L'intervista

Tassare i robot, arriva in Italia la proposta di legge. Intervista ad Oreste Pastorelli (Gruppo Misto)

di Roberto Capocelli |

"Usare la tecnologia a discapito della collettività e dello Stato non è il modo corretto di gestire la transizione tra presente e futuro. Noi siamo progressisti e sosteniamo la necessità di migliorare la tecnologia del Paese. Digitalizzare, però, non significa sostituire: l'obiettivo deve essere quello di coniugare tecnologia e tradizione, digitale ed analogico".

Il leader del Labour Party inglese Jeremy Corbyn è stato solo l’ultimo ad aggiungersi alla lunga lista di sostenitori della proposta lanciata, lo scorso febbraio, addirittura dal patron di Microsoft, Bill Gates: tassare i robot per salvare la società fondata sul lavoro che, con l’automatizzazione sempre più pervasiva, rischia di scivolare dritta in una stagione buia di disoccupazione di massa.

L’allarme risuona da tempo soprattutto fra coloro che hanno avuto la possibilità di vedere da vicino come davvero funziona l’economia digitale: è il caso dell’ex dipendente di Facebook, Antonio García Martínez, intervistato dalla BBC che, dopo anni di lavoro in Silicon Valley ha deciso di comprare un terreno su un’isola da usare come rifugio per sfuggire ai disordini sociali che, prevede, saranno causati dalla disoccupazione di massa.

A riprova di quanto il tema sia centrale, la proposta di tassare i robot è riuscita ad aggregare una strana alleanza che va dallo scienziato Stephen Hawking fino al “visionario” delle nuove tecnologie, Elon Musk. La materia è complessa e le proposte sono ancora in embrione, ma di sicuro si tratta di una tematica su cui si gioca una delle più delicate partite per il presente e il futuro. Una tematica che riguarda il ruolo degli stati nazione, i sistemi di welfare, la coesione sociale e il lavoro.

L’idea di tassare i robot è approdata anche in Italia, direttamente in Parlamento; è datata 3 Agosto la proposta di legge a firma di tre deputati e denominata “Agevolazioni fiscali per l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale nella produzione di beni”.

Si tratta di un’iniziativa presentata dall’onorevole socialista Oreste Pastorelli e presentata assieme alle deputate Pia Locatelli, capogruppo del Psi alla Camera e Michela Marzano, deputata indipendente.

Ne parliamo con il primo firmatario del disegno di legge, l’on. Oreste Pastorelli.

Key4Biz. Cosa prevede la proposta di legge?

Oreste Pastorelli. La legge prevede l’aumento di un punto percentuale dell’aliquota Ires qualora un’attività produttiva sia realizzata e gestita direttamente da macchine intelligenti, ma prevede anche misure in favore della riqualificazione professionale: se l’impresa che impiega i robot decide però di investire nel relativo anno d’imposta una somma pari allo 0,5 per cento dei propri ricavi in progetti di riqualificazione professionale dei lavoratori o in strumenti di welfare aziendale, l’aumento della tassazione non scatta.

Key4Biz. Come è nata l’idea della proposta di legge?

Oreste Pastorelli. L’idea è nata osservando i cambiamenti che attraversano il mondo del lavoro, e che interessano particolarmente alcuni settori produttivi. Penso a comparti come quello agricolo o manifatturiero che subiscono un vero e proprio sconvolgimento dal punto di vista tecnologico. Ma anche tanti altri settori stanno cambiando in modo repentino e, spesso, traumatico.

Come sappiamo, molti lavori che prima che prima erano assegnati al capitale umano, vengono oggi affidati ai robot dalle aziende. Così facendo si risparmia sui costi e vengono meno tante problematiche che il datore di lavoro è costretto ad affrontare con i propri dipendenti. Ovviamente, però, mentre si riesce a ottimizzare la produzione nascono nuovi problemi che riguardano la distribuzione della ricchezza la tenuta stessa delle società: credo sia importante intervenire per garantire che il mutamento, positivo per sua natura, avvenga senza traumi e senza scaricare i costi sulle masse. Deve essere mutamento e progresso, appunto, non un bagno di sangue. La tecnologia deve servire a migliorare le società e deve essere posta a servizio delle persone: se crea scompensi sociali troppo forti vuol dire che la stiamo utilizzando male. Non possiamo immaginare un sistema in cui in pochi si arricchiscono a dismisura mentre, contemporaneamente, si perdono tanti posti di lavoro e lo Stato, perdendo risorse, perde di centralità.

Key4Biz. La proposta di legge, dunque, si inserisce in un ragionamento più ampio sull’economia digitale?

Oreste Pastorelli. Noi siamo progressisti e, da sempre, sosteniamo la necessità di migliorare la tecnologia del Paese. Digitalizzare, però, non significa sostituire. L’obiettivo deve essere quello di coniugare tecnologia e tradizione, digitale ed analogico. L’Italia ha un patrimonio storico e culturale talmente grande che non può permettersi di disperderlo in favore dell’intelligenza artificiale. L’economia digitale rappresenta sicuramente il futuro del Paese. Il cambiamento, però, andrà gestito nel migliore dei modi, senza scossoni per la nostra economia né per i nostri livelli occupazionali. E questa legge si inserisce proprio in questo ragionamento. Automazione sì, ma gestita dagli umani per gli umani.

Key4Biz. Come immaginate di gestire la trasformazione?

Oreste Pastorelli. Prima di tutto alzando le tasse a chi sostituisce del tutto il capitale umano della propria azienda. Usare la tecnologia in questo modo, a discapito della collettività e dello Stato non è, secondo noi, il modo corretto di gestire la transizione tra presente e futuro. Poi andranno preparati e formati al meglio i nostri giovani ad altri tipi di lavoro, oggi ancora poco conosciuti in Italia. Le scuole e gli atenei italiani dovranno puntare sempre di più sull’innovazione, sulle occupazioni che da noi sono meno consuete, ma che all’estero sono molto diffuse. Penso ad esempio ai lavori che riguardano l’ambiente e la green economy.

Key4Biz. E’ possibile coniugare l’economia digitale con il rispetto dei diritti?

Oreste Pastorelli. E’ molto complicato a dire il vero. Servirebbero norme internazionali per disciplinare l’economia digitale sia per quanto riguarda l’aspetto giuridico che quello relativo ai diritti. L’auspicio è che almeno l’Europa riesca a mettere in piedi un sistema tale da garantire il rispetto dei diritti anche nell’era dell’economia digitale.