una condizione per la quale un pericolo manifesto oppure occulto si è concretizzato in danno, provocando effetti inattesi e indesiderati. Il rimpianto, di contro, potremmo asserire sia una valutazione e conseguente non accettazione dei rischi, con evidente perdita (a posteriori) di un’opportunità. La propensione, l’oscillazione tra il rimorso ed il rimpianto è determinata dal parametro che tecnicamente viene definito come risk appetite, ovvero la propensione al rischio.

Le emozioni del rimorso e del rimpianto sono anche influenzate però dalla latenza più o meno enfatizzata di alcune condizioni che in un processo di analisi e valutazione dei rischi formale non possono mancare. Innanzi tutto, prima della valutazione del rischio si procede sempre ad un’analisi quanto più verosimile possibile, concentrandosi sull’entità delle possibili conseguenze, tralasciando al margine il fattore probabilistico. In questo modo la scelta di accettazione oppure rifiuto del rischio è consapevole, lucida e non influenzata dal brivido del gioco d’azzardo.

In sostanza, così ragionando, stiamo concentrando la nostra attenzione su cosa succede se, non su quanto è possibile che succeda. Una bassa probabilità di accadimento promuove in modo subdolo l’accettazione di un rischio che, se si concretizza, può avere conseguenze anche estremamente spiacevoli, generando il rimorso. Analogamente, qualora si dovesse decidere di non approfittare di un’opportunità, il conoscere la possibile perdita oltre al possibile guadagno, avendola ben delineata, costituirà certamente un elemento che mitigherà di molto il senso del rimpianto.

Esiste poi un secondo passaggio formale del processo di analisi e valutazione dei rischi che può avere influenza sulla percezione del rimorso e del rimpianto: il momento di accettazione della soglia di rischio tollerata, quella ritenuta insopportabile e l’area dei rischi da mitigare attraverso alcune operazioni mirate. Un momento di decisione consapevole con se stessi, soprattutto a fronte dell’individuazione delle possibili variabili intervenienti, dovrebbe rendere di molto più serena l’accettazione delle conseguenze.

Non voglio cadere nel banale, piuttosto vorrei dimostrarvi quanto questo ragionamento sia applicabile alla vita quotidiana, anche al di fuori del contesto lavorativo. Visto che siamo in pieno periodo estivo e le infradito sono probabilmente la calzatura più apprezzata perché pratica e fresca, se vi doveste ritrovare con una discreta quantità di punti di sutura sulla pianta del piede, provereste rimorso o rimpianto per aver scelto di indossarle? E se per caso prendeste solamente atto dell’accaduto, posto il fatto che eravate consapevoli di essere esposti ad un rischio maggiore di lesione ma non avreste mai rinunciato all’opportunità di sentire il piede libero?