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Andamento storico del debito pubblico, -3,33% sul 2021

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Nel 2022 le passività finanziare del nostro Paese sono pari al 145,4% del Pil ma si prevede che diminuiscano del 7,33% entro il 2025. L’Italia dovrebbe chiudere l’anno con una flessione sul rapporto debito/pil del 3,33% rispetto al 2021, secondo i dati aggiornati sull’andamento del debito pubblico messi a disposizione dal Mef.

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L’outlook al 2025 è del -7,33% ma oggi i miliardi da restituire sono 2.757

Dopo il record di luglio 2022 che ha visto il debito pubblico italiano schizzare a 2.770 miliardi e 600 milioni ad agosto il debito pubblico dell’Italia diminuisce di 12,8 miliardi e si attesta a 2.757 miliardi e 800 milioni. Una buona notizia per il nostro Paese se non fosse che l’andamento del debito pubblico italiano è tra i più sorvegliati della zona euro. Per la precisione peggio di noi fa solo la Grecia, con un deficit pari al 189,3%. Ma torniamo alle “buone notizie”, l’Italia dovrebbe chiudere il 2022 con una flessione sul rapporto debito/pil del 3,33% rispetto al 2021.

Giorgetti al Mef con il rapporto debito/pil al 145,4%

Sono questi i dati aggiornati sull’andamento del debito pubblico messi a disposizione dal Mef nella nota di aggiornamento del documento di economia e finanza, l’ultima a firma del ministro uscente Daniele Franco che lascia al successore Giancarlo Giorgetti un quadro in netta risalita, almeno secondo le previsioni. Le potete vedere nel grafico in apertura che mostra l’andamento del debito pubblico italiano dal 1891 completo delle previsioni al 2025. Ecco, nel dettaglio, cosa bisogna sapere per essere aggiornati sul deficit dell’Italia: nel 2022 le passività finanziare del nostro Paese sono pari al 145,4% del Pil ma si prevede che diminuiscano del 7,33% entro il 2025 anno in cui il rapporto tra il deficit e il prodotto interno lordo dovrebbe attestarsi al 139,3%.

Andamento debito pubblico, la vita media residua del deficit è di 7,6 anni

Nel 2022 in particolare il debito delle amministrazioni centrali è diminuito di 12,6 miliardi, solo di 0,2 miliardi invece la flessione del deficit per le amministrazioni locali. Stabile invece il debito degli enti di previdenza. A fine agosto, ultimi dati disponibili, la quota del debito detenuta dalla Banca d’Italia era pari al 26,2 per cento (0,1 punti percentuali in più rispetto al mese precedente); Infine la vita media residua del debito (il calcolo di quanti anni mancano mediamente alla scadenza di tutte le emissioni) è rimasta stabile a 7,6 anni.

L’andamento storico del debito pubblico italiano

É giusto, però, andare più indietro nel tempo per capire come si è arrivati a questo macigno che pesa sui conti pubblici italiani. Come si vede nel grafico in alto, dagli anni Settanta in poi il rapporto debito/Pil ha fatto registrare una crescita poderosa, con sporadici rallentamenti, ma i livelli da record – almeno fino alla crisi economica scatenata dalla pandemia – non erano stati più raggiunti.

Il debito pubblico italiano nel 2020

La ragione dell’aumento di quegli anni sta nell’incremento del deficit, ovvero della differenza tra entrate e uscite, causato da un intervento sempre più importante dello Stato. Per esempio tramite la realizzazione di un Sistema Sanitario Nazionale, ma anche di misure di welfare e assistenziali come gli incrementi degli stipendi dei dipendenti statali e delle pensioni. Degli stessi anni è il varo delle cosiddette “baby pensioni”. Fino a un certo punto la crescita del rapporto debito/Pil è stata frenata dall’inflazione, ovvero il debito cresceva, sì, ma come i prezzi, e in termini reali si trattava di un aumento contenuto.

Il ruolo dell’inflazione e dell’euro sui conti pubblici

Con la fine del carovita in doppia cifra, negli anni ’80, è emerso il vero peso del debito, e si sono fatti sentire gli alti interessi, a volte anche superiori al 10%, che lo Stato doveva pagare su di esso. Sono stati loro, ancora più del deficit, a costringere lo Stato e emettere altri titoli per poterli ripagare.

Che cosa è successo al debito pubblico con l’euro

Si arrivò così al 120% del 1994. Dopo allora una politica di minore spesa, che rese le le uscite minori delle entrate (escludendo gli interessi), e il calo del tasso di interesse determinato dall’arrivo dell’euro, hanno portato a una riduzione del debito fino al 104% del Pil del 2007. La crisi economica successiva però lo ha riportato in breve oltre il 130%. E ogni progetto di ridimensionamento poi è stato archiviato dall’arrivo del Covid.

Quando sono esplosi i conti pubblici italiani

Il 1867 è l’anno della svolta, anche se durerà solo pochi anni, mentre la crescita del debito pubblico diciamo così, strutturale, è iniziato una trentina d’anni fa e non si è ancora interrotta: non è colpa della pandemia, quindi, le emissioni di Bot e Btp, che rappresentano i titoli del debito di Stato, sarebbero continuate a salire anche se in misura inferiore.

La crescita economica italiana con Giolitti al governo

Dicevamo del 1867. l’Italia deve affrontare la crisi economica che ha investito tutta Europa alla fine dell’800. Quell’anno il rapporto tra debito pubblico e Pil raggiunge il 117% nonostante già allora, come oggi, il saldo primario (cioè la spesa pubblica al netto degli interessi sul debito) fosse positivo. Ciò che non fa precipitare il rapporto debito/Pil è la crescita economica che l’Italia vive nel periodo giolittiano quando torna a scendere, di ben 30 punti percentuali, al 70%. Ci sono stati, però, altri due picchi del debito, in corrispondenza delle due guerre mondiali. Per partecipare al primo conflitto mondiale lo sforzo fu tale che il debito salì al 160% del Pil nel 1920.

Il debito pubblico dopo la Seconda guerra mondiale

A salvare i conti pubblici dopo la Seconda Guerra Mondiale è stata la svalutazione della lira che permise allo Stato italiano di pagare meno interessi sul debito. Il secondo motivo della relativa calma dei conti pubblici, nonostante il conflitto, è che allora la Banca d’Italia era fortemente connessa alla politica economica del Governo e, quindi, poteva permettersi quelle che allora si chiamavano “anticipazioni” che non facevano parte effettiva del debito pubblico dato che Bankitalia e Stato italiano erano, di fatto, la stessa cosa. E, in ogni casa, non erano debiti a breve scadenza.

Così, nel corso della guerra, il debito pubblico italiano arriva al 106% il rapporto al Prodotto interno lordo per arrivare al 118% nel 1943. Appena tre anni dopo crollò al 32%.

I dati si riferiscono al: 1861-2021
Fonte: Banca d’Italia, Istat