Nuove forme

ArTVision fa tappa in Montenegro: viaggio tra innovazione e tradizione

di Bruno Zambardino, Armando Maria Trotta |

La spinta di questi giovani artisti può dire tanto all’Europa ed al mondo, può arricchirci e reclama attenzione, quella che merita.

Terra di confine chiusa al mondo, flagellata da divisioni interne e popoli diversi, oppressi e oppressori che si sono alternati incessantemente sul palcoscenico del Montenegro, una terra che ha tutta la voglia di crescere e di mostrarsi al mondo per ciò che è e ciò che possiede.

ArTVision è una rubrica quindicinale promossa da Key4biz e Regione Puglia.
Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui
Il Montenegro è una enclave aperta verso l’Europa che non ha paura dei propri spettri e sa reinterpretare i retaggi dell’arte occidentale del passato più recente e più innovativo.

Ad esempio in “The Blind”,

Una messa in scena non del tutto convenzionale, possiamo registrare due grandi citazioni al lascito più colto e rivoluzionario scaturito dai moniti veterotestamentari che condussero Pieter Bruegel il Vecchio alla creazione de “La parabola dei ciechi” e dagli avvenimenti storici che indussero in tentazione Francisco Goya in “3 Maggio 1808”, la tentazione di denunciare la brutalità sistemando i suoi morituri su un palcoscenico inventato, con tanto di illuminazione teatrale (oggi diremmo cinematografica) nell’intento di spettacolarizzarne il passaggio cruciale da vittime a martiri.

Il martirio, la guerra, la resurrezione, l’orrore; temi che si rincorrono e si annullano a vicenda nelle storie montenegrine, nell’immaginario di pensatori e fruitori delle “cose della mente”.

“Continua” è il titolo di un’esposizione personale dell’artista montenegrina Marina Kuveljic, nella quale vengono disposti sei pannelli raffiguranti delle figure femminili nella continuità dello spazio e del tempo. Proprio come le forme di Umberto Boccioni, proprio come il nudo che discende le scale di Duchamp (e questo vale per le avanguardie), proprio come Woman Walking Downstairs di Muybridge (e questo vale per la sperimentazione analitica).

I boschi, le radure del Montenegro si sono accoccolate su un’area artistica che attinge dalle vene pulsanti del nostro più amato storicismo per reinterpretarne gli impulsi.

La luce cara a Paul Cézanne viene reinterpretata in seno ad una mostra di artisti montenegrini che eleggono le radiazioni luminose a fonte di ispirazione e fine ultimo al quale ambire per poter trascendere lo spazio ed il tempo, attraversando una sorta di relativismo più fisico che poetico.

Il tema della caduta, ad esempio, viene sviscerato nell’opera di Sinisa Radulovic

che ci propone un avvenimento traumatico della sua vita (un’incidente d’auto) attraverso una video istallazione nella quale un’automobile fatta di sola luce plana rovinosamente su un letto di piume immobili, ancorate al suolo.

La spinta di questi giovani artisti può dire tanto all’Europa ed al mondo, può arricchirci e reclama attenzione, quella che merita, quella di cui necessita per diventare finalmente qualcosa che forse già è un coacervo di visioni ispirate e rivelatrici che fremono nell’attesa di raccontare storie a noi tutti sconosciute e inconsapevolmente preziose.