L’intelligenza artificiale è la nuova frontiera dell’innovazione, ma ha un costo, ormai nemmeno più troppo nascosto: potrebbe rallentare la lotta contro il cambiamento climatico. A lanciare l’allarme è il nuovo Energy Outlook 2025 di BloombergNEF, secondo cui le emissioni globali di CO₂ legate all’energia avrebbero toccato il picco massimo nel 2024. Ma la buona notizia si ferma qui e a quanto pare, d’ora in poi la strada non sarà affatto tutta in discesa.
Nel prossimo decennio, l’espansione incontrollata dei data center alimentati da fonti fossili rischia di frenare il calo atteso delle emissioni. La fame di energia necessaria a sostenere l’AI non sarà soddisfatta solo da rinnovabili e batterie, bensì da combustibili molto lontani dal concetto di sostenibilità di cui tanto si parla oggi. Circa due terzi dell’elettricità aggiuntiva richiesta entro il 2035 proverrà ancora da carbone e gas.
I data center? Benzina sul fuoco climatico
Secondo Bloomberg, i nuovi data center rischiano di allungare la vita operativa delle centrali a carbone e gas. Una contraddizione clamorosa per un settore, quello tech, che si dichiara sempre più “green” ed in cerca di energia stabile, purchè pulita.
In poche parole il trend suggerito dal colosso mediatico, in linea con gli ultimi dati forniti dall’Agenzia Internazionale per l’Energia che indicano un’impennata della domanda mondiale di elettricità trainata dall’espansione dell’intelligenza artificiale, andrebbe a vanificare i tentativi di diversificazione degli approvvigionamenti “continuativi” in capo a numerose Big Tech.
Il paradosso è evidente: il 2024 potrebbe essere l’anno in cui le emissioni energetiche iniziano a calare in modo strutturale, non per crisi o pandemie, ma per veri cambiamenti sistemici. Eppure, questo calo rischia di essere neutralizzato dall’ascesa dell’AI e dei suoi enormi bisogni energetici.
3,5 miliardi di tonnellate di CO₂ in più: USA e Cina sotto accusa
Il report stima che, entro il 2035, le emissioni cumulative saranno superiori di 3,5 gigatonnellate a causa della crescente domanda energetica dei data center. Un impatto pari al 10% delle emissioni globali attuali. I principali responsabili? Stati Uniti e Cina, che da soli guidano la corsa all’intelligenza artificiale e concentrano la maggior parte dei centri di calcolo più avanzati.
Negli USA, ad esempio, la domanda dei data center passerà dal 3,5% all’8,6% del consumo elettrico totale in poco più di un decennio. In cima alla classifica dei colossi energetici del cloud c’è Amazon, con quasi 3 gigawatt di capacità già attiva e altri 12 in arrivo. Subito dopo: Microsoft, Meta e Google.
Temperature fuori controllo: verso i 2,7°C entro il 2100
Il quadro complessivo resta allarmante. Se non si cambia rotta, la temperatura media globale salirà fino a 2,6°C entro la fine del secolo, con la concreta possibilità di toccare i 2,7°C, secondo le proiezioni BNEF basate sullo “scenario di transizione economica” (che non include nuove politiche ambientali).
Un futuro incerto, insomma, dove la corsa alla potenza computazionale, se non affiancata da una vera strategia energetica sostenibile, rischia di compromettere gli sforzi globali per la decarbonizzazione.