I dati

Altro che influencer, breve storia dell’influenza dal V secolo ad oggi

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Dal V secolo a.C. all’influenza suina del 2009 l’uomo ha dovuto fare i conti con un nemico insidioso e microscopico, capace di mutare continuamente e responsabile di centinaia di milioni di decessi.

Ogni anno il virus influenzale colpisce tra il 5 e il 15% della popolazione mondiale adulta, vale a dire da 350 milioni a 1 miliardo di individui, con un’incidenza che sale al 20–30% nei bambini. In circa il 10% dei casi vi sono complicanze che causano il decesso: annualmente muoiono da 250 a 500 mila persone.

V secolo a.C

Le prime menzioni di questa malattia risalgono con tutta probabilità al V secolo a.C., quando lo storico Tucidide fa riferimento ad una “piaga di tre anni”, mentre il padre della medicina Ippocrate narra di una “tosse di Perinto” scoppiata nell’antica Tracia. La malattia respiratoria nota come febbre italica segue l’esercito di Carlo Magno in Europa nell’876 d.C. e simili epidemie compaiono, nel nostro continente, tra il 1173 e il 1387. Nel XIV secolo il termine “influenza” è utilizzato per descrivere la malattia, così chiamata poiché causata, secondo le credenze dell’epoca, dall’influenza negativa degli astri. Se nel 1414 almeno 100.000 parigini si ammalano, risale al 1510 il primo caso documentato di quella che si pensa possa essere una pandemia di influenza: in tutta Europa si riportano casi di febbre, tosse e oppressione al petto. In questo periodo la malattia si diffonde dall’Europa alle Americhe, con tutta probabilità per effetto della colonizzazione. Nel 1557 un virus dell’influenza particolarmente aggressivo torna a colpire e nel 1580 un nuovo focolaio si estende in quasi tutte le nazioni europee.

Ma la prima pandemia globale, diffusasi anche grazie ai moderni mezzi di trasporto come il treno, è quella del 1889. I primi casi si verificano in Russia, a San Pietroburgo, e dopo poco più di due mesi il picco viene registrato negli Stati Uniti. A causa dell’influenza periscono un milione di persone.

Nel 1892 gli scienziati credono di aver finalmente identificato il bacillo dell’influenza; in realtà quello che scoprono è il Bacillo di Pfeiffer, responsabile di molte delle infezioni secondarie all’influenza, come polmonite, meningite e infezioni dell’orecchio.

Nel 1913 viene pubblicato il libro Influenza: la sua storia, natura, causa e trattamento. L’autore, Arthur Hopkirk, propone cure come l’aspirina ma consiglia anche di bere champagne e di assumere lassativi al mercurio. D’altronde le terapie dell’epoca prevedono sostanze pericolose come l’oppio, la stricnina, la belladonna e il cloroformio o rimedi popolari come la canfora, il grasso d’oca e lo sciroppo di cipolla.

1914

Nel 1914, quando il primo conflitto mondiale scoppia in Europa, il movimento di un gran numero di truppe e di bestiame crea le condizioni favorevoli alla rapida diffusione di malattie trasmissibili. I numerosi cadaveri, lasciati a decomporsi nella “terra di nessuno” tra le linee di fanteria, non migliorano di certo la situazione.

Nel 1918 diversi casi di influenza sono segnalati a Valencia: è l’inizio dell’influenza spagnola che uccide, in soli due anni, da 50 a 100 milioni di persone in tutto il mondo, ovvero dal tre al cinque per cento della popolazione mondiale dell’epoca, e ne infetta oltre 500 milioni. Fra i 675.000 morti negli Stati Uniti vi è anche Friedrich Trump, il nonno dell’attuale presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Tra i sopravvissuti ricordiamo personaggi come Franklin Roosevelt, Gandhi, il Kaiser Guglielmo II, John Steinbeck, Thomas Wolfe, Edvard Munch, Groucho Marx, Walt Disney, il primo ministro britannico David Lloyd George e il primo ministro francese Georges Clémenceau.

La causa

La vera causa dell’influenza viene individuata per la prima volta da Richard Schope nel 1931. Due anni dopo si riesce ad isolare il virus nell’uomo e nel 1935 si comprende la natura non cellulare dei virus. Con l’invenzione del microscopio elettronico gli scienziati possono inoltre vedere le immagini del virus dell’influenza, l’Ortomixovirus, di cui esistono tre generi: il tipo A, B e C. Si capisce che il tipo A è il più pericoloso, potendo colpire sia le persone che gli animali e avendo la capacità di mutare rapidamente, portando così a possibili nuove pandemie.

