Auto elettriche sotto la lente dell’Antitrust: più trasparenza su autonomia, batterie e garanzie
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha chiuso quattro procedimenti antitrust che riguardano alcuni dei principali protagonisti dell’auto elettrica: Stellantis, Tesla, BYD e Volkswagen. Al centro delle istruttorie non ci sono cartelli o prezzi, ma un tema sempre più sensibile per i consumatori: la trasparenza delle informazioni su autonomia reale, degrado delle batterie e condizioni di garanzia.
Il risultato non sono sanzioni, ma impegni vincolanti che le case automobilistiche dovranno rispettare nei prossimi mesi. Un’impostazione Antitrust che rafforza l’allineamento dell’Italia al nuovo quadro normativo europeo, sempre più severo contro il greenwashing e le comunicazioni commerciali fuorvianti nel settore della mobilità elettrica.
Perché l’Antitrust italiana è intervenuta
Negli ultimi anni le auto elettriche sono cresciute rapidamente, spinte da incentivi pubblici, obiettivi climatici e marketing aggressivo. Ma proprio qui nasce il problema: l’autonomia dichiarata (basata sul ciclo WLTP) spesso non coincide con quella che gli automobilisti sperimentano nella vita reale, soprattutto in inverno, in autostrada o con carichi elevati.
A questo si aggiunge un altro punto critico: la durata delle batterie nel tempo. Il consumatore medio fatica a capire quanto e come una batteria perda capacità (il cosiddetto State of Health, SoH) e quali siano le reali tutele offerte dalle garanzie.
L’AGCM, agendo ai sensi dell’art. 27 della legge 287/90 e degli articoli 21-25 del Codice del Consumo sulle pratiche commerciali scorrette, ha quindi acceso i riflettori su un settore in piena espansione, dove informazioni parziali o poco chiare possono influenzare in modo decisivo le scelte d’acquisto.
I quattro procedimenti, caso per caso
Stellantis Europe
Per i marchi elettrici del gruppo (Fiat, Jeep e Alfa Romeo), l’Autorità ha contestato una comunicazione che tendeva a minimizzare l’impatto di fattori reali – come temperatura, stile di guida e carico – sull’autonomia. Inoltre, le informazioni su degrado della batteria e garanzie risultavano frammentate e poco immediate, con la classica soglia di garanzia fissata al 70% di capacità dopo 8 anni o 160.000 km.
Tesla Italy
Nel mirino le autonomie “ideali” comunicate per Model 3 e Model Y, che arrivano fino a 600 km WLTP, ma senza strumenti immediati per capire cosa succede in inverno o con la ricarica rapida. Sotto osservazione anche alcuni claim sui Supercharger, percepiti come poco chiari per il consumatore medio.
BYD Industria Italia
Il gruppo cinese, in forte crescita sul mercato europeo, è stato indagato per la promozione di autonomie superiori ai 500 km su modelli come Atto 3 e Seal, a fronte di informazioni limitate sul degrado della Blade Battery e sulle condizioni di garanzia (8 anni o 150.000 km). Un tema sensibile anche alla luce delle tensioni commerciali tra UE e Cina.
Volkswagen Group Italia
Per i modelli elettrici Volkswagen, Audi e Skoda (come ID.3 e ID.4), l’AGCM ha rilevato una comunicazione dispersiva su perdita di capacità della batteria (stimata tra l’1 e il 2% l’anno) e sui fattori che la influenzano, nonostante tecnologie avanzate come il V2G-ready non sempre adeguatamente valorizzate.
I testi dei provvedimenti e degli impegni per Stellantis, Tesla, BYD e Volkswagen
Gli impegni stabiliti e cosa cambia per i consumatori
Entro 120 giorni, tutte le aziende coinvolte dovranno rivedere profondamente i propri siti web. In particolare:
- una sezione unica e chiara sull’autonomia reale, non limitata al solo dato WLTP;
- simulatori interattivi che tengano conto di temperatura, stile di guida, modalità di utilizzo e carico;
- informazioni più trasparenti e quantificate sul degrado della batteria (SoH).
Sul fronte delle garanzie, Stellantis, BYD e Volkswagen si sono impegnate ad alzare la soglia minima di capacità garantita, portandola dal tradizionale 70% al 75-80%. Tesla, invece, ha puntato soprattutto sul rafforzamento degli strumenti digitali e informativi.
L’Antitrust monitorerà il rispetto di questi impegni e potrà intervenire con sanzioni se non verranno attuati correttamente.
Un segnale chiaro dall’Antitrust italiana in un contesto europeo in evoluzione
Questi procedimenti si inseriscono in un quadro più ampio. A livello UE, la Green Claims Directive, approvata nel 2024 (e soggetta a forte revisione da parte della Commissione europea a trazione conservatrice), impone che ogni affermazione ambientale sia supportata da prove scientifiche verificabili. Un tema cruciale per l’auto elettrica, dove i test indipendenti mostrano che l’autonomia reale può essere inferiore del 20-30% rispetto al WLTP.
In Italia, l’approccio dell’AGCM segue una linea già vista in altri settori, come energia e e-commerce, privilegiando la chiusura con impegni piuttosto che multe immediate, come nei casi Enel X o Amazon.
Il mercato EV italiano e le prospettive regolatorie
Nel 2025 le auto elettriche dovrebbero raggiungere circa il 14% delle immatricolazioni, spinte da Ecobonus fino a 5.000 euro e dagli investimenti del PNRR. Ma le lamentele dei consumatori restano diffuse: secondo Altroconsumo, in inverno l’autonomia reale può scendere di un quarto rispetto ai valori dichiarati.
Nel frattempo, i costruttori cinesi – BYD in testa – stanno aumentando rapidamente le quote di mercato, accentuando l’attenzione delle autorità su trasparenza e correttezza dei messaggi pubblicitari, anche in relazione ai dazi europei sulle batterie.
La decisione dell’AGCM segna un passaggio importante: non più solo interventi ex post, ma un controllo continuo su claim dinamici, spesso veicolati online e tramite strumenti digitali.
Per i grandi gruppi europei, il costo della compliance è sostenibile, per i nuovi entranti, soprattutto extra-UE, le regole diventano più stringenti. Allo stesso tempo, per i consumatori, almeno nelle intenzioni, il risultato dovrebbe essere uno solo: meno promesse e più realtà quando si parla di auto elettriche.
