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Alitalia, Fabio Colasanti: ‘Una compagnia di bandiera è solo un immenso spreco di risorse’

Sono sempre più depresso. La ministra Paola De Micheli ha pronunciato una frase che trovo triste e sbagliata a proposito dell’ennesimo salvataggio (parziale) di Alitalia con un’ulteriore immissione di soldi pubblici: “Sarà Italiana perché dovrà portare l’Italia nel mondo“.

Siamo ritornati alla difesa dell’italianità come ai tempi di Silvio Berlusconi? A cosa serve una compagnia di bandiera? A fornire aerei per i viaggi del Papa? Il 90% dei turisti che vengono del nostro Paese utilizza altre società e questa situazione dura da anni. Nei voli interni italiani l’Alitalia nel 2019 aveva il 36.8% dei passeggeri. Ma nello stesso anno Alitalia ha trasportato solo il 10.6% per cento delle persone che sono arrivate o partite dall’Italia. Nel 2019, la quota di mercato dell’Alitalia in Europa era dell’1.9%. Per “volare nel mondo” bisognerà continuare ad utilizzare altre compagnie perché anche la nuova società appena creata non “volerà nel mondo“.

Non riesco veramente a vedere come si possa continuare a difendere stupidaggini come la necessità di una compagnia di bandiera o quella di avere una compagnia italiana. Cosa dovrebbe fare una compagnia “italiana”? Fare cose contro i suoi interessi commerciali? Trasportare passeggeri a prezzi più bassi dei costi?

Alitalia ha perso una barca di soldi nel 2017-2018-2019 quando il trasporto aereo era in pieno boom. Oggi con la crisi del Covid tutte le compagnie sono in grossissime difficoltà. Molte compagnie hanno bloccato più o meno definitivamente tutti i loro A380 e Boeing 747. Che possibilità ci sono oggi per una compagnia che non è mai riuscita a trovare una nicchia in cui svilupparsi durante il periodo di boom?

L’idea di sviluppare i voli a lungo raggio grazie ad accordi con altre compagnie è stata esplorata in varie forme con Air France, KLM, Lufthansa e Etihad. Non ha mai funzionato. Perché mai dovrebbe funzionare adesso in un contesto molto più difficile? Alitalia opera sul mercato europeo e italiano in concorrenza con varie società low-cost. Può solo sopravvivere come società low-cost (Brussels Airlines sta andando già in questa direzione e lo farà ancora di più). Ma i sindacati Alitalia rifiutano questa opzione.

Una compagnia aerea con voli a lungo raggio dovrebbe disporre di molti aerei per potersi affermare. L’Alitalia appena creata è ancora più piccola di quella precedente. Come si potrà mai affermare? Come si creerà uno spazio la nuova Alitalia? Un esempio. Negli ultimi due anni l’Alitalia non aveva più voli con la Cina. Eppure c’erano oltre 30 voli settimanali diretti tra Italia e Cina assicurati da altre compagnie. Pensiamo che queste compagnie gentilmente si tireranno indietro e lasceranno spontaneamente posto all’Alitalia?

Lo sviluppo del trasporto dei turisti che vengono in Italia e delle merci italiane esportate ha bisogno di compagnie aeree efficaci, che funzionino bene e che abbiano buoni prezzi. Non hanno bisogno di una compagnia “italiana”. L’Alitalia ha poi dimostrato ampiamente di non essere competitiva e di non essere nell’interesse dell’economia italiana. Cosa fa pensare che di colpo, grazie al fatto di avere un azionariato dello stato, lo diventerà?

La realtà è che l’intervento su Alitalia è dovuto al fatto che non abbiamo ammortizzatori sociali degni di questo nome e che nel clima permanentemente pre-elettorale in cui ci troviamo da parecchi anni il governo deve comprare consenso come può.

Alitalia è costata ai contribuenti italiani 12.6 miliardi di euro in 45 anni (stima de Il Sole24Ore). Come si fa a continuare su questa strada? Come al solito, nel cosiddetto rilancio dell’Alitalia si vuole creare una società con tutti gli elementi positivi e tutti i costi sono messi sulle spalle dei contribuenti attraverso la creazione di una “Bad Co” con tutto quello che non si ha il coraggio di chiudere esplicitamente.

Purtroppo siamo in una situazione dove i miliardi di euro sono diventati bruscolini e si spende senza pensare al domani. Se l’operazione appena annunciata superasse il vaglio della Commissione europea avremmo qualche anno di tranquillità (fin tanto che dureranno i 3 miliardi che si vogliono immettere; nel 2019 l’Alitalia ha perso 600 milioni), ma poi si ricomincerà a parlare di nuovi programmi di salvataggio. Purtroppo viviamo in un mondo dove la reazione della politica è quella di pensare “sarà un problema di cui dovrà occuparsi qualcun altro“.

Occorre invece un po’ di onestà intellettuale. Siamo forse obbligati dalla situazione politica a fare alcune cose senza senso. Ma evitiamo almeno di presentarle come successi.

Collettivamente dobbiamo di nuovo sperare nelle regole dell’Unione Europea. La Commissione dovrebbe correggere il pasticcio brutto della cosiddetta “rete unica” e bloccare questa ricostituzione di Alitalia.

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