“Trame, segreti, finti scoop, balle spaziali e retropensieri: basta una sera alla Tv e finalmente capisci la crisi dei talk show in Italia”, ha twittato la scorsa sera il premier, mentre andavano in onda «Quinta Colonna» su Retequattro e «Piazzapulita» su La7 (sulle elezioni greche).
Caro Renzi, “la crisi dei talk show in Italia” è il riflesso della crisi della tv tout court in Italia. La crisi dei media in Italia. La crisi dei contenuti in Italia.
Il livello di becerismo che trasuda è così capillare, diffuso e sistematico sulle diverse piattaforme tecnologiche che potrebbe sembrare deciso scientificamente a tavolino da un team di detrattori delle grandi origini culturali, storiche, artistiche della gens italica.
Ma dov’è il talento, la competenza, l’analisi critica e di approfondimento del dibattito nazionale?
Qual è la narrazione collettiva che si trae delle donne e degli uomini, dei giovani che nel nostro paese vivono, crescono, si impegnano in tutti i settori della società?
A parte rare oasi di serio giornalismo e di affermazione della competenza, sembriamo un popolo dedito a tentar la fortuna di qualche metaforico quiz o pacco o isola in tempesta.
Sembriamo usciti dall’incredibile Babilonia di Jorge Luis Borges, il paese vertiginoso dove la lotteria è parte principale della realtà.
Naturalmente il sistema è fallimentare “poiché la virtù morale delle lotterie è nulla”. Non si rivolgono a tutte le facoltà dell’uomo: solo alla sua speranza.
Quali modelli escono vincenti dal racconto mediatico della nostra società?
Chi urla o chi analizza?
Chi protesta o chi propone?
Chi ha competenza o chi ha le giuste amicizie?
L’eleganza o la volgarità?
Ma siamo proprio noi quegli stessi italiani del Rinascimento?
Siamo ancora noi i Leonardo, i Michelangelo, i Raffaello che venivano apprezzati e finanziati da intuitivi mecenati, governanti e sponsor ante litteram?
Quanti ragazzi e ragazze che incontro scoraggiati e amareggiati perché sentono che la partita è truccata. I modelli di riferimento raccontati come vincenti e idolatrati dai mezzi di comunicazione, in questo meccanismo assai inquietante, sono forse i ricercatori condannati al precariato?
Sono forse coloro che puntano sull’impegno, sul lavoro e sull’onestà, sono forse le eccellenze che poi trovano spazio e credito più facilmente in paesi lontani?
Attenzione perché in una fase di scarsità di risorse economiche, come quella lunghissima che stiamo vivendo, proprio sui meccanismi premiali messi a disposizione dai media in termini di affermazione, notorietà, visibilità, una classe dirigente potrebbe puntare valide strategie per riaccendere la fiducia collettiva nel futuro: la legittima speranza di ciascun cittadino di credere di potere migliorare la propria condizione economica e sociale, a patto di meritarlo.
Merito e successo: è questo il binomio spezzato nell’animo degli italiani. Questo è il sacro legame da riallacciare con urgenza attraverso un ambizioso progetto politico culturale che esula dagli schemi dei talk show, dell’intrattenimento fine a se stesso, del gossip o della volgarità.
Siamo in zona cesarini, quasi fuori tempo massimo perché la fiducia degli italiani è sotto alla soglia minima. Quando minorenni dei quartieri bene delle grandi capitali arrivano a prostituirsi pur di poter subito comprare i gadget necessari ad assomigliare alle starlette della tv, che ora importiamo pure dall’estero come se non bastassero le nostrane, occorre l’ambulanza per soccorrere il moribondo agonizzante: la capacità di reazione dei singoli, dettata dalla fiducia di farcela.
Su questo, caro Renzi, sarebbe interessante capire cosa il governo ne pensi della proposta articolata, sottoscritta da autorevoli rappresentanze professionali e associazioni attive nelle policy di genere, che abbiamo inviato con la “Lettera Aperta” di Natale dalla redazione di key4biz, nonché per raccomandata, proprio al premier e a molti ministri tra i quali quello della Cultura, dell’Università e Ricerca, dello Sviluppo economico, delle Riforme e al management Rai.
“Trame, segreti, finti scoop, balle spaziali e retropensieri”, scrive Renzi su Twitter, a proposito dei talk show. Ma a Babilonia “gli scribi prestano giuramento segreto di omettere, di interpolare, di variare. Anche si esercita la menzogna indiretta”.
Scongiuriamo che la narrazione dell’Italia e il Paese stesso finiscano come nel monito veggente di Borges, dove “questo funzionamento silenzioso provoca ogni sorta di congetture…poiché Babilonia, essa stessa, non è altro che un infinito gioco d’azzardo”.
Chiediamo fiduciosi (per quanto?) una risposta.
Lettera Aperta al Premier Renzi