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AssetProtection. Il professionista smart: un profilo complesso

Il mercato esige professionisti smart: competenti, precisi, veloci. Le competenze devono essere profonde il giusto nella dimensione verticale e abbastanza trasversali da abbracciare uno spettro a dir poco esteso. Precisione significa pochissimi errori, quasi zero. Saper quando fare, anche senza bisogno di pensare troppo, e quando fermarsi a pensare e smettere di fare per non sbagliare. Ma soprattutto ogni volta che si fa qualcosa, questa deve essere in accordo con il cliente, il capo e gli altri colleghi del team. Perché irrita la persona sbagliata nel momento sbagliato e sei finito.

Velocità: pensare-fare-respirare-parlare-leggere-scrivere.

Ovviamente sempre tutto contemporaneamente.

No multitasking?

No smart.

Quindi?

Sei fuori.

Non sono convinto che il corpo umano sia preparato per far questo. E lo dimostrano le più disparate forme di stress che si manifestano. Ma se il mercato lo richiede, l’essere smart si scrive nella riga dei costi del proprio bilancio personale, nella speranza che i ricavi risultino comunque in positivo. E l’unico modo per restare a galla è dotarsi di cinque semplici strumenti individuali. Qualcuno li chiama soft skill.

1 – Il sequenziatore

 

Ricordate l’indovinello della pecora, il lupo ed il cavolo? Come faccio a portarli dall’altra parte del fiume uno alla volta se non posso lasciare la pecora con il cavolo, perché lo mangerebbe, ed il lupo con la pecora perché la mangerebbe? Ecco, allo stesso modo, bisogna diventare sequenziatori e riordinare le azioni da compiere perché nessuno mangi nessuno. E nel farlo bisogna anche tenere presente che i modelli di gestione dei dati FIFO (First IN First OUT) e LIFO (Last In First OUT) sono oramai obsoleti. Adesso tutto entra e tutto esce secondo priorità sempre differenti. Un gran caos che bisogna tentare di riordinare costantemente anche se le priorità non sono sempre così esplicite.

 

2 – Il visionario

 

Quando ci si muove rapidamente in tondo la vista non distingue più i dettagli, tutto si amalgama. Ma bisogna mantenere intatta la capacità di trascendere un ipotetico sistema, per valutare anche altri elementi, apparentemente esterni.

Tradotto in modo facile?

Con una certa ricorrenza si deve anche accendere una lampadina ad illuminare una soluzione inattesa. Mai sentito parlare del problema dei nove punti di Watzlawick, Weakland e Fisch? In Change (il libro) c’è la soluzione. Acquisto consigliato, perché se la lampadina non si accende, cala un buio inquietante.

3 – l’allevatore

 

A forte sollecitazione, la rabbia ed altri sentimenti negativi crescono rapidamente. Bisogna quindi tentare di non sbranare sé stessi oppure il primo interlocutore che capita. E’ tutta una questione di equilibrio, a volte sopra la follia (per citare Vasco).  A questo riguardo è molto affascinante la leggenda Cherokee del lupo bianco e del lupo nero. Il primo è buono, innocuo, mentre il secondo è aggressivo. Bisogna alimentare entrambi perché siano in equilibrio, altrimenti il nero si sentirebbe defraudato e attaccherebbe l’altro. Viceversa, il bianco se ne andrebbe o morirebbe. Bisogna provare ad alimentare in modo sano anche il proprio capo, perché il rischio è che si prenda la mano, poi tutto il braccio e forse anche l’altro.

4 – Il comunicatore

 

Considerato che sbranare non serve a molto, e visto che l’unica soluzione che resta è parlare, almeno bisogna farlo in modo costruttivo, ordinato: secondo il modello FOS, così come spiega Stefano Greco, professionista della formazione. Si premettono i fatti – e ci si renderà conto che nella maggior parte dei casi qualche tassello mancante ha generato confusione – poi si condividono le osservazioni – anche in questo caso gli interlocutori potrebbero accorgersi di aver dimenticato di valutare qualche elemento importante – ed infine i sentimenti, tentando di ripristinare anche un’armonia emotiva. Sembra che non appartenga al mondo del lavoro, eppure è fondamentale per mantenersi in equilibrio.

5 – Il silenziatore

Non parlo di quel dispositivo che, se aggiunto alla canna della pistola, consente di sparare qualche colpo senza essere uditi. Mi riferisco piuttosto alla capacità di gestire il gran caos esterno. Tra software ed app sempre più invadenti, che lanciano alert e warning a rotta di collo, ed i colleghi incapaci di comprendere quando è il momento di parlare e quello di tacere – ho imparato presto il detto “meglio tacere e far finta di essere stupidi, piuttosto che parlare e togliere ogni dubbio” – è di fondamentale importanza saper governare la propria mente all’ascolto.

Ci sono momenti in cui deve essere estremamente ricettiva per cogliere qualsiasi messaggio proveniente dall’esterno, altri invece in cui c’è bisogno di concentrazione e per farlo occorre solamente la capacità di sapersi isolare, raccogliere le idee ed assemblarle nel modo più proficuo possibile.

Tutte capacità e tecniche che si acquisiscono in meno tempo di quanto si possa credere, ma certamente fondamentali per rispondere non solamente alle esigenze di mercato ma anche a quelle individuali.

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