Sicurezza

AssetProtection. Officine creative per organizzare la sicurezza

di Alberto Buzzoli, Socio ANSSAIF – Associazione Nazionale Specialisti Sicurezza in Aziende di Intermediazione Finanziaria |

Se la Sicurezza è fatta di processi, servizi e asset ciò non significa che sia incompatibile con gli aspetti correlati alla creatività.

La rubrica AssetProtection, ovvero Riflessioni su sicurezza e terrorismo, a cura di Anthony Cecil Wright, presidente Anssaif (Associazione Nazionale Specialisti Sicurezza in Aziende di Intermediazione Finanziaria). Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.

Questa volta vorrei provare a spingermi un po’ più in là rispetto al punto in cui solitamente ci fermiamo. Se la Sicurezza è fatta di processi, servizi e asset – qualche auditor sostiene persino che in questa categoria debbano essere incluse le persone, ma io le assegnerei volentieri in un’area a parte – ciò non significa che sia incompatibile con gli aspetti correlati alla creatività.

Ma prima di chiarire come due mondi tanto differenti possano entrare in sinergia, è opportuno fare parecchi passi indietro nella storia della filosofia e comprendere le dinamiche che governano la conoscenza, le quali inequivocabilmente – e per dirla in termini di processo – rappresentano l’input dell’elaborazione creativa.

Siamo a cavallo tra il 400 ed il 300 a.C. per individuare il contributo forse più significativo al riguardo. E a tal proposito non entreremo nel merito circa le diatribe postume sui diritti di proprietà intellettuale dei filosofi dei quali faremo menzione.

Socrate asserisce che il processo della conoscenza avviene per induzione attraverso l’arte della maieutica e che tutto ciò che non si conosce rappresenta in sé la vasta opportunità di comprendere e acquisire coscienza della finitezza di questa stessa.

Platone in un certo senso valica i limiti segnati dal pensiero socratico, ammettendo che la conoscenza umana può agire anche in modo deduttivo (letteralmente, portare da), attraverso percezioni ed interpretazioni più o meno distorte, attimi di insight, che attingono ad un mondo metafisico nel quale si materializza l’autentica realtà.

Nel corso della storia il concetto di metodo deduttivo, così come inteso da Platone, è stato bandito, esiliato a favore di un approccio più scientifico, orientato all’immanenza. Per di più l’esilio di questo approccio nell’ultimo secolo si è reso ancora più grave ed inamovibile con la valorizzazione, unitamente a quello immanente, anche di quello dell’imminente, ovvero di conoscenza urgente.

E se fosse uno degli errori più madornali dell’uomo?

Se ci fossimo inconsapevolmente ma spontaneamente confinati in una porzione limitata di conoscenza attraverso la reiterata applicazione di un metodo improprio?

Il matematico, fisico e filosofo Henri Poincaré ha fornito una delle definizioni più credibili di creatività: unire elementi esistenti con connessioni nuove, utili. Ciò significa che, con buona probabilità, favorire l’interazione di elementi di conoscenza provenienti non solamente dall’attuazione di un processo differente, che potrebbe essere in qualche modo incoraggiato invece che giudicato come inappropriato, ma anche da contesti cognitivi che fino ad ora non hanno mai interagito tra loro, potrebbe rappresentare un’opportunità unica.

E nell’affermarlo non sto facendo una propaganda economica di maggior presidio ai settori di ricerca e sviluppo né tentando di promuovere un approccio organizzativo più accorto alle tecniche di brainstorming o di assessment.

Sto parlando piuttosto di un approccio differente, nuovo, le cui applicazioni in campo di management, o nello specifico di security management, si possono contare forse sulla punta delle dita. Mi riferisco a vere e proprie officine creative che, attraverso la definizione di obiettivi concreti, favoriscano l’applicazione di un metodo troppo poco sperimentato.

Se vi piace vincere facile è molto semplice smontare tutto sin dall’inizio. La metodologia è tutta da definire. Risulta impossibile senza uno studio in corsa capire quali KPI stabilire e monitorare. Per non parlare poi dell’impossibilità di comprendere i ROI connessi al progetto: è più semplice considerarlo come un’emorragia che come un’opportunità. E per concludere sono certo che già la fretta di prendere subito una strada, percorsa da altri, anche se più o meno giusta, sarebbe un ottimo deterrente a questa proposta alla cieca.

Ma una sfida, se è veramente tale, non è né facile, né tanto meno verificabile in modo preventivo. E se portasse ad un effettivo miglioramento? Anche perché in fondo le strade intraprese, se non spianate con investimenti colossali, non hanno restituito risultati veramente apprezzabili.