Customer care

AssetProtection. Gestione dei reclami fra barzellette e casi d’eccellenza

di Alberto Buzzoli, Socio ANSSAIF – Associazione Nazionale Specialisti Sicurezza in Aziende di Intermediazione Finanziaria |

Il reclamo è la manifestazione di insoddisfazione da parte del cliente. E come tale dovrebbe essere trattata nel modo più scrupoloso possibile, anche se non sempre è così.

La rubrica AssetProtection, ovvero Riflessioni su sicurezza e terrorismo, a cura di Anthony Cecil Wright, presidente Anssaif (Associazione Nazionale Specialisti Sicurezza in Aziende di Intermediazione Finanziaria). Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.

Il rapporto commerciale (per ora utilizzeremo una definizione alquanto generica) che si stabilisce tra due parti – una fornisce un bene o eroga una prestazione e l’altra li riceve di diritto oppure dietro pagamento di un compenso – è un cammino lastricato di gioie ma anche troppo spesso di dolori.

Quando il cliente ha qualcosa da ridire, alcune volte nel suo pieno diritto, s’innesca troppo spesso un meccanismo da allerta rossa che non fa altro che esacerbare gli animi e produrre perdite economiche.

E per chi obiettasse che il tema ha poco a che vedere con le questioni di sicurezza, gli chiederei di riflettere sulla differenza tra un vero e proprio sabotaggio interno ed una reiterata gestione fallimentare dei reclami.

Il reclamo, per definizione normativa del mondo degli standard internazionali di applicazione volontaria, è definito come la manifestazione di insoddisfazione da parte del cliente. E come tale dovrebbe essere trattata nel modo più scrupoloso possibile, anche se non sempre è così.

Deve compilare il modulo reclami

E’ difficile sostenere un buon servizio di assistenza clienti, garantendo tempi di risposta rapidi ed un livello informativo preciso. Ma il cliente insoddisfatto, dopo aver atteso per svariati minuti al telefono di poter parlare con un operatore, vuole sputare il rospo e risolvere quanto più rapidamente la situazione. Ed invece no. In alcuni casi gli viene indicato un indirizzo internet dal quale scaricare un modulo che deve poi essere stampato, compilato ed inviato per posta.

Prima obiezione: perché l’operatore non può trascrivere ciò che riferisce il cliente ed avviare il processo interno di gestione del reclamo?

Non sarà forse che l’azienda sta cercando di rendere il percorso tortuoso nella speranza che la maggior parte delle lamentele cadano nel dimenticatoio?

Seconda obiezione: perché mai il cliente dovrebbe scaricare da internet, ammesso che disponga di una connessione e sappia farlo, un modulo. Sta usando il telefono per gestire la faccenda. Anche questo è un giochetto per complicare le cose oppure chi ha progettato il processo ha sbagliato lavoro?

 

Deve inviare il modulo reclami via fax oppure via raccomandata

 

Non tutte le aziende sono preparate a farlo, ma molte hanno attivato mirabolanti siti internet ultra efficaci dal punto di vista della comunicazione al fine di rendere le offerte quanto più chiare possibili. Ed hanno completato quest’apprezzabile lavoro con form di inserimento e modifica dati, persino ben strutturati per garantire la validità legale del processo.

L’utente che decide di muoversi in quest’ambiente è preparato a farlo, sia per strumenti che per competenze. Ma in caso di reclamo gli viene richiesto di fare l’unica mossa per la quale potrebbe essere completamente impreparato: inviare un fax oppure stampare e spedire per posta.

Non sembra anche a voi un po’ anacronistico negli anni in cui si combatte per le PEC e la firma digitale?

Deve inviare un reclamo

 

Questa terza casistica sembra essere peculiare del settore telecomunicazioni, con particolare riferimento ai provider di connettività. Un cliente nativo digitale sarebbe ben contento di poter gestire qualsiasi faccenda online, con live chat o qualsiasi altro strumento similare. Se non fosse che di colpo è costretto ad usare il telefono perché la connessione è assente oppure degradata. E vien da sé che se l’operatore telefonico gli sta chiedendo di compilare una form, l’unica finalità della conversazione è quella di fargli schizzare la pressione alle stelle.

Il malcapitato rispiega con pazienza; allora l’operatore compassionevole un po’ per intelligenza personale un po’ perché si vuol fregiare il petto con la buona azione quotidiana – e non manca certamente di sottolinearlo – risolve in altro modo.

La connessione è ripristinata ma i Mbps per secondo sono troppo bassi rispetto a quanto promesso dall’offerta commerciale; comunque sufficienti per aprire un altro reclamo, questa volta online. E la lancetta sale ancora un po’. Vien quasi da pensare che lo SLA della velocità di connessione sia collegato al numero di reclami (con annesse minacce di disdetta) che il cliente riesce ad inviare.

 

Adeguamento tecnologico

La multicanalità da un lato e la diversificazione dei target dall’altra ha certamente complicato un po’ la faccenda, ma chi si occupa della configurazione del processo di gestione dei reclami è importante che stia sul pezzo, aggiornando costantemente competenze tecniche e normative.

Il rischio di un mancato adeguamento? Diventare un barzellettiere e far imbufalire i clienti. E non c’è nulla di male neanche a dare un’occhiata a ciò che fa la concorrenza, perché capita anche di vedere aziende che hanno persino integrato la segnalazione verbale del reclamo con la fatturazione, riportando automaticamente in contabilità il danno di inefficienza.