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Android e iOS: gli store, le diverse strategie, il 2022. Il confronto

Squadra che vince non si cambia, o per gli anglofoni if ain’t broken, don’t fix it: sono anni che i critici di Apple suggeriscono a Tim Cook (così come avevano con i suoi predecessori, Steve Jobs incluso) modi migliori per guidare l’azienda. Apple non si è mai mossa dalla sua idea d’azienda e oggi si avvicina sempre di più a un altro traguardo significativo, i 3000 miliardi di dollari di capitalizzazione previsti per i primi giorni del 2022, dopo aver superato la (vecchia?) nemica di sempre, Microsoft. E in effetti sono passati molti anni da quando l’azienda di Cupertino sembrava sul punto di sparire dalla carta geografica dei colossi del digitale: né il primo né l’ultimo di marchi un tempo popolarissimi ma di cui oggi leggiamo le gesta solo sui libri di storia della tecnologia, da Compaq ad Atari, da Sinclair ad Amiga.

Di certo una ventina d’anni fa era impossibile pensare che l’avvenire davanti ad Apple fosse molto più significativo del suo passato, ma con la triade iMaciPodiPhone (e aggiungiamoci pure l’iPad, anche se di contorno) e la seconda dirigenza Jobs, forse meno leggendaria e ricca d’aneddoti della precedente ma ben più gloriosa e profittevole, la Mela, e cioè quello che una volta era “il computer per i grafici e i musicisti”, è diventata una delle aziende più importanti del mondo in qualsiasi campo. E a sancire questo status ora arriva anche un altro dato: il 65% di tutto ciò che viene speso sugli store digitali arriva da dispositivi iOS, cioè appunto iPhone e iPad.

Ecosistema integrato o mania per il brand?

Se il vantaggio sembra sì significativo, ma in fondo non così straordinario rispetto al 35% di Android, bisogna ricordare che i dispositivi con Google Play sono circa tre volte tanto rispetto agli iPhone. Insomma, la strategia di produrre dispositivi di alta gamma facendoli pagare moltissimo – per molti in maniera ingiustificata visto che il progresso tecnologico degli smartphone si è, se non proprio arrestato, molto ridotto – funziona, e non era affatto scontato. Fra chi ha tentato questa strada e ha fallito miseramente è infatti da citare Vertu, che qualche anno fa si era guadagnata diversi titoli come nuova azienda di smartphone di lusso ma che ha chiuso i battenti nel 2017 lasciando a spasso tutti i suoi dipendenti. Ed è quasi paradossale notare come questa strategia abbia pagato anche per il diffondersi in tutto il mondo di connessioni internet mobile estremamente convenienti (su SOSTariffe.it si possono confrontare tra loro le promozioni più interessanti per chi vuole avere centinaia di gigabyte a disposizione a un basso prezzo).

Per i detrattori, il motivo di questo successo sarà sempre da attribuire alla mania di molti per la moda e per lo status symbol, condita da un’attenzione al design che non ha eguali; per gli altri, Apple domina soprattutto grazie alla comodità del suo ecosistema, tuttora chiuso che di più non si può – anche il servizio Fitness+, da poche settimane disponibile anche in Italia, perde del tutto il suo senso se non si possiede un Apple Watch – ma perfettamente integrato, alla ricerca di una user friendliness che è forse un valore sottovalutato da chi sa usare senza problemi qualsiasi tipo di dispositivo elettronico e che al contrario è molto importante per tutti gli altri.

Intanto Google punta sui Paesi in via di sviluppo

C’è però un altro fattore da tenere a mente, ovvero che nei Paesi in via di sviluppo, dove la spesa pro capite per le app è di gran lunga inferiore rispetto alle nazioni più ricche, la diffusione dei dispositivi Android – che possono costare solo poche decine di dollari – è decisamente più alta; e infatti a dominare nella classifica dei download c’è proprio Google Play, che nel 2021 dovrebbe aver totalizzato, secondo le stime di App Annie, la ragguardevole cifra di 100 miliardi di download di applicazioni, mentre Apple supera di poco i 30. E se si guardano le nazioni in cui i download raggiungono i livelli più alti, al primo posto troviamo l’India, che da sola conta per il 20% del totale, seguita dagli Stati Uniti con il 9% e dal Brasile con l’8%. Non è, a ben vedere, una dinamica molto diversa da quella che caratterizzava la sfida tra Apple e Microsoft negli anni Novanta, quando a una penetrazione di “qualità”, supposta o reale, si opponeva una soprattutto di “quantità”; ed è tutt’altro che irrealistico ipotizzare che la dinamica inversa tra i due fenomeni, la spesa per consumatore e il numero di download, col tempo cominci a muoversi su binari paralleli, non appena la capacità di spesa nei Paesi in via di sviluppo aumenterà e, con essa, la volontà di impiegare il proprio denaro nell’economia mobile.

Il denominatore comune? Il gaming

Se c’è una cosa che unisce Google e Apple nelle loro strategie anche per il 2022, in ogni caso, è sicuramente l’attenzione privilegiata data al gaming, un settore che, come nota il rapporto di App Annie, è assai difficile da dominare e controllare (ogni anno le classifiche dei più scaricati mostrano quanto siano tipologie diverse a spopolare, e casi come Among Us fanno capire quanto anche giochi di nicchia e non nuovi possano improvvisamente diventare un fenomeno planetario) ma che dà profitti enormi. I giocatori costituiscono il 60% della spesa totale per iOS e addirittura l’80% per i sistemi Android: molto, molto più indietro ci sono i campioni del settore non-gaming, dalle app per l’intrattenimento come quelle per la tv streaming fino agli immancabili social network (e tra i trend più interessanti ma anche problematici di quest’anno c’è di sicuro la “segmentation”, ovvero l’offerta di prodotti digitali riservati a particolari nicchie di mercato, come i servizi di dating destinati a specifiche nazionalità ed etnie).

La pandemia, che ha reso le abitudini di tutti più orientate al mobile, ha fatto sì che per il 2022 si calcola una spesa totale di 12 miliardi di dollari, il doppio di quanto fatturato nel 2020. Sia Google che Apple vogliono, com’è ovvio, la fetta più grossa. Differenti modalità di azione, la stessa voglia di dominare un mercato che cannibalizza giorno dopo giorno il settore digitale.

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