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Dal 7 ottobre stop all’export, ma nel 2024 Israele ci ha fornito armi per 155 milioni
In Italia il dibattito sul rapporto con Israele e sulle forniture militari si è acceso soprattutto dopo le manifestazioni di piazza seguite all’abbordaggio della Freedom Flotilla, quando migliaia di persone hanno chiesto al governo di interrompere ogni vendita di armi a Tel Aviv. Va chiarito subito: dal 7 ottobre 2023 l’Italia non ha più concesso autorizzazioni per l’export di nuove armi verso Israele, con la voce delle forniture che recita 0. A restare valide sono solo le licenze rilasciate prima di quella data, che in alcuni casi hanno continuato a produrre spedizioni, valutate caso per caso dall’Uama, l’Unità per le autorizzazioni dei materiali d’armamento.
Export armi verso Tel Aviv, cosa dice la legge
La legge 185 del 1990 regola in modo rigoroso l’export di armi italiane. Vietando le forniture a Paesi in guerra o che violano il diritto internazionale, impone controlli e autorizzazioni stringenti. Dopo il 7 ottobre 2023 l’Italia ha bloccato tutte le nuove licenze verso Israele, come si vede dal grafico: nel 2024 le autorizzazioni si fermano a zero, dopo anni con valori compresi tra 9 e 21 milioni di euro. Restano in vigore solo le licenze già concesse, che l’Uama analizza una per una per decidere se autorizzare o sospendere la spedizione. Ogni anno il governo presenta al Parlamento una relazione ufficiale con tutti i dati, utile per capire quali contratti restano attivi e quali si sono fermati.
I dati ISTAT-COEWEB mostrano che nel 2024 l’Italia ha esportato in Israele armi, munizioni e accessori per 5,8 milioni di euro. Si tratta di forniture legate a licenze precedenti al blocco del 7 ottobre 2023, ancora valide nei mesi successivi. La tendenza però è in netto calo: tra gennaio e maggio 2025 le esportazioni della stessa categoria hanno superato di poco i 200 mila euro, segno che le vecchie autorizzazioni stanno ormai arrivando a fine corsa.
L’Italia non esporta armi in Israele, le importa
Forse la protesta andrebbe ribaltata: più che sulle armi che l’Italia esporta, sarebbe utile guardare a quelle che importa. Dal 7 ottobre 2023 non esistono nuove forniture verso Israele, ma nello stesso periodo il flusso in senso opposto è aumentato. Nel 2024 l’Italia ha autorizzato 42 importazioni di armamenti israeliani per un valore di 155 milioni di euro, facendo salire Israele dal settimo al secondo posto tra i fornitori del sistema di difesa italiano.
Nel 2024 l’Italia ha importato materiale militare per 743,7 milioni di euro. Quasi un quarto, il 24,7%, proviene dagli Stati Uniti; subito dopo c’è Israele, che copre il 20,8% del totale, seguita da Svizzera (15%), Regno Unito (11,6%) e India (11,5%). In un solo anno il peso delle forniture israeliane è quintuplicato rispetto al 2023, quando rappresentava appena il 2,5%.
Chi arma Israele e quale ruolo ha l’Italia
Prima del 2023 i rapporti militari tra Italia e Israele erano solidi. Le esportazioni italiane di armamenti valevano 9,9 milioni di euro, una cifra simile a quella del 2022. In quegli anni l’Italia forniva a Tel Aviv circa l’1% delle importazioni militari, in gran parte elicotteri leggeri (59%) e cannoni navali (41%). L’Italia partecipa anche al programma internazionale del caccia F-35, producendo alcune componenti. Questa collaborazione continua, ma non rientra nel sistema delle nuove licenze di esportazione.
Prima del 7 ottobre Israele figurava tra i principali acquirenti di armi al mondo, al 15° posto, con una quota pari all’1,9% del totale globale. Gli Stati Uniti fornivano la parte più consistente, circa il 66%, seguiti da Germania con il 33% e Italia con l’1%. A questi si aggiungevano altri Paesi che vendevano componenti, munizioni e servizi tecnici, segno di un’industria militare strettamente connessa alle filiere occidentali già prima dell’escalation del conflitto.
Stati Uniti e Germania, i principali finanziatori di Tel Aviv
Il principale partner militare di Israele sono ovviamente gli Stati Uniti, che tra il 2020 e il 2024 hanno fornito il 66% delle sue armi. Il legame tra i due Paesi è di lunga data: dal 1948 Washington ha versato oltre 130 miliardi di dollari in aiuti, con 3,3 miliardi l’anno tramite il programma Fmf (Foreign Military Financing) e altri 500 milioni per la difesa missilistica. Con la nuova amministrazione entrata in carica a gennaio 2025, gli aiuti sono aumentati ancora. Nei primi mesi dell’anno Washington ha approvato forniture per 12 miliardi di dollari, tra cui bombe da 2000 e 1000 libbre e bulldozer corazzati Caterpillar D9.
Dopo gli Stati Uniti viene la Germania, che tra il 2020 e il 2024 ha fornito a Israele il 33% delle armi importate, soprattutto nel settore navale: 81% fregate, 10% siluri e 8,5% motori per veicoli blindati. Le fregate Sa’ar 6, costruite nei cantieri tedeschi, operano oggi al largo della Striscia di Gaza. L’8 agosto 2025 il governo tedesco ha però deciso di bloccare le nuove esportazioni militari verso Israele, pur lasciando in vigore i contratti già firmati.
Armi a Israele, le scelte dei Paesi europei
Tra i fornitori europei di Israele il quadro è molto frammentato. Il Regno Unito non vende grandi armamenti dagli anni ’70, ma continua a fornire componenti per sistemi militari, soprattutto per il caccia F-35, di cui è uno dei produttori. Nel solo ultimo trimestre del 2024 Londra ha approvato licenze per 127,6 milioni di sterline (circa 170 milioni di dollari), più di quanto avesse autorizzato tra il 2020 e il 2023 messi insieme. A settembre ha sospeso 30 licenze di esportazione verso Israele, lasciando però fuori le forniture legate al programma F-35. Nel maggio 2025 un rapporto di organizzazioni pacifiste ha denunciato migliaia di spedizioni militari verso Tel Aviv, una ricostruzione che il governo britannico ha poi smentito.
La Francia ha interrotto le esportazioni di grandi armamenti verso Israele già nel 1998. Tuttavia, continua a fornire componenti per sistemi di difesa, come quelli dell’Iron Dome o destinati alla riesportazione. Nel 2024 i nuovi ordini hanno raggiunto 27,1 milioni di euro, un valore superiore alla media dell’ultimo decennio. Nello stesso periodo la tensione politica ha coinvolto anche l’industria: nel giugno 2025 il governo ha chiuso cinque stand di aziende israeliane al Paris Air Show. A Marsiglia, invece, alcuni portuali hanno rifiutato di caricare munizioni dirette in Israele, segno di un dissenso crescente anche tra i lavoratori civili.
Spagna, embargo totale sulle armi verso Israele
La linea di Madrid è oggi tra le più rigide d’Europa. La Spagna non esporta armi letali dal 2001 e nel 2024 ha autorizzato solo attività di riparazione e manutenzione. L’anno successivo ha cancellato contratti per oltre 290 milioni di euro, tra cui i missili Spike LR2 e diverse forniture di munizioni. A settembre 2025 il governo ha fatto un ulteriore passo avanti con una legge che rende permanente l’embargo su Israele, esteso anche alle importazioni di armi e materiali militari.
Fonte: SIPRI – Stockholm International Peace Research Institute, Istat, Camera dei Deputati
I dati si riferiscono al 2020-2025