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Aspettando il Ponte sullo Stretto: una storia che divide l’Italia

Periodicamente il dibattito sull’attraversamento stabile dello Stretto di Messina riprende vigore e, come da consuetudine pluridecennale, questo si intensifica a ridosso di consultazioni elettorali. Dagli anni ‘60 ad oggi è stato un succedersi di concorsi di idee, redazioni di rapporti di fattibilità e finanziamenti per studi preliminari che hanno mantenuto viva l’idea di poter congiungere durevolmente le due sponde opposte dello stretto.

Ma ogni passo in avanti compiuto verso lo sviluppo dell’idea e della sua possibile realizzazione è stato accompagnato da critiche ed obiezioni di differente natura. In oltre mezzo secolo di impegno per individuare una futura soluzione praticabile per un collegamento continuo e stabile si è spesso trascurato il presente e le correnti difficoltà di attraversamento operando sul campo con soluzioni non sempre capaci di rispondere adeguatamente al trasporto delle persone, e sovente improntate più alla riduzione dei costi operativi che a fornire soluzioni efficienti alla domanda di mobilità, praticando con logiche di minimo investimento caratterizzate da precarietà infrastrutturale. Basti pensare alla brusca caduta delle relazioni di attraversamento ferroviario tra Sicilia e penisola che hanno visto dagli anni duemila una decimazione con la progressiva riduzione, ed in alcuni casi alla cancellazione, dei collegamenti ferroviari diretti con le grandi città del centro-nord (Milano, Torino, Venezia, Roma).

In ogni modo le attuali difficoltà di transito tra Sicilia e Calabria non sono addebitabili unicamente a scelte di origine economico-gestionale ma contraddittoriamente risultano discendere anche dal processo di innovazione delle tecnologie Infatti, in modo antitetico ai risultati resi dal rinnovamento dei trasporti nelle regioni centro-settentrionali del Paese, nell’area dello stretto si scontano le difficoltà di un quadro di aggiornamento delle infrastrutture e dei servizi che mostra ritardi ed ostacoli significativi.

Questa dualità nei risultati è il sintomo di avvicinamento insufficientemente sistemico ai problemi della mobilità e che guarda alle soluzioni senza usare le giuste lenti capaci di mettere a fuoco le realtà infrastrutturali e le complessità ambientali. Parlare di “Italia a due velocità” è luogo comune ma oggettivamente si constata che tra Roma e Milano è possibile percorrere 570 km di linea ferroviaria mediamente in 3 ore e 10 minuti, ed invece per viaggiare da Roma a Reggio Calabria i 670 km di linea ferrata sono percorribili in 6 ore e 5 minuti, di cui 220 km di linea AV tra Roma e Napoli praticabili in 1 ora e 5 minuti. A conti fatti per giungere sulle sponde dello Stretto da Napoli e muoversi su 450 km di ferrovia si impiegano 5 ore. In termini di velocità media sulla tratta Roma-MI si viaggia a 180 km/h contro i 90 km/h della NA-RC. Una prima deduzione da questo semplice confronto è la netta differenza di utilizzo di mezzi ad elevate prestazioni sia per le condizioni del tracciato ferroviario che per la programmazione del servizio.

La linea ferroviaria tirrenica è caratterizzata da una orografia impegnativa che si svolge lungo un tracciato ricco di curve con raggi di curvatura ristretti, con gallerie a sezione minima e con dislivelli importanti. La presenza di limiti alla infrastruttura di corsa minimizza i benefici dell’introduzione di elettrotreni ad Alta Velocità (AV) impedendo lo sfruttamento delle loro piene prestazioni. Il superamento di questi ostacoli è in corso di studio, valutazione e realizzazione attraverso i piani di sviluppo di RFI che prevedono una riprogettazione della dorsale tirrenica Salerno-Reggio Calabria per adeguarla ai nuovi sistemi AV, con costruzione di nuovi tracciati e ristrutturazione dei vecchi ove possibile. Il sito di RFI[1] da spazio alla importanza della nuova linea AV “SA-RC” che “costituisce un itinerario strategico passeggeri e merci tra il sud e il nord del Paese”. Ed inoltre viene, a ragione, descritta la rilevanza dell’intervento in quanto facente capo alla programmazione europea in materia di trasporti per la strutturazione del corridoio Scandinavo-Mediterraneo capace di unire il sud ed il nord della penisola. Giusta iniziativa ancora più necessaria per costruire quel ponte di congiunzione tra il margine meridionale dell’Italia con il resto dell’Europa.

Tra i vantaggi indicati[2] la percorrenza tra Roma e Reggio Calabria sarà possibile in 4 ore in base all’esercizio prescelto, innalzando la velocità media ad oltre 150 km/h. Questo richiederà un intervallo temporale per la realizzazione che giungerà al 2030 ed oltre, se tutto andrà secondo il cronoprogramma di progetto. La programmazione del servizio è un altro punto dolente che andrà affrontato man mano che saliranno le velocità di punta in quanto non sarà compatibile un esercizio con fermate ravvicinate, come attualmente espletato, per riuscire a contenere i tempi di sosta e non incorrere in una riduzione delle velocità massime.

