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AI, quantum e Spazio: il patto USA-UK per lanciare il modello americano in chiave anti-Cina

Washington chiama Londra a sé per affermare la sua supremazia nell’AI, nel quantum e nello Spazio

In occasione della visita di Stato del Presidente Donald Trump a Londra (16-18 settembre), i governi di Stati Uniti e Regno Unito firmeranno un accordo tecnologico che punta esplicitamente su intelligenza artificiale, quantistica e Spazio: un patto pensato per rafforzare «partnership operative» in R&D, procurement e formazione, ma anche per accelerare investimenti strategici su infrastrutture digitali critiche.

Sul piano industriale, l’evento sarà accompagnato da una delegazione di big della tecnologia e della finanza: fra i nomi segnalati compaiono Jensen Huang (CEO di Nvidia), Sam Altman (CEO di OpenAI) e Stephen Schwarzman (CEO di Blackstone), chiamati a mettere la propria firma — e il proprio capitale — su progetti di infrastrutture digitali in Gran Bretagna.

Per evitare le tante manifestazioni di protesta (dopo le tensioni in piazza di sabato) in programma a Londra, il Premier britannico Keir Starmer ha annunciato che incontrerà Trump nella residenza di campagna.

Il tutto nel momento in cui l’Antitrust cinese ha ritenuto Nvidia responsabile della violazione delle regole nazionali sulla concorrenza, in base ai risultati di un’indagine preliminare, promettendo un’istruttoria aggiuntiva poco dopo l’inizio del secondo giorno di colloqui sul commercio tra Pechino e Washington, in corso a Madrid.

Nell’accordo data center hyperscale, il modello “Stargate” e piccoli reattori nucleari (tutto made in USA)

La notizia commerciale più rilevante è il piano — che sarà annunciato nelle prossime ore — che vede Nvidia e OpenAI impegnate a sostenere investimenti per la costruzione o il potenziamento di grandi data center nel Regno Unito, in collaborazione con operatori e fondi statunitensi. Fra i progetti di maggior impatto c’è il campus di Blyth (Northumberland): un’iniziativa che può raggiungere investimenti fino a 10 miliardi di sterline e che è guidata da una controllata o da partner finanziari legati a Blackstone; il sito di Cambois/Blyth è già noto come campo su cui sorgeranno strutture hyperscale per carichi di lavoro AI.

Il piano britannico si inserisce inoltre nella logica di “Stargate”, il brand con cui OpenAI sta costruendo data-center sovrani ed energeticamente sostenibili in Europa (progetto già avviato in Norvegia con capacità iniziali nell’ordine delle centinaia di MW). L’obiettivo dichiarato è creare “AI sovereign infrastructure” per ospitare i carichi di lavoro più sensibili e per ridurre la dipendenza da risorse estere non allineate politicamente (un riferimento alla Cina ovviamente).

A corredo degli annunci tecnologici è previsto anche un accordo separato nel settore dell’energia nucleare: il memorandum accelererà i controlli di progetto per reattori civili e contiene piani per impiantare data center alimentati da Small Modular Reactors (SMR) sul sito di una ex centrale a carbone (Cottam, Nottinghamshire), punto in cui energia a bassa emissione e alta disponibilità diventano leva competitiva per infrastrutture AI ad elevato consumo.

Esportare l’AI americana e sdoganare la deregolazione per marginalizzare l’Ue e mettere al muro la Cina

Sul fronte politico-normativo, la Casa Bianca — tramite il direttore dell’Office of Science and Technology Policy (OSTP), Michael J. Kratsios — ha tracciato una strategia chiara: spingere per la rapida diffusione delle tecnologie AI americane, ridurre la «burocrazia» che secondo Washington rallenterebbe l’adozione e offrire agli alleati “pacchetti tecnologici e infrastrutturali” che consentano loro di utilizzare capacità AI di frontiera senza doverle sviluppare internamente.

Il direttore dell’OSTP ha descritto una road-map che include una Request for Information (RFI) rivolta ad aziende e pubblico per identificare regolazioni federali che «ostacolano» lo sviluppo e una preferenza per un approccio regolatorio per settore e per caso d’uso, anziché per legge omnicomprensiva alla europea (EU AI Act, che non piace agli americani anche perchè limita l’espansionismo delle Big Tech e comunque è un modello potenzialmente concorrente).

Kratsios — già United States Chief Technology Officer nella precedente amministrazione Trump e poi manager in aziende del settore (fra cui Scale AI) — è oggi la figura che guida l’AI Action Plan della Casa Bianca e il documento operativo che ha presentato ha come priorità la rimozione di vincoli regolatori, la promozione di “sandbox” normativi (sponsorizzati anche dal senatore Ted Cruz) e l’export di un “AI stack americano” a partner e paesi alleati.

Nell’intervista esclusiva ad Axios, Kratsios definisce esplicitamente l’iniziativa di export come una componente cruciale per la leadership tecnologica globale statunitense, sia come chiaro rifiuto dell’approccio europeo (e sua marginalizzazione), sia in chiave di ricerca della supremazia sulla Cina.

I punti caldi: AI, sovranità, concorrenza e contratti pubblici

L’operazione che si svolgerà a Londra ha due facce. Sul versante positivo, gli investimenti annunciati portano capitali e infrastrutture: il governo britannico si è infatti impegnato su un pacchetto pubblico per l’AI pari a 2 miliardi di sterline per rafforzare capacità di calcolo nazionali e supercalcolo, misura presentata come base per la “sovranità” digitale del Paese.

Sull’altro versante emergono preoccupazioni proprio su questo versante, cioè sulla dipendenza tecnologica, politica e geopolitica che ne deriverebbe: osservatori come Gaia Marcus (Director, Ada Lovelace Institute) avvertono che il pubblico ha il diritto di sapere «chi beneficia» dagli accordi e quale sarà il ritorno per i contribuenti, mettendo in guardia contro il rischio di technological lock-in.
Anche la presidente della Commissione parlamentare per la Scienza, Chi Onwurah, ha richiamato l’attenzione su “una sovranità tecnologica che non può declinarsi in dipendenza da un unico paese o da un unico investitore”.

Innovazione o nuova dipendenza tecnologica?

In parallelo, la possibilità di aggiudicarsi grandi appalti governativi rende l’operazione ancor più appetibile per le aziende USA: solo a valle degli ultimi giorni è stato annunciato un contratto del valore di 400 milioni di sterline fra il Ministero della Difesa britannico e Google Cloud per servizi cloud “sovrani” e condivisione di informazioni classificate, segnale concreto che i legami tecnologici e quelli di sicurezza si intrecciano.

L’accordo che verrà firmato a Londra è specchio di un equilibrio complicato: da una parte capitale privato e tecnologie di vertice che possono colmare lacune infrastrutturali del Regno Unito; dall’altra la concreta possibilità che, nella corsa globale all’AI, sovranità significhi in pratica dipendere da data center, chip e capitali statunitensi. Un motivo sufficiente per iniziare a parlare di indipendenza invece che di sovranità.
Il ruolo di Michael Kratsios e della strategia di Washington — volta a «esportare» un modello regolatorio e tecnologico — sarà cruciale per capire se l’intesa si tradurrà in autonomia reale per Londra o in una forma moderna di dipendenza industriale.

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