Rischi e opportunità

AssetProtection. Global digital transformation: siamo pronti?

di Anthony Cecil Wright, presidente Anssaif (Associazione Nazionale Specialisti Sicurezza in Aziende di Intermediazione Finanziaria) |

Le PMI hanno affrontato una gap analysis? Sanno cos’è la risk culture? Sono pronte le scuole e le Università italiane a preparare i giovani alla trasformazione digitale?

La rubrica AssetProtection, ovvero Riflessioni su sicurezza e terrorismo, a cura di Anthony Cecil Wright, presidente Anssaif (Associazione Nazionale Specialisti Sicurezza in Aziende di Intermediazione Finanziaria). Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.

E’ in atto la trasformazione. Quale futuro prossimo ci attende? Come può una organizzazione eccellere nella competizione globale?

Il momento è assai complicato in quanto, come illustrerò fra poche righe, il futuro non è interpretabile in base a quanto ad oggi noto, ed anche il guardare al passato non consente di poter capire quello che arriverà. Ciò è tipico dei periodi di grandi trasformazioni. Lo dimostro.

Qualcuno si ricorderà che alla fine degli anni ‘70 erano apparse sul mercato delle innovazioni (ad esempio il Walkman; nel 1980 l’MS-DOS; successivamente il CD-ROM).

Uscì un libro che raccolse cosa stessero facendo le aziende leader e dava dei suggerimenti su come prepararsi ad un mondo in rivoluzione. Parlo di Tom Peters, allora in McKinsey, e del libro “Alla ricerca dell’eccellenza”.

In esso, Peters dava alcune indicazioni che a mio parere sono utili anche oggi.

Fra queste ricordo: l’orientamento al cliente, l’incoraggiamento dell’autonomia e della imprenditorialità, il coinvolgimento del personale, l’enfasi su un valore chiave, struttura semplice e staff ridotto, l’equilibrio fra elasticità e rigidità dei controlli.

Inoltre, nel testo affermava che bisogna eccellere sia nella trasformazione sia nella gestione corrente. Essere veloci: mi ricordo nel libro un motto “Pronti. Fuoco. Puntate”.

Il mondo stava cambiando; in che modo, allora non si sapeva e quindi bisognava essere pronti anche a sfruttare le occasioni che la tecnologia avrebbe offerto.

Il libro uscì tradotto in Italia nel 1982.

Fu quasi 10 anni dopo, nel 1990, che apparve il primo sito Web!

Chi poteva prevederlo a fine anni ’70?

Un’autentica rivoluzione!

Quindi, il passato ed il presente molto probabilmente non ci dicono quale innovazione rivoluzionaria arriverà nei prossimi dieci anni, e l’unica cosa da fare è di prepararsi e andare a vedere cosa fanno i digital leader.

Un recente rapporto di McKinsey indica: decisioni solide e veloci, link ottimale tra i prodotti di business e la tecnologia, riduzione radicale dei costi, architettura IT a due velocità (non ricorda questo suggerimento quello di trent’anni fa?). E non ultimo consiglio, saper assumere i rischi, non rimanere fermi (pensiamo alla Kodak Eastman, che non volle rischiare, rimase ferma con il suo prodotto, e che alla fine, nel 2007, portò i libri in tribunale!).

Affrontare il rischio: chi rimane fermo ha perso!

Queste indicazioni fanno capire che bisogna agire sulla cultura di una organizzazione; non è così facile infatti essere veloci ma nello stesso tempo mantenere alta la qualità: ciò in quanto il cliente oggigiorno è ancora più esigente di trent’anni fa.

Bisogna saper affrontare i rischi, ove, ricordo, per rischio si intende il cogliere le opportunità che si possono presentare e valutare le possibili minacce.

Fra le minacce, non possiamo dimenticare il cybercrime e la sempre maggiore attenzione del cliente al prodotto fornito.

Bisogna pensare alla continuità del business, alla protezione della riservatezza dei dati, a saper gestire eventuali situazioni di emergenza e di crisi per non perdere la reputazione.

A questo proposito, Accenture afferma “i nuovi prodotti e servizi devono essere etici e sicuri by design” ed inoltre: “le aziende che si muovono nel modo giusto saranno in grado di costruire una fiducia a lungo termine che porterà ad una customer loyalty duratura. (…) Le organizzazioni devono gestire i dati e i principi etici digitali come strategie core per mitigare i rischi”.

Pertanto, è richiesta una adeguata cultura del rischio a tutti i livelli.

Abbiamo anche accennato ad architetture informatiche a due velocità: agili e veloci nello sviluppo, ma eccellenti nella gestione (non facciamo arrabbiare il Cliente!).

Viene senz’altro in mente che esistono da tempo delle metodologie agili e soprattutto metodologie chiamate DevOps (da Development e Operations) come approccio, ma affinché funzionino richiedono un’adeguata cultura della organizzazione.

Gartner, infatti, afferma in un recente rapporto che “entro il 2018 il 90% delle organizzazioni che avranno tentato di utilizzare DevOps, senza avere specificamente indirizzato la loro struttura culturale, falliranno”.

Bisogna quindi intervenire nella cultura dell’organizzazione.

Cerco ora di riassumere: le organizzazioni devono affrontare una trasformazione interna a livello culturale, vuoi digitale, vuoi di rischio (nel senso detto prima).

Le organizzazioni devono puntare alla massima collaborazione fra il personale, fra le diverse business unit.

Tutti devono cooperare nella innovazione, essere flessibili, pronti ad apprendere, aperti all’innovazione, aperti a sfruttare nuove occasioni, ma non dimentichi della qualità.

Ci deve essere una cultura digitale diffusa.

Le PMI hanno affrontato una gap analysis? Sanno in cosa consista una adeguata risk culture?

Sono pronte le scuole e le Università italiane a preparare i giovani a questa nuova trasformazione digitale?

Diceva l’imperatore Augusto più o meno così: “Affrettatevi, ma con prudenza”.