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Almeno 15 milioni di video YouTube sono stati sottratti per alimentare l’AI

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Più di 15 milioni di video provenienti da oltre 2 milioni di canali YouTube sono stati scaricati, senza consenso, da aziende tecnologiche per alimentare sistemi di AI generativa.

Più di 15 milioni di video provenienti da oltre 2 milioni di canali YouTube sono stati scaricati, senza consenso, da aziende tecnologiche per alimentare sistemi di AI generativa. Tra questi, quasi un milione sono video didattici o tutorial, particolarmente apprezzati per addestrare modelli capaci di produrre contenuti video personalizzati su richiesta.

Secondo l’inchiesta, questi video sono stati inclusi in almeno 13 dataset distribuiti da sviluppatori, università e centri di ricerca tramite piattaforme come Hugging Face. Il processo avviene violando i termini di servizio di YouTube, e spesso all’insaputa dei creatori.

I contenuti vengono scomposti in brevi clip e descritti automaticamente da modelli AI o annotatori umani, permettendo agli algoritmi di associare linguaggio e immagini. Le aziende giustificano queste pratiche invocando il ‘fair use’, ma l’ambito legale resta controverso.

Attualmente sono in corso diverse cause contro giganti tecnologici come Meta, Amazon e Nvidia, accusati di utilizzo non autorizzato di materiale protetto da copyright. L’esito di queste dispute potrebbe ridefinire i confini del diritto d’autore nell’era dell’AI.

Intanto, le piattaforme stesse contribuiscono al paradosso: da un lato proteggono i loro contenuti, dall’altro alimentano sistemi per la generazione automatica di video e pubblicità. Gli strumenti sviluppati da Meta, Google, ByteDance e altri sono in grado di produrre clip convincenti, spesso difficili da distinguere da quelli realizzati da esseri umani.

Questo scenario minaccia la sostenibilità economica e creativa dei creator indipendenti, spingendo verso un ambiente digitale sempre più saturo di contenuti sintetici. Il caso emblematico del falegname Jon Peters e il furto dei suoi video è solo uno dei molti esempi di come l’AI stia erodendo la relazione tra autorialità, remunerazione e visibilità online.

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La svedese Klarna sposta il focus dell’AI dai tagli ai costi alla crescita

Klarna, azienda svedese nota per il modello ‘compra ora, paga dopo’, ha recentemente ricalibrato il proprio approccio all’adozione dell’AI, passando da una strategia orientata al contenimento dei costi a un’impostazione mirata al miglioramento di servizi e prodotti.

Dopo aver tagliato drasticamente personale e fornitori — incluso l’abbandono di Salesforce — e aver fatto largo uso di soluzioni automatizzate, il CEO Sebastian Siemiatkowski ha ammesso che l’azienda ha forse accelerato troppo nell’integrazione della tecnologia, con il rischio di compromettere la qualità dell’offerta.

Con l’esordio a Wall Street, dove le azioni sono salite del 30% superando i 52 dollari, la società ha raccolto 1,37 miliardi di dollari, raggiungendo una valutazione di 19,7 miliardi. Siemiatkowski ha sottolineato che il risparmio ottenuto grazie all’uso dell’AI — come la sostituzione di 700 operatori umani nel servizio clienti — non basta a soddisfare gli investitori, sempre più focalizzati su crescita e innovazione.

Ora Klarna punta a reintegrare nuove risorse umane per potenziare l’offerta, mentre continua a utilizzare soluzioni come avatar AI per comunicare con clienti e presentare i risultati finanziari.

Il CFO Niclas Neglen ha chiarito che l’uso dell’AI non sarà più solo un mezzo per ridurre spese, ma uno strumento per rafforzare l’esperienza utente e il rapporto con i commercianti.

L’IPO, la più rilevante per una società svedese dai tempi di Spotify, rappresenta per Klarna un punto di svolta nella strategia di lungo termine.

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