Il primo passo significativo nella prevenzione di questa malattia è lo sviluppo, nel 1944, di un vaccino da parte di Thomas Francis Jr., la cui scoperta permette a un gruppo di ricercatori dell’Università del Michigan di ottenere il primo vaccino influenzale. L’inoculazione è disponibile per la prima volta al pubblico nel 1946.

I ricercatori iniziano però a notare una tendenza preoccupante: per ragioni non ancora del tutto comprese, i geni del virus dell’influenza tendono a mutare lievemente di anno in anno, rendendo il vaccino inefficace. Ecco perché, ancora oggi, gli scienziati dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e di altre agenzie, come i Centri statunitensi per il controllo delle malattie (CDC), sono costretti annualmente a fare ipotesi su quale cambiamento possa verificarsi e a progettare preventivamente un nuovo vaccino in grado di proteggere l’umanità dai nuovi ceppi virali. Purtroppo, però, consultando i dati forniti dallo stesso CDC, ogni anno il vaccino funziona solo nella metà dei casi.

1957

Nel 1957 l’influenza asiatica provoca la seconda pandemia del XX secolo: originaria di Hong Kong, uccide 68.000 persone negli Stati Uniti e due milioni in tutto il mondo. Riemerge poi nel 1968 come influenza Hong Kong, la terza e ultima pandemia del XX secolo, la quale provoca da 75 mila a 1 milione di vittime. Ed è proprio ad Hong Kong che trent’anni più tardi, nel 1997, un bambino di tre anni muore pochi giorni dopo aver giocato con alcuni pulcini a scuola. Gli scienziati si rendono conto con orrore che la causa è il virus H5N1 il quale, proprio come il virus del 1918, è un’influenza aviaria che, mutando, si è insidiata tra gli esseri umani. Oltre un milione di volatili viene massacrato dalle autorità governative cinesi nel tentativo di arrestare la diffusione della malattia.

2009

Nel 2009 debutta l’influenza suina, creando la prima pandemia di influenza del XXI secolo. Apparsa in Messico ed estesasi in breve tempo in più di 80 Paesi, ha già causato centinaia di morti e decine di migliaia di contagi nel mondo.

Recentemente, un team di ricercatori americani ha pubblicato uno studio che potrebbe cambiare l’approccio alla cura del raffreddore: invece di attaccare direttamente il virus, i ricercatori dell’Università di Stanford e dell’Università della California hanno disattivato temporaneamente una proteina all’interno delle cellule che permette al microrganismo di replicarsi. L’innovativa cura, tuttavia, per il momento non è ancora pronta per essere testata sull’uomo.

Anche gli studiosi del Centro clinico del National Institutes of Health (NIH) di Bethesda, nel Maryland, sono alle prese con una ricerca innovativa: un vaccino antinfluenzale universale, in grado di adattarsi alle mutazioni del virus. Lo studio, già in fase di sperimentazione, coinvolge più di 50 adulti, di età compresa tra 18 e 70 anni, ai quali verrà somministrato il nuovo vaccino. Ma gli stessi ricercatori avvertono che i dati della sperimentazione non saranno pronti fino al prossimo anno e che, da quel momento, saranno necessari ulteriori test, effettuati su un numero maggiore di individui, prima che il vaccino possa essere reso pubblico.

In Europa

In Europa, secondo le stime del Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC), sono circa 40.000 all’anno le morti per influenza. In Italia essa rappresenta la terza causa di morte per patologia infettiva, preceduta solo da AIDS e tubercolosi. Nel nostro Paese ogni anno si registrano da 5 a 8 milioni di casi di sindrome influenzale. Secondo la rete di sorveglianza epidemiologia Influnet, diretta dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), solo nella stagione 2018–2019 ci sono stati 282 casi gravi e ben 52 decessi.

Nonostante i progressi, nel campo della prevenzione siamo ancora molto in ritardo. All’arrivo della prossima pandemia, la nostra unica possibilità concreta sarà quella di non farsi cogliere impreparati. Per questo motivo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha annunciato la Global Influenza Strategy 2019–2030, un ambizioso programma mondiale strutturato su diversi obbiettivi: promuovere la ricerca e l’innovazione; rafforzare il monitoraggio e l’utilizzo di dati globali; espandere le politiche di prevenzione e di controllo e i programmi per proteggere i soggetti più vulnerabili; rafforzare la preparazione e la risposta a pandemie per rendere il mondo un luogo più sicuro.

Fonti: