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Altman: “Meta ha tentato di sottrarre talenti a OpenAI con offerte da 100 milioni di dollari”

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Sam Altman, CEO di OpenAI, ha rivelato che Meta ha cercato di attrarre alcuni dei migliori talenti della sua azienda con offerte di compensi esorbitanti, superando anche i 100 milioni di dollari.

Sam Altman, CEO di OpenAI, ha rivelato che Meta ha cercato di attrarre alcuni dei migliori talenti della sua azienda con offerte di compensi esorbitanti, superando anche i 100 milioni di dollari.

Tuttavia, tali tentativi non hanno avuto esito positivo: nessuno dei principali ricercatori di OpenAI ha accettato le proposte provenienti dalla squadra di Zuckerberg, impegnata nella costruzione del nuovo team per la superintelligenza.

Altman ha sottolineato come il successo di OpenAI risieda in una cultura focalizzata sulla missione di raggiungere l’AGI, a differenza dell’approccio più retributivo adottato da Meta. Durante un podcast con il fratello Jack, Altman ha criticato l’efficacia delle recenti iniziative di Meta nel campo dell’AI, affermando che puntare solo sulla retribuzione non garantisce un ambiente innovativo.

Meta avrebbe tentato invano di assumere nomi di spicco come Noam Brown da OpenAI e Koray Kavukcuoglu da Google DeepMind. Nonostante alcune acquisizioni riuscite, tra cui Jack Rae e Johan Schalkwyk, il cammino di Meta per affermarsi nel settore rimane incerto.

OpenAI, nel frattempo, si prepara a lanciare un modello open source che potrebbe ulteriormente rallentare l’avanzata di Meta. Altman ha anche suggerito che OpenAI sta esplorando la possibilità di sviluppare una piattaforma sociale guidata dall’AI, potenzialmente in competizione diretta con i prodotti di Meta.

La tensione tra le due aziende cresce, non solo sul piano tecnologico ma anche su quello del reclutamento dei cervelli migliori. In un mercato dove la corsa all’AI è sempre più aggressiva, la cultura organizzativa e la visione strategica sembrano contare quanto, se non più, del capitale disponibile.

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Intel licenzierà dal 15% al 20% dei suoi operai di fabbrica, secondo un memo interno

Intel si appresta a intraprendere un drastico ridimensionamento della propria forza lavoro nelle fabbriche, con tagli compresi tra il 15% e il 20%, previsti per il mese di luglio. Il vice presidente della produzione, Naga Chandrasekaran, ha giustificato questa scelta come necessaria per affrontare le difficoltà economiche e semplificare la struttura organizzativa.

Le riduzioni interesseranno siti in tutto il mondo, ma l’impatto maggiore sarà avvertito in Oregon, dove Intel impiega oltre 20.000 persone. I tagli non includeranno uscite volontarie, ma saranno determinati in base a criteri strategici legati agli investimenti, alle competenze richieste e alla performance individuale.

Nonostante l’intenzione dichiarata di trattare i dipendenti con rispetto, l’entità della riduzione si preannuncia pesante: si parla di decine di migliaia di posti in bilico, mentre solo lo scorso anno erano stati già eliminati 15.000 ruoli. Le difficoltà di Intel derivano dalla forte concorrenza nei settori PC e data center, nonché dalla lentezza nello sviluppo di chip avanzati destinati al mercato in crescita dell’AI.

Il ritardo nella costruzione della fabbrica in Ohio, ora posticipata al 2030, riflette una mancanza di domanda per giustificare ulteriori investimenti. Anche i fondi federali e statali, pari a quasi 9 miliardi di dollari, risultano ora a rischio di riconsiderazione sotto la nuova amministrazione.

Il CEO Lip-Bu Tan punta a un’azienda più snella, tecnologicamente agile e centrata sull’eccellenza ingegneristica, ma il contrasto tra obiettivi di rinnovamento e tagli profondi mette a dura prova la coerenza della visione industriale.

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Amazon prevede tagli ai posti di lavoro aziendali a causa della crescente adozione dell’AI

Amazon ha annunciato un’evoluzione strutturale del proprio organico aziendale dovuta all’integrazione sempre più capillare dell’AI nei processi interni. Il CEO Andy Jassy ha comunicato ai dipendenti che, con l’incremento dell’efficienza operativa generata da strumenti basati su AI generativa, alcune mansioni tradizionali non saranno più necessarie.

L’azienda impiega attualmente oltre 1,5 milioni di persone a livello globale, ma si prevede che la trasformazione digitale porterà a una diminuzione delle figure impiegate in ruoli convenzionali, a vantaggio di nuove competenze richieste per gestire e sviluppare tecnologie intelligenti.

Con un investimento previsto di 100 miliardi di dollari nel 2025 (in crescita rispetto agli 83 miliardi del 2024), Amazon mira a potenziare i propri data center e servizi AI. L’adozione di ‘agenti AI’ in molteplici settori aziendali potrebbe trasformare profondamente il modo di lavorare e interagire con i clienti, accelerando l’innovazione. Sono già attive o in fase di sviluppo oltre mille applicazioni AI all’interno della compagnia.

Questo annuncio segue il trend osservato anche in altre grandi imprese come Crowdstrike, Duolingo, Shopify e BT Group, che hanno già avviato riduzioni del personale in risposta all’efficienza apportata dall’intelligenza artificiale.

La notizia solleva preoccupazioni tra i lavoratori del settore impiegatizio, in quanto l’automazione minaccia occupazioni un tempo considerate sicure. Tuttavia, Jassy sottolinea che emergeranno nuove opportunità lavorative legate allo sviluppo e alla supervisione delle tecnologie avanzate.

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