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AssetProtection. Banche di Credito Cooperativo: chi sono e perché se ne parla tanto

di Anthony Cecil Wright, presidente Anssaif (Associazione Nazionale Specialisti Sicurezza in Aziende di Intermediazione Finanziaria) |

A fine anno erano 376 le BCC sul mercato, pari al 15% degli sportelli e al 6% dell’attivo complessivo  del sistema finanziario italiano.

Breve sintesi su quanto recentemente illustrato da Carmelo Barbagallo, Capo del Dipartimento di Vigilanza Bancaria e Finanziaria, Banca d’Italia, dal titolo: Le banche locali e di credito cooperativo in prospettiva: vigilanza europea ed evoluzione normativa”. (il testo integrale qui dal sito della Banca d’Italia)

 La rubrica AssetProtection, ovvero Riflessioni su sicurezza e terrorismo, a cura di Anthony Cecil Wright, presidente Anssaif (Associazione Nazionale Specialisti Sicurezza in Aziende di Intermediazione Finanziaria). Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.

Desideriamo, qui di seguito, richiamare il recente discorso del Capo della Vigilanza Bancaria ad un convegno organizzato dalla Federazione delle Cooperative Raiffeisen.  Abbiamo trovato l’intervento assai interessante, oltre che per la chiarezza e completezza espositiva, principalmente per due motivi: non sono pochi coloro che non hanno informazioni aggiornate ed oggettive relativamente ad una realtà assai importante per il Paese, costituita da centinaia di Banche di Credito Cooperativo radicate nel territorio, con una imprenditività ed una operatività assai attente alle esigenze locali: ciò pertanto può rappresentare una occasione per essere stimolati ad informarsi; inoltre, l’estrema attenzione al contenimento dei costi e alla crescita professionale degli addetti, richiesta dall’attuale scenario internazionale, può essere un’ulteriore occasione per l’Associazione di rendersi utile ai soci, anche per gli addetti delle BCC (information sharing, creating awareness), se le stesse lo ritenessero utile. Pertanto, con questo articolo, oltre ad informare i non addetti ai lavori, invitiamo le BCC ad avvicinarsi alle attività dell’Associazione.

Se vogliamo racchiudere in due parole le conclusioni di Barbagallo (sperando che mi perdoni per la semplificazione) potremmo farlo citando le sue parole: “L’integrazione è un obiettivo non più rinviabile per le BCC italiane. Occorre individuare soluzioni che favoriscano un assetto del sistema meno frammentato e meglio strutturato, capace di superare gli svantaggi della piccola dimensione ma allo stesso tempo di preservare i valori della cooperazione e della prossimità con il territorio che da sempre costituiscono il punto di forza delle banche locali”.

Inoltre, ai fini di poter competere in un mercato assai più concorrenziale, è necessario: “un riassetto più incisivo, che consenta di conseguire al più presto l’ammodernamento della gestione, il rafforzamento strutturale della redditività e la capacità, ove necessario, di reperire risorse patrimoniali anche consistenti in tempi brevi. Occorre dunque procedere con rapidità a una riforma del sistema che elimini le inefficienze insite nell’attuale configurazione di rete, ponendo le premesse per ridurre i costi operativi, innalzare la professionalità di esponenti aziendali e addetti, accrescere la qualità e la gamma dell’offerta alla clientela, utilizzare al meglio la tecnologia, eliminare gli ostacoli alla raccolta di capitali sul mercato”.

Per quali motivazioni viene suggerito alle BCC l’opportunità di valutare forme di integrazioni che “valorizzano congiuntamente l’appartenenza a gruppi bancari e il mantenimento della forma cooperativa”?

Possiamo così sintetizzare le motivazioni principali utilizzando parte del discorso di Carmelo Barbagallo:

  • Il contesto economico difficile, l’evoluzione della regolamentazione, la nuova dimensione europea della supervisione bancaria.
  • La richiesta di livelli di capitale più elevati per fronteggiare i rischi derivanti dal deterioramento dei crediti, per sostenere l’erogazione di nuovo credito necessario per l’economia, per proteggere i risparmiatori da perdite in caso di crisi, per mantenere la fiducia dei mercati e del pubblico in un contesto europeo più integrato e più competitivo”.
  • La forma cooperativa, nel modello adottato in Italia, rende tuttavia difficile la ricapitalizzazione”.
  • “In situazioni di crisi, i limiti legali uniti alla scarsa o nulla integrazione delle singole aziende in un sistema, limitano le soluzioni disponibili per preservare il valore aziendale e possono rendere inevitabile, nell’interesse dei risparmiatori e a tutela della stabilità finanziaria, l’aggregazione in banche di altra categoria”.
  • “Nell’area dell’euro, l’applicazione di standard di vigilanza omogenei per tutte le banche, ivi comprese le piccole banche cooperative, determinerà una crescente pressione verso livelli di capitale e soluzioni organizzative caratterizzati da elevata coesione”.

Chi sono le BCC

 

Alle BCC fa capo circa il 15% degli sportelli e intorno al 6% dell’attivo complessivo del sistema finanziario italiano.

A fine anno le BCC erano 376.

Delle 530 less significant intermediaries (LSI) italiane, ossia quegli intermediari che restano assoggettati alla supervisione diretta della Banca d’Italia, circa il 90% è rappresentato da banche locali e oltre il 70% da BCC.