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Argentina, crolla il prezzo degli affitti -22%

Balzo del +102% dell’offerta di abitazioni, gli effetti del libero mercato di Milei

Agli inizi del 1900 l’Argentina era il decimo paese al mondo per Pil pro capite, oggi è terza nella classifica dei Paesi per tasso di inflazione dopo Venezuela e Libano. Per salvare dalla bancarotta il Paese dove il 57,4% dei cittadini vive sotto la soglia di povertà, il presidente Javier Milei ha proposto agli elettori una terapia d’urto con cui il 20 novembre 2023 ha vinto le presidenziali con il 55,69% dei voti. Il simbolo della ricetta di Milei è una motosega per troncare di netto le regole che limitano l’economia di libero mercato, una deregulation di portata radicale (lo stesso Milei chiama questo approccio anarco-capitalista) di cui si registrano i primi effetti nel mercato immobiliare, ecco i numeri riassunti anche dal grafico in apertura.

Libero mercato di Milei: caro affitti al +2,9% (con un’inflazione al +15%)

I dati sono di una delle principali agenzie immobiliari del Paese e riguardano Buenos Aires. A gennaio 2024 (rispetto a novembre) si è verificato un aumento del 102% del numero di metri quadri complessivi offerti sul mercato da parte dei proprietari. Si tratta di un’impennata senza precedenti, che riguarda tutte le tipologie di abitazione, dai monolocali ai quadrilocali, e che riporta l’offerta ai livelli massimi, raggiunti a fine 2016. Secondo la Camera Immobiliare Argentina (CIA) gli appartamenti e le case disponibili per la locazione sono saliti a 800mila. Il risultato immediato è stato un calo dei canoni di locazione, in soli due mesi, del 22% in termini reali. Già a dicembre, a fronte di un’inflazione del 25,5%, erano cresciuti solamente del 14%. Il gap tra carovita e affitti si è allargato a gennaio, con un incremento dei canoni del 5%, ovvero 15 punti in meno di quello dell’inflazione. La tendenza è continuata a febbraio, con un ritocco al rialzo solamente del 2,9%, quindi molto inferiore all’inflazione, che è stata del 15%.

Milei, il piano per tagliare 70mila posti di lavoro statali

La via della prosperità di Milei passa naturalmente per i tagli delle spese dello Stato. Per questo il presidente argentino all’International Economic Forum of the Americas ha annunciato il taglio di 74mila posti di lavoro pubblici. Non solo, la dieta dell’economista iperliberista per rigenerare l’economia argentina prevede anche di tagliare oltre 200mila sussidi di assistenza sociale. E poi di bloccare tutti i lavori pubblici non indispensabili. E quindi di rivedere i finanziamenti alle Regioni argentine, eliminando il budget aggiuntivo che lo Stato trasferisce ai governatori provinciali e che prende il nome di  “fondo discrezionale”. Naturalmente queste manovre di austerità impattano negativamente sul consenso popolare di Milei. Questi i dati di febbraio 2024 sulla popolarità di Milei: il 32,2% approva pienamente i tagli, il 52,9% invece è pessimista riguardo alle politiche radicali del presidente.

Che cos’è la dollarizzazione argentina

Si tratta della proposta di Milei che pesa di più: sostituire il peso argentino con il dollaro. La dollarizzazione dell’economia dell’argentina comporterebbe la distruzione, non fisica ma quasi, della banca centrale del Paese. Questa soluzione è quella che si definisce una extrema ratio (espressione latina il cui significato letterale è piano estremo) per sconfiggere l’inflazione e raggiungere una stabilità monetaria nel lungo periodo, il costo della vita in Argentina nell’ultimo anno è infatti aumentato del 254,2%. Tuttavia il prezzo per cancellare l’iper-inflazione è altrettanto alto.

Dal libero mercato di Milei alla libertà economica dell’Argentina

Se l’Argentina dovesse rinunciare alla sua moneta non potrebbe più definire la propria politica monetaria. Questo significa che non potrebbe più stampare contanti e dipenderebbe completamente dalle politiche della Federal Reserve. In America Latina già altri hanno rinunciato (in momenti storici diversi) alla propria indipendenza per la stabilità. Sono Panama, Ecuador e San Salvador, Paesi molti più piccoli e poco competitivi sul mercato internazionale. L’Argentina, invece, è un Paese del G20, ricco di materie prime e che commercia con Brasile, Cina, India.

Con il passaggio al dollaro i prodotti argentini potrebbero quindi diventare più costosi rispetto a quelli dei concorrenti, riducendo la competitività del Paese sul mercato internazionale. Inoltre non è da sottovalutare l’impatto della perdita di sovranità monetaria sulla popolazione argentina che, nonostante usi quotidianamente i dollari, potrebbe non vedere di buon grado la perdita di autonomia e il controllo degli Stati Uniti.

I dati si riferiscono al: 2023-2024
Fonte: Camera Immobiliare Argentina; Argenprop

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