Ma anche sulla sponda opposta la situazione non è affatto rosea avendosi una struttura di trasporto ferroviario incompatibile con i necessari standard AV. Basti ricordare che tra Messina e Catania per buona parte del percorso si viaggia su unico binario e tra Messina e Palermo la situazione non è molto differente. Anche in questo caso RFI ha lanciato un piano di ammodernamento per cercare di colmare, almeno parzialmente, il deficit infrastrutturale. Dal 2015 si parla del potenziamento del percorso Messina-Catania-Palermo e recentemente con fondi PNRR si sta lavorando per completare il raddoppio del tracciato. Sul versante tirrenico proseguono i lavori di raddoppio della linea Messina-Palermo che si protraggono da molti anni e che non trovano quello slancio necessario per ultimare l’opera in tempi ristretti.

Sebbene ricadute importanti siano previste per i collegamenti con la Sicilia diviene arduo pensare a soluzioni di attraversamento dell’area dello Stretto con il materiale rotabile AV di attuale concezione a composizione bloccata e quindi scarsamente idoneo ad operazioni di taglio del convoglio per l’imbarco sui traghetti odierni. La cesura naturale operata dal braccio di mare è quindi ostacolo alla continuità ferroviaria nel senso di un prolungamento del servizio con trasferimento del materiale rotabile? Sembrerebbe di no stante le indicazioni di uno studio per la realizzazione di convogli ETR a composizione ridotta aventi lunghezza di 103 metri, accoppiabili in due sezioni per due diverse destinazioni siciliane (Palermo e Catania/Siracusa) in grado di essere trasportati nelle navi traghetto in servizio sullo stretto. Essi sarebbero equipaggiati con sistemi di accumulo elettrico capaci di garantire autonomia nelle operazioni di imbarco e sbarco.

Il processo di rinnovamento ed adeguamento tecnologico offrirebbe una soluzione per l’attraversamento tra Sicilia e Calabria con qualità del servizio di livello comparabile a quella del resto della Paese. Il ponte appare quindi non più “la soluzione” ma una delle soluzioni al problema della cesura geografica che ostacola il proseguimento della continuità ferroviaria.

Il dibattito “Ponte si, Ponte no” pone a confronto le posizioni più variegate riportando valutazioni di impatti nei più disparati settori con risultati altalenanti e senza giungere a sciogliere il nodo. Di certo l’opera si presenta impegnativa e non priva di incognite realizzative non completamente risolte, di necessità manutentive costanti, di impatti territoriali consistenti e con margini di incertezza nei costi e nei ricavi.

Ma, in attesa di una soluzione futura, solida e credibile, esiste una soluzione al disagio attuale? Un approccio alternativo è quello che guarda al problema del trasporto tramite interventi infrastrutturali e servizi in grado di coniugare le innovazioni tecnologiche con soluzioni organizzative di raccordo capaci di minimizzare disagi e tempi di attraversamento. Oggi l’attraversamento veloce dello Stretto è possibile con l’ausilio di un servizio che opera in coincidenza con le principali partenze/arrivi da e per il centro-nord. Ma la logistica dei luoghi non procede nel senso di un facile accesso a questo servizio per quel viaggiatore che dal treno debba usufruire dell’attraversamento veloce. Come riscontato anche dal GdL complementare incaricato dal MIMS all’approfondimento di alcune tematiche circa il collegamento dinamico dello Stretto, risultano criticità nei terminal marittimi e ferroviari sulle due sponde. In particolare sono denunciate: la bassa qualità dei terminal passeggeri, la scarsa accessibilità, l’inadeguato numero di approdi disponibili per la concorrenza tra operatori del settore, la difficoltà ad accogliere la domanda in ore di punta vista anche la concorrenzialità con il trasporto pendolare. Idee per soluzioni sono state avanzate per migliorare alcune di queste criticità per affrontare nell’immediato il problema dell’esigenza di un trasporto di qualità sullo Stretto tra cui il rinnovo dei terminal, l’incremento degli approdi e l’ammodernamento della flotta.

L’accessibilità dei servizi di attraversamento al viaggiatore ferroviario è uno dei provvedimenti che potrebbero a breve termine fornire una qualità del servizio migliore. La continuità del collegamento tra il punto di approdo e la stazioni di arrivo/partenza all’approdo siciliano potrebbe essere elevata anche con soluzioni collaudate già nelle condizioni di riferimento:

In attesa che il futuro divenga realtà, sia sotto forme di un ponte che di un servizio avanzato di trasporto navale, sono indubbiamente necessari interventi solleciti per superare le numerose difficoltà e le evidenti carenze presenti, per offrire un servizio di qualità che consenta di rispondere alla domanda di mobilità secondo criteri di convenienza, valore, funzionalità ed efficienza.


[1] https://www.rfi.it/it/rete/i-nostri-progetti/Per-la-lunga-percorrenza.html

[2] https://www.fsitaliane.it/content/fsitaliane/it/opere-strategiche/potenziamento-con-caratteristiche-di- alta-  velocita–della-dirett.html